Gianrico Carofiglio: «La dimensione in cui mi sento più a mio agio? Sicuramente quella di scrittore»
“La versione di Fenoglio” è in testa alle classifiche dei libri più venduti. Ci chiedete se ne siamo sorpresi? Macché! Scommettere su Carofiglio vuol dire vincere facile. Chi altri se non il papà dell’avvocato Guerrieri riesce a far convivere nelle pagine dello stesso romanzo narrazione serratissima e riflessione morale? Chi altri se non l’ideatore di tanti legal thriller dal carattere morale potrebbe partorire una coppia come quella formata dal maresciallo Pietro Fenoglio e dal giovane Giulio? È Gianrico Carofiglio, ed è ora di sentire la sua versione dei fatti.

La versione di Fenoglio
Gianrico Carofiglio
Non capita tutti i giorni di poter parlare con uno scrittore che vanta nel suo passato un’esperienza in magistratura e in Parlamento. Non capita tutti i giorni di leggere un libro in grado di tenere insieme – in perfetto equilibrio – romanzo, riflessione saggistica e racconto investigativo. È il caso di Gianrico Carofiglio e del suo ultimo libro, “La versione di Fenoglio”, da settimane in testa alle classifiche. Un successo guadagnato grazie alla profondità di un discorso sul lavoro e sul metodo investigativo, ma soprattutto grazie ai due protagonisti di questo libro, così atipico: il maresciallo Pietro Fenoglio e Giulio. Un vecchio investigatore che della vita conosce ormai tutto e un ragazzo di ventitré anni che alla vita si sta affacciando con passo malfermo. Una coppia improbabile, ma legata da un rapporto di confidenza e amicizia, che ha commosso tanti lettori. Così, quando Carofiglio è venuto a trovarci in IBS, abbiamo voluto sapere di loro. Ma non solo: abbiamo cercato di carpire qualche aneddoto sulla sua carriera di magistrato, coglierne le opinioni sulle tecniche investigative e scoprirne le posizioni e le idee su scrittura e letteratura. Perché non capita tutti i giorni di poter parlare con uno scrittore che vanta nel suo passato un’esperienza in magistratura e in Parlamento. Perché non capita tutti i giorni di poter parlare con Gianrico Carofiglio.
Buongiorno, Carofiglio. Ci racconta qualcosa del suo ultimo libro, “La versione di Fenoglio”?
Questo libro ha una storia abbastanza fuori del comune. L’idea originaria era di scrivere una specie di saggio che raccontasse il lavoro investigativo, le tecniche di indagine, ma soprattutto quelle di interrogatorio, cercando di spiegare come i principi di queste tecniche siano in realtà alla base di tutte le relazioni. Man a mano che riflettevo, però, il libro ha cambiato forma. Tutto è andato al posto giusto quando all’improvviso mi è apparso il maresciallo Pietro Fenoglio, un personaggio comparso in due miei lavori precedenti, dove avevo già affrontato temi vicini a quelli del nuovo libro. È a quel punto che ha preso forma il romanzo, il racconto dell’incontro e dell’amicizia fra il maresciallo e Giulio, un ragazzo molto più giovane. “La versione di Fenoglio”, però, è un testo atipico: al suo interno trovate un romanzo di dialogo, i racconti investigativi narrati dalla viva voce del maresciallo – spunto per ragionare sul metodo di indagine – e la riflessione saggistica – inserita nella narrazione romanzesca – su come l’indagine possa essere un metodo generale della conoscenza.
Ma come spesso succede, i libri sfuggono dalle mani dell’autore e tanti lettori mi dicono che la cosa che li ha colpiti di più è l’aspetto commovente della relazione che si crea tra il vecchio maresciallo e il ragazzo spaesato di fronte alla vita.
L’idea originaria era di scrivere una specie di saggio che raccontasse il lavoro investigativo, le tecniche di indagine, ma soprattutto quelle di interrogatorio.
Giulio è un ragazzo fragile. Lui stesso dice di essere come il fondale dei film dietro il quale non c’è niente, un simulatore che teme di essere scoperto. Per quale motivo lo ha scelto come controparte del maresciallo?
La paura di essere un simulatore e di essere poi scoperto è una cosa a cui io stesso ho pensato spesso, da ragazzo. È una sensazione che da tempo volevo raccontare e mi è parso che questa fosse la situazione giusta. Ho pensato che dal confronto di un ragazzo che si sente “non vero” con una persona come Fenoglio, che percepiamo essere estremamente vera per quello che ha fatto, potevano emergere elementi narrativamente interessanti.
La sua attività di scrittore e il suo background la portano mai, nella vita di tutti i giorni, a notare particolari o stranezze nelle persone che incontra e a scoprire qualcosa che gli altri tentano di celare?
La capacità di cogliere i dettagli del comportamento, del linguaggio del corpo, dell'abbigliamento delle persone è una capacità che va affinata e allenata, ma soprattutto non è un’abilità – per lo meno nella mia esperienza – sempre in funzione. È una modalità operativa, è un “lavoro”: si accende e si spegne. Sarebbe terribilmente faticoso, d’altronde, osservare continuamente i dettagli di chi ti sta attorno. E sarebbe molto stressante per loro, se lo sapessero! Ma un occhio che, in generale, è attento al mondo circostante aiuta a entrare in rapporto con gli altri.
Nel leggere la sua biografia si percepisce che ha vissuto molte vite: magistrato, politico, scrittore. La sua vita di oggi è un riassunto di queste tre esperienze?
Ho nostalgia del lavoro di magistrato e in particolare del lavoro di investigatore, anche se penso di aver fatto bene ad andar via. È stata una stagione appassionante della mia vita, in un certo senso entusiasmante, ma ormai era finita e non sarebbe stato giusto prolungarla. "Bisognerebbe essere capaci di morire giovani”, dice il personaggio di un mio romanzo, “Le tre del mattino”. Bisogna essere capaci di capire quando una cosa è finita – aggiungo – anche se salutarla può essere doloroso.
L’esperienza parlamentare è stata meno esaltante. Tuttavia credo di continuare a occuparmi di politica anche adesso: cerco comunque di dire la mia opinione, pubblicamente e nei miei libri. Ma quella di scrittore è indubbiamente la dimensione nella quale mi sento più a mio agio.
Titolo del carosello |

Le tre del mattino
Gianrico Carofiglio

L'estate fredda
Gianrico Carofiglio

Con i piedi nel fango. Conversazioni su politica e...
Gianrico Carofiglio...

Testimone inconsapevole
Gianrico Carofiglio

Il passato è una terra straniera
Gianrico Carofiglio

Ad occhi chiusi
Gianrico Carofiglio

Una mutevole verità
Gianrico Carofiglio

Le perfezioni provvisorie
Gianrico Carofiglio

La regola dell'equilibrio
Gianrico Carofiglio

L' arte del dubbio
Gianrico Carofiglio
Fenoglio parla delle testimonianze ottenute con la forza. Ancora oggi in Italia vediamo esponenti di forze dell'ordine che abusano del loro potere… A suo parere, esiste un limite nell'uso della forza? E – se sì – dove passa, questo limite?
La violenza esercitata sui testimoni o sugli indagati è un reato. Un illecito etico, ma anche – se non soprattutto – un errore investigativo, perché il soggetto sottoposto a violenza fisica o soltanto a tortura psicologica è incline a dire tutto quello che vuole chi lo sta duramente interrogando. Anche a confessare reati non commessi.
In un racconto che ho scritto parecchi anni fa un anziano poliziotto diceva: "Non mi fido mai di una confessione cui non ho assistito. Anzi non mi fido nemmeno di quelle cui ho assistito, se non so bene cosa è successo prima".
Credo che la questione del modo in cui si conducono gli interrogatori o le audizioni delle persone informate sui fatti abbia a che fare non solo con regole giuridiche e morali, ma anche con regole che sovrintendono alla produzione di una conoscenza affidabile.
A suo parere, come si passa dal romanzo poliziesco al legal thriller?
Io non sono un appassionato della distinzione fra generi letterari. Credo anzi che possa portare a risultati paradossali. Però sostengo la distinzione fatta all’inizio del secolo scorso da Gilbert Keith Chesterton, il creatore dell’investigatore padre Brown. A suo parere i romanzi si dividevano in due categorie: quelli scritti bene e quelli scritti male. Sono questi i due soli generi di romanzo che io ammetto. Una cosa soltanto si può aggiungere: è più facile che un romanzo di genere scritto male venda rispetto a un romanzo non di genere scritto bene, ma la questione ha a che fare soltanto con questo aspetto commerciale. Se un romanzo è buono, è buono. Se un romanzo è scadente, è scadente. E basta.
La questione del modo in cui si conducono gli interrogatori ha a che fare non solo con regole giuridiche e morali, ma anche con regole che sovrintendono alla produzione di una conoscenza affidabile.
Ha delle particolari abitudini di scrittura?
Divento matto quando sento quegli autori che descrivono analiticamente il modo in cui scrivono: si alzano alle sei di mattina, lavorano tre ore, scrivono 2.348 battute in un certo tipo di carattere, poi si alzano… Beati loro! Li invidio.
Io invece sono disordinato. Il mio unico metodo prevede che, man mano che si avvicina la data di scadenza, io mi convinca che non ce la farò mai a consegnare in tempo. Questa convinzione – che a un certo punto si trasforma in terrore – negli ultimi giorni mi spinge a scrivere con più costanza. Più o meno dodici ore al giorno.
Prima di concludere, le va di lasciarci qualche consiglio di lettura?
Kent Haruf è un autore che ho amato molto negli ultimi anni. L’ho trovato veramente fuori del comune e leggendo il suo ultimo romanzo, “Le nostre anime di notte”, mi è capitato di pensare più volte che avrei voluto scriverlo io. Una cosa non facile. Ma oltre a “Le nostre anime di notte”, mi sentirei di consigliare “Benedizione”, romanzo molto bello.
Parlando invece di libri un po’ più vecchi, ma che ho letto solo di recente, consiglierei “Dio di illusioni” di Donna Tartt. Una scrittrice notevolissima, per un romanzo imponente, nelle dimensioni ma soprattutto nell’audacia narrativa.
Gianrico Carofiglio, magistrato dal 1986, è stato eletto senatore per il Partito Democratico nel 2008. Il suo primo romanzo è del 2002, "Testimone inconsapevole" (Sellerio). Con quest'opera Carofiglio ha inaugurato il legal thriller italiano e introduce il personaggio dell'avvocato Guido Guerrieri. Sempre con protagonista Guerrieri, da Sellerio seguono nel 2003 "Ad occhi chiusi" e nel 2006 "Ragionevoli dubbi". Nel 2004 Rizzoli pubblica il romanzo "Il passato è una terra straniera", premio Bancarella 2005, da cui è tratto l'omonimo film. Nel 2007 Carofiglio pubblica con il fratello Francesco la graphic novel "Cacciatori nelle tenebre" (Rizzoli), premio Martoglio. Escono il saggio "L'arte del dubbio" (Sellerio) e la versione in audiolibro di "Testimone inconsapevole" (Emons), con la voce dello stesso autore. Nel 2008 gli viene conferito il premio Grinzane Cavour Noir. Nel gennaio 2010 torna l'avvocato Guido Guerrieri in "Le perfezioni provvisorie" (Sellerio), seguito poi dalla lettura di Carofiglio nella versione audiolibro (Emons). A maggio 2010 Rizzoli pubblica "Non esiste saggezza", una raccolta di racconti. Nel 2013 è autore assieme a Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo di "Cocaina" (Einaudi). Per Rizzoli esce "Il bordo vertiginoso delle cose", e nel 2014 "La casa nel bosco" (scritto con il fratello Francesco). Con Einaudi pubblica nel 2014 "Una mutevole verità" e la nuova indagine di Guido Guerrieri "La regola dell'equilibrio"; sempre con Einaudi nel 2016 "Passeggeri notturni" e "L'estate fredda"; nel 2017 "Alle tre del mattino". Premio Speciale alla carriera della XXVII edizione del premio letterario Castelfiorentino di Poesia e Narrativa 2016.