Intervista ad Alessandro Milan
Dopo il successo di Mi vivi dentro, Alessandro Milan torna a raccontare le emozioni, i dolori e le gioie di un padre rimasto solo con due figli da crescere.
Due milioni di baci è il nuovo romanzo di Alessandro Milan. Dopo il grande successo di Mi vivi dentro, Milan ci racconta la sua vita dopo la perdita della moglie, camminando all’indietro fino ad arrivare alla sua infanzia e accompagnandoci avanti nel suo presente; a guidarlo tra ricordi e vita di ogni giorno è il filo rosso del romanzo: i baci. Baci dati, ricevuti, mancati e perduti. I baci che Alessandro continua a dare ai suoi figli. «Quando ho affrontato le pagine drammatiche della mia vita, come la perdita di Francesca, ho capito che dovevo ancorarmi a questo gesto molto antico e semplice per continuare a trasmettere l'empatia e il bene ai miei figli e alle persone che mi circondano. Ho cercato di spiegare che baciare è l'unico gesto che può farci sentire vivi, quando smettiamo cominciamo a morire dentro». Due milioni di baci è pieno di vita, racconta i problemi di tutti giorni, dal rapporto con i figli a quello con i propri genitori. È un libro che tutti dovrebbero leggere per capire cosa passa nella testa di un padre, per capire quanto sia difficile pendersi cura dei propri figli.
Che cosa ti ha spinto a scrivere un nuovo romanzo?
Uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere questo libro è la grande paura che ho avuto di perdere mia madre qualche anno fa, quando è stata male. È stato un modo per sfogarmi e fare una riflessione su tutta la mia vita. Ho voluto anche rendere omaggio a questa figura che nella realtà ho baciato pochissimo anche se merita tutti i baci del mondo perché è una persona eccezionale e ha cresciuto quattro figli sacrificandosi in tutto per loro.
La copertina di Due milioni di baci è bella, colorata e incisiva. Cosa simboleggia per te quell’immagine?
Mi vivi dentro è stato il romanzo dell’elaborazione del lutto. Due milioni di baci, invece, è il romanzo della rinascita, della voglia di riprendere in mano la vita dopo una grande pausa forzata, per continuare a camminare. La farfalla in copertina simboleggia Francesca, che continua a guidarci anche ora che siamo soli e dobbiamo darci la mano per continuare la nostra vita. Ripartire e andare avanti tra le mille difficoltà di crescere due figli da solo.
I capitoli del libro hanno nomi di colori e cibi. Per quale motivo?
Ho deciso di utilizzare i colori perché ad ogni colore attribuisco un sentimento. Il colore rispecchia l’umore di quel capitolo e di quegli avvenimenti, ed è facile intuire lo stato d’animo in cui mi trovavo durante quei momenti. Invece i cibi hanno il sapore dei ricordi. La nostra infanzia è costellata di profumi e sapori che ci ricordano esattamente dei momenti felici. Ho voluto ricreare l'atmosfera dei periodi più belli perché le pietanze della nostra infanzia sono la punteggiatura della vita.
«La vita è unita da un filo, come un romanzo che continua».
I baci sono il filo conduttore del romanzo, perché hai scelto proprio questo gesto per guidare i tuoi lettori?
Un giorno ho deciso di iniziare una sorta di gioco con i miei figli: quello della conta dei baci. Ho iniziato a dire dei numeri a caso ogni volta che li baciavo, numeri enormi che aumentavano sempre più. All’inizio erano stupiti e devono avermi preso per pazzo, ma la mia risposta li ha spiazzati: «conto i baci che vi ho dato da quando siete nati». Erano perplessi ma, come accade nei giochi, siamo diventati subito complici, anche se ormai temo abbiano capito che scherzo.
Che ruolo hanno le donne nella tua vita?
Mia madre è una presenza fondamentale. Lei è il motivo per cui ho deciso di scrivere questo romanzo. Mentre per le donne “amiche” trovo naturale rivolgermi a loro quando ho bisogno di un consiglio o di aiuto. Credo che il motivo sia da ricercare nella loro sensibilità nell’affrontare i problemi quotidiani. E poi per il rapporto che hanno con i miei figli: è come se fossero delle piccole mamme pronte a venire in loro soccorso a ogni necessità
C’è un episodio del libro a cui sei particolarmente legato?
In realtà ce ne sono molti, ma il più bello è quello della volta in cui sono tornato a casa e, sul muro del bagno, si è materializzata la scritta “Mattia”. Ho convocato mio figlio, non ci voleva Sherlock Holmes per individuare il colpevole, ma lui mi ha dato una risposta stupenda: «non sono stato io». Mi sono sentito di nuovo bambino, quando feci la stessa cosa e mia mamma mi beccò in flagranza di reato proprio mentre scrivevo con la penna sulla tappezzeria. La vita è unita da un filo, come un romanzo che continua.
Parlando invece di tua figlia Angelica, ti preoccupa crescere una ragazza che sta per diventare donna?
Un po’ sì, ma per il semplice fatto che io sono uomo e lei è donna. L’universo femminile è imperscrutabile a cinquant’anni, figuriamoci se si ha a che fare con una donnina. Con Mattia può essere più semplice, possiamo sbrigarcela su un campo da calcio o da basket, agli uomini basta una palla. È per questo motivo che ho deciso di rivolgermi a lei nella narrazione del libro: per cercare di trovare un punto di contatto con lei, e arrivare al suo cuore.
«L’universo femminile è imperscrutabile a cinquant’anni, figuriamoci se si ha a che fare con una donnina».
Cosa significa per te questo romanzo?
Per me è il libro della rinascita. È l’insegnamento stesso di Francesca: non basta inanellare un giorno dopo l'altro, bisogna riaffacciarsi alla finestra ed esplorare la vita. Bisogna trovare un percorso da intraprendere tutti insieme per andare avanti con fiducia verso il futuro.
C’è qualcosa che hai fatto per la quale ti diresti: «bravo Alessandro!»
Non mi dico mai “bravo!” perché sono molto severo con me stesso. Se mi prefiggo 100 cose da fare ma me ne riescono solo 99, mi sento male, vedo il bicchiere mezzo vuoto. Dovrei imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno, come faceva Francesca. I miei amici mi dicono spesso che sono un bravo papà e forse hanno ragione, potrei provare a dirmelo anche io: «Alessandro, sei un bravo papà!».
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Alessandro Milan Giornalista radiofonico presso Radio24 e presidente dell'associazione "Wondy sono io", impegnata nella diffusione della cultura della resilienza. Scrive nel 2018 il libro Mi vivi dentro, pubblicato da DeA Planeta. Nel 2019 pubblica Due milioni di baci sempre per DeA Planeta.