Intervista a Maurizio Molinari
In Assedio all'occidente il direttore de "La Stampa" ci svela retroscena e protagonisti della seconda guerra fredda arrivando a delineare il campo di battaglia sul quale le forze in gioco si stanno scontrando: l’Europa.
9 novembre 1989, Berlino. Il muro cade a pezzi.
La guerra fredda giunge finalmente al termine, dopo anni di tensioni e paure.
L’alba del 10 novembre ha tutti i colori dell’arcobaleno e della libertà, sotto la Porta di Brandeburgo e a Potsdamer Platz. Checkpoint Charlie resta come il punto esclamativo in coda a una dichiarazione di guerra che nessuno ha più voglia di ascoltare.
Cosa rimane, oggi, di quella conquista tanto sofferta? La Gran Bretagna è nel bel mezzo della brexit e i partiti sovranisti sono tornati a farsi sentire e a ricevere consensi in molti stati dell’Unione. Le estreme destre hanno rialzato la cresta e tuonano proclami razzisti e antisemiti fomentando l’odio per il diverso. Gli USA, dal canto loro, hanno ingranato la retromarcia verso un isolazionismo di sapore ottocentesco.
Cosa sta succedendo al mondo?
Maurizio Molinari non ha dubbi: «È in atto la seconda guerra fredda», ci dice a chiare lettere. In Assedio all'occidente il bravo giornalista, direttore de "La Stampa", ci svela retroscena e protagonisti di questa guerra non dichiarata (Russia e Cina), arrivando a delineare con precisione qual è il campo di battaglia sul quale le forze in gioco si stanno scontrando: l’Europa.
Certo, rispetto alla prima guerra fredda le armi sono cambiate e oggi le grandi potenze che assediano l’occidente mirano a cambiare lo status quo a colpi di attacchi informatici e manovre politiche, invece di rincorrere supremazie balistiche o militari. Lo scenario che si prospetta, però, non è meno pericoloso: dai futuri assetti dell’Europa, e dalla tenuta di un progetto culturale e politico che sembra aver rinunciato alle proprie ambizioni più alte arretrando di fronte a vecchi fantasmi, dipende in larga misura la strada che il mondo imboccherà nei prossimi decenni. Se al fondo di quella strada ci saranno piazze in cui incontrarsi, o un altro muro, dipende anche da noi.
Buongiorno Molinari. Perché il titolo del suo libro - Assedio all'occidente - richiama le crociate?
La seconda guerra fredda è un conflitto reale. Chi sta tentando di cambiare l'assetto delle relazioni internazionali vuole davvero un mondo diverso. I governi di Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno raccolto prove che imputano alla Russia la volontà di destabilizzare questi paesi. Ma dobbiamo prestare attenzione anche alla Cina: nel momento stesso in cui riuscisse a governare i nostri dati, utilizzando tecnologie avanzate nei nostri paesi, il governo cinese sarebbe in grado di gestire gran parte delle nostre informazioni. È uno scenario mai nemmeno immaginato durante la prima guerra fredda!
Per imporsi nel mediterraneo bisogna conquistare prima la trincea italiana. Era vero nella prima guerra fredda e lo è anche oggi.
Qual è il principale campo di battaglia sul quale si sta combattendo?
Il campo di battaglia della seconda guerra fredda è l'Europa. L'intento di Russia e Cina è far implodere l'Occidente e la componente strategica più debole viene identificata proprio nel vecchio continente. La Russia agisce sostenendo i partiti e i movimenti populisti e sovranisti. Il nazionalismo contesta i pilastri stessi dell'occidente: Unione Europea, Nato e Vaticano.
Per quanto riguarda la Cina, la strategia è completamente differente. L’obiettivo è creare strumenti finanziari e prodotti capaci di battere l'occidente sul piano economico. I cinesi mirano alla leadership globale dei commerci.
E l’Italia? Che ruolo gioca in questo quadro?
Russia e Cina, nel tentativo di cambiare lo status quo internazionale, puntano sull'Italia per la sua centralità geografica. Senza il Mediterraneo l'occidente non si può assediare! Imporsi nel mare nostrum significa mettere l’Europa sulla difensiva. Ma c'è un secondo motivo: l'Italia è il paese dove i partiti populisti e sovranisti rappresentano la maggioranza dei votanti. L'importanza strategica del nostro paese nasce da questi fattori, esattamente come fu nel 1946, all'inizio della guerra fredda.
Di fronte all’energia di questi Paesi, meno stancamente ripiegati su sé stessi e pronti ad affermarsi con enorme energia in tutti gli ambiti, come può difendersi l’Occidente?
Non c'è dubbio che le armi servano, perché la sfida militare persiste tutt’oggi, ma non è più il fattore preponderante. Il fondamento della strategia è la tenuta delle democrazie. Se gli avversari dell'Occidente vogliono che questo imploda, devono solo scardinare i sistemi liberali fomentando scompiglio e instabilità. La risposta dunque deve passare per il rafforzamento del rapporto fra cittadini e istituzioni. L’arma più formidabile che possiedono i paesi democratici sono i diritti: delle donne, dei gay, dei transgender, delle minoranze, i diritti digitali e tutti i diritti che tutelano dalle disuguaglianze. Maggiori sono i diritti, maggiori sono le probabilità di consolidamento del rapporto fra le democrazie e i cittadini che queste sono chiamate a rappresentare. Solo così l'assalto potrà essere respinto.
Le democrazie devono governare rafforzando il legame fra istituzioni e cittadini.
Lei è ottimista o pessimista, riguardo al futuro? Cosa pensa succederà?
Se guardiamo la situazione strategica attuale, a essere favoriti sono gli assedianti. Hanno molte energie e una strategia d'attacco. L'Occidente, intimorito e senza leader, appare sulla difensiva. Ma in realtà l'Occidente dispone di più carte, perché non c'è forza più grande, straordinaria e indomabile, della libertà. L’eredità donataci dalla caduta del muro di Berlino è proprio questa. Nemmeno l'impero più feroce che sia mai stato costruito sul territorio europeo - quello sovietico - è riuscito a contenere la voglia di libertà di quei popoli. Questa è la lezione.
Per chiudere, vorremmo chiederle consiglio per un libro – oltre al suo, beninteso – che approfondisca i temi di cui abbiamo parlato?
Un libro essenziale in questo periodo è I sovranisti di Bernard Guetta. È il reportage di un formidabile intellettuale francese che ha passato mesi nei paesi dove il sovranismo è più consolidato: Polonia, Ungheria e Italia. Il ritratto che traccia è che alla genesi del sovranismo c’è un’idea etnico-nazionale che esalta le particelle più estreme del nostro io. Nel libro è riportato un aneddoto tratto dal suo soggiorno in Polonia, dove Guetta è riuscito a intervistare un accademico di parte sovranista. Alla domanda «Contro cosa state lottando?», questi ha risposto chiaramente: «Il nostro nemico è l’illuminismo».
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Maurizio Molinari (Roma, 1964), dal 2016 direttore di “La Stampa”. Inviato in più occasioni nei Balcani, in Medio Oriente, Iran, Iraq, Nordafrica, Turchia e Corno d'Africa, ha intervistato, fra gli altri, George W. Bush, Laura Bush, Ban Ki-moon, Kofi Annan, Condoleezza Rice, Madeleine Albright, Henry Kissinger, il re saudita Abdullah quando era principe ereditario, Muammar Gheddafi. Copiosissima la sua produzione letteraria tra cui: "Governo ombra" (Rizzoli, 2012), "L'aquila e la farfalla" (Rizzoli, 2013), "Il Califfato del terrore" (Rizzoli, 2015), "Perché è successo qui" (La nave di Teseo, 2018), "Assedio all'Occidente" (La nave di Teseo, 2019).