Lidia Ravera: «La letteratura è una cura contro false verità, scorciatoie e banalità»
Quanto può resistere l’amore tra due persone? Può superare distanze, tempo e dolorosi non detti? Nel suo ultimo romanzo, “L’amore che dura”, Lidia Ravera prova a darci la sua risposta scavando nella storia di un uomo e una donna, nei loro desideri, nei loro sogni. Una coppia che sembra non riuscire a resistere alla pressione di ambizioni che divergono, di destini che si separano. Eppure…
![Libro L' amore che dura Lidia Ravera](https://img.ibs.it/images/9788845299285_0_240_0_50.jpg)
L' amore che dura
Lidia Ravera
“L’amore che dura” è il trentunesimo libro di Lidia Ravera. Sono passati 43 anni dal suo sfolgorante esordio e forse potreste pensare di conoscere già tutto della brillante autrice di “Porci con le ali”. Perché, dunque, soffermarsi a leggere? Perché Lidia Ravera – venuta in IBS a firmare le copie del suo libro – è un’infinita fonte di sorprese. A partire dal suo ultimo romanzo: “summa” (ce lo perdoni, vero, Lidia?) della sua lunga carriera di narratrice. Un libro che vi stupirà con la storia di un amore capace di andare oltre il tempo, le scelte (giuste o sbagliate, chi può dirlo?), i segreti. La nostra chiacchierata, però, non si è fermata a “L’amore che dura”: dalla letteratura all’impegno per la causa femminile, dalle ribellioni del Sessantotto alla società di oggi, dal valore della cultura ai benefici dello sport, Ravera ci ha regalato un ricchissimo compendio della sua visione del mondo e noi abbiamo scoperto una donna carismatica, piena di energia, ricca di ideali e pronta a impegnarsi in prima persona per realizzarli. Ma, allo stesso tempo, una persona capace di guardare alla realtà con sguardo lucido e obiettivo. Mai rassegnato. Tra i suoi sogni di ragazza e i bilanci di una vita ricca di esperienze, Lidia ci ha confessato le sue paure e rivelato i suoi personali esercizi per la felicità.
Parlaci del tuo ultimo romanzo, Lidia. Che storia racconta “L’amore che dura”?
I protagonisti del mio romanzo, Carlo ed Emma, scoprono l’amore e il sesso insieme, a 16 anni, nel 1976. Dieci anni dopo si sposano, venti anni dopo divorziano.
Le loro vite si divaricano, perché sono le loro ambizioni a divaricarsi: lui vuole fare il cinema; lei, invece, ha un’ambizione esagerata, la santità. Vuole salvare esseri umani.
Il loro amore, però, è come un fiume carsico: si inabissa ma poi ritorna fuori. Non finisce mai.
Flaubert diceva “Madame Bovary c’est moi”, potresti sottoscrivere la stessa cosa con la tua Emma?
Flaubert aveva ragione. I romanzi sono tutti autobiografici e nessuno lo è. Gli scrittori – quelli seri – mettono sempre un pezzo di sé in ogni loro personaggio.
Quando si scrive bisogna guardare fuori, ma poi pescare tra i modelli che abbiamo interiorizzato. Dentro di noi troviamo tutto: il buono e il cattivo, l’uomo e la donna, il vecchio e il giovane, il vigliacco e il coraggioso.
Quando si scrive bisogna guardare fuori, ma poi pescare tra i modelli che abbiamo dentro. Dentro di noi troviamo tutto: il buono e il cattivo, l’uomo e la donna, il vecchio e il giovane, il vigliacco e il coraggioso.
“L’amore che dura” riassume molti temi che hai trattato nella tua carriera di scrittrice. Sei d’accordo?
Potei definire questo libro “un’opera della maturità”. Raccoglie tutti i temi che ho arpeggiato e suonato nel corso della mia lunghissima e piacevolissima carriera. Due, però, sono quelli per me fondamentali: la vita (e l’amore ne è uno dei motori) e la relazione tra uomini e donne.
In questo romanzo – senza dirlo apertamente – racconto come sono cambiate le donne, dal femminismo degli anni settanta in avanti. Le donne oggi non sono più funzione dell’ego maschile. E questo non è né bello né brutto: è uno sviluppo della specie con cui gli uomini devono fare i conti.
Il sesso – la chimica dei corpi, come la chiama Emma – è un termometro, un combustibile, un rifugio… Com’è cambiata la nostra idea del sesso, dai tempi di “Porci con le ali”?
Negli anni settanta, quando io e i miei protagonisti eravamo ragazzini, il sesso era una bandiera da sventolare sotto il naso del proprio padre e della propria madre, tutti rigorosamente sessuofobici.
Adesso invece non è più una bandiera, non è più una scelta politica, non è più rivoluzionario, non è più ribelle.
Mi auguro che, almeno dal punto di vista della chimica, continui a funzionare. Non vorrei che la tecnologia sostituisse questa deliziosa scoperta della possibilità di combaciare con un altro corpo.
Il pane e le rose – come la collana dell’editore Savelli nella quale apparve “Porci con le ali” – torna a far capolino dalle pagine del tuo romanzo. Quanto al pane – rigorosamente al kamut – direi che ne siamo persino troppo nutriti, oggi. Ma le rose?
“Il pane e le rose” è anche un giornalino che ho fondato a Milano quando avevo vent’anni. Il “pane” andava distribuito a tutti secondo necessità e le “rose” erano le coniugazioni infinite delle felicità presenti e future. Erano la musica, le droghe leggere, una sessualità sperimentale, un modo di stare al mondo che chiedeva tutto e subito, vite piene e il desiderio che tutti fossero in grado di godere della cultura.
Ancora oggi vorrei che i cittadini italiani capissero che con la cultura si vive meglio. È come avere un occhio in più che aiuta ad attraversare la vita, vivendo giorno per giorno nel piacere dello sguardo e della bellezza.
Penso che saremo tutti più felici quando ognuno sarà in grado di leggere un buon romanzo, capire un bel quadro, apprezzare un pezzo di musica.
Vorrei che i cittadini italiani capissero che con la cultura si vive meglio. È come avere un occhio in più che ti aiuta ad attraversare la vita vivendo giorno per giorno nel piacere dello sguardo e della bellezza.
"(…) Eravate davvero più allegri, come vuole la leggenda? Era davvero un mondo migliore (…)? Avevate capito meglio, oppure, al contrario, siete stati voi i colpevoli di tutto questo?”. La domanda la pone tuo figlio, Nicola Ravera Rafele, nel suo romanzo “Il senso della lotta”. Che segni ha lasciato il Sessantotto e che dialogo è possibile tra la vostra generazione e le seguenti?
Nel 1968 avevo 17 anni ed è stata una gran fortuna. Penso che in quegli anni sia successo qualcosa di molto importante, che ha svecchiato questo paese.
Ora però la generazione di mio figlio viene a chiedere conto alla mia del perché la spinta di quegli anni si sia esaurita. E invece credo di dover essere io a chiedere loro conto del perché l’abbiano lasciata esaurire.
Oggi viviamo in una condizione infinitamente peggiore di quella in cui si viveva in Italia negli anni sessanta e settanta. E loro che fanno? Dormono?
È ora di svegliarsi! Sono loro che hanno tutta la vita davanti!
Sei ancora una runner? Cosa ti piace tanto del correre?
Io corro da trent’anni perché penso sia un ottimo modo per mantenersi in salute, ma soprattutto credo sia molto meglio che prendere degli psicofarmaci. La corsa, insieme al ballo, mi mette sempre di ottimo umore. Sono i miei esercizi per la felicità. Non so perché. Forse sono le endorfine o forse la sensazione che finché corro tra i trenta e i quaranta chilometri a settimana – oltre a pesare cinquanta chili tutta la vita – sarò ancora a lungo una gagliarda anziana che continua a girare per il mondo e non una becchina che si trascina negli angoli. Ma è ormai molto tempo che ho fatto pace con la vecchiaia e col mio aspetto. È inutile tirarsi, fare interventi. È molto meglio imparare a sculettare col cervello. Dura di più.
Per approfondire |
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![Libro Sogni e favole Emanuele Trevi](https://img.ibs.it/images/9788862208512_0_0_230_75.jpg)
Sogni e favole
Emanuele Trevi
Ci lasci qualche consiglio di lettura, Lidia?
È sempre difficile per me consigliare dei libri: il mio pantheon è troppo affollato.
Recentemente, in una trasmissione radiofonica su Radio3, mi hanno chiesto di scegliere un solo libro da portare con me su un’isola deserta. Ho scelto “Gita al faro” di Virginia Woolf, ma con grande fatica. E l’ho scelto perché ha avuto un grande significato nella mia vita: quando l’ho letto, da ragazzina, ho fatto pace col femminile. Grazie al personaggio di Mrs Ramsay, infatti, ho scoperto che esiste un altro approccio con la società e il potere. È il potere femminile di poter fare.
Ho imparato tanto da “Gita al faro” e credo che ogni ragazza possa trovarvi tutto ciò che le serve per capire quello che desidera, quello che è e quello che le spetta.
Ultimamente, invece, quando leggo un libro, non gli concedo più di tre pagine: o un mi prende subito oppure lo mollo. E ne mollo parecchi.
Uno dei pochi che nell’ultimo anno ho letto fino in fondo è stato “Sogni e favole”, l’ultimo libro di Emanuele Trevi (guarda la nostra intervista!). Non è un romanzo, ma un ibrido fra autobiografia e biografia di grandi personaggi. L’autore è un uomo coltissimo e offre al lettore dei mélange di pensiero, approfondimento, nota biografica ed evocazione letteraria che per me sono come una fetta di Sacher. Me li gusto con golosità e con un piacere infinito.
Per concludere, a tuo parere, a che punto è il femminismo, oggi?
Credo che la rivoluzione femminista sia stata la più importante del Novecento e penso sia stata resa possibile anche da quel dottor Pincus che, con la pillola, ha sdoganato il sesso dalla procreazione.
In realtà, però, è una rivoluzione interrotta: moltissimo è stato fatto, ma moltissimo resta ancora da fare.
Oggi io conto molto sulle ragazze e sulla loro capacità di lottare contro quegli stereotipi che ci colpiscono dalla nascita alla fossa. È questo il loro compito, perché, per combattere contro i luoghi comuni, tutto quello che serve è energia, forze sempre fresche e… letteratura.
La letteratura è una cura contro le false verità, le scorciatoie e le banalità. Consumate tanta letteratura!
Lidia Ravera raggiunge la notorietà nel 1976 con il romanzo Porci con le ali, scritto a quattro mani insieme a Marco Lombardo Radice (con lo pseudonimo di "Antonia"). L'attività di scrittrice conta più di trenta libri, principalmente narrativa, e una sessantina di sceneggiature. Inoltre: undici canzoni, una commedia musicale (Porci con le ali, con Giovanni Lombardo Radice), un’opera (la versione femminile di Dottor Jekyill, musiche di Alessandro Sbordoni), romanzi rosa sotto pseudonimo in gioventù, migliaia di articoli, radiodrammi, novelle, racconti, un libro per bambini, situation comedy, film, testi per documentari, per cabaret, per Lucia Poli, monologhi. Il suo romanzo, Le seduzioni dell'inverno, ed. Nottetempo (2007), è stato finalista al Premio Strega 2008.