Francesco Piccolo: «Dentro ogni maschio c’è un animale pronto a rivelarsi»
Cosa vuol dire essere maschio al giorno d’oggi? Lo scrittore Premio Strega ha cercato di scoprirlo nel suo ultimo romanzo, “L’animale che mi porto dentro”, un’indagine in profondità all’interno di sé stesso e di ogni uomo in lotta con i fantasmi della propria virilità.

L'animale che mi porto dentro
Francesco Piccolo
“Ma l'animale che mi porto dentro / non mi fa vivere felice mai / si prende tutto anche il caffè. / Mi rende schiavo delle mie passioni / e non si arrende mai”. Così Franco Battiato ne “L’animale”, anno 1985. Sembra averlo preso alla lettera Francesco Piccolo, Premio Strega 2014 con “Il desiderio di essere come tutti”, sceneggiatore per i più noti registi italiani – da Nanni Moretti a Silvio Soldini – e autore televisivo (da “Vieni via con me” alla serie tv tratta da “L’amica geniale”). Nel suo ultimo libro, “L’animale che mi porto dentro”, lo scrittore di Caserta scava nelle passioni che rendono schiavo il maschio contemporaneo, indaga fra quelle pulsioni culturali e collettive che spingono all’esibizione di una virilità sfacciata e spesso violenta, esplora quei condizionamenti che tuttavia convivono con la fragilità, con il bisogno di ascoltare i propri sentimenti. Un romanzo di autofiction, dunque, che penetra nell’intimità della vita dell’autore, ne ripercorre il passato tra aneddoti, confessioni e ossessioni, ne tratteggia un’immagine inedita e sorprendente. Un’immagine tutta da scoprire, con l’intervista realizzata tra gli scaffali di Casa IBS al Salone internazionale del libro di Torino.
Buongiorno, Francesco. Parliamo del tuo ultimo libro: perché questo titolo? Qual è l'animale che ti porti dentro?
L'animale che io mi porto dentro – e che tutti i maschi, purtroppo, si portano dentro – è una specie di stereotipo col quale ognuno di noi nasce, uno stereotipo che porta con sé arroganza, violenza, desiderio erotico ossessivo, prepotenza. Un animale sempre pronto a rivelarsi e che rimane dentro di noi anche se evolviamo, diventiamo sensibili, lasciamo spazio ai sentimenti, diventiamo delle “persone”.
Parli di un maschio al contempo generico e specifico. “Generico” perché risponde a delle pulsioni, a una cultura e a condizionamenti cui vanno soggetti tutti i maschi. “Specifico”, perché ognuno di noi è il prodotto della sua storia. La tua prende le mosse da un incidente avvenuto su un campo di pallacanestro…
L'autobiografia letteraria può essere realissima, ma anche non reale. Io ho scelto di raccontare quell’episodio di violenza esplosa in un campo di basket proprio per raccontare “l’animale” che è dentro di noi. Anche un individuo come me, infatti, che nella scrittura ha cercato una strada individuale molto diversa da quella a cui sembrava destinato, cerca sempre di scappare via dal “maschio generico”. Ma il maschio generico ci insegue e ci inseguirà per sempre.
Tutti i giorni sulle colonne di cronaca leggiamo di violenze perpetrate dagli uomini sulle donne. Nel tuo libro sostieni che, per capire dove questi episodi originano, è bene gettare uno sguardo sul maschio che conosciamo meglio: noi stessi.
La violenza, che si esprima o no, ha origine in quell’animale che ci portiamo dentro. Nel mio libro ho scelto di non occuparmi del maschio che degenera ma di quello che non lo fa, perché sono convinto che si somiglino ancora tanto. È la cultura atavica del maschio a spingere l’uomo debole a reagire in maniera violenta e non tutti sono in grado di controllare questa reazione.
Per approfondire |

Momenti di trascurabile infelicità
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Momenti di trascurabile felicità
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La separazione del maschio
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Il desiderio di essere come tutti
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Storie di primogeniti e figli unici
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Scrivi: Ma se voglio essere sincero devo ammettere che lo stereotipo maschile della virilità virtuosa, eroismo, moralità, altruismo, coraggio, lealtà, onestà, generosità non è stato il punto di riferimento della mia formazione di maschio, anzi – dirò meglio – credo lo sia stato nel senso che avevo intuito che sarebbe stata la strada giusta da intraprendere, ma ero del tutto incapace di soddisfarlo.
Cos’è la virilità?
Esistono due tipi di virilità. C’è una virilità pregiudizialmente definita “virtuosa”, fatta di patriottismo, coraggio, lealtà, difesa della casa. Una virilità che, però, secondo grandi studiosi, sta alla base delle dittature europee. C’è poi una virilità distruttiva e autodistruttiva che, quando siamo ragazzi, tendiamo a ritenere eroica. In fondo sono entrambe dei tipi orribili di eroismo, che spingono a un’idea anti-individuale del maschio. La virilità in sé segue un'idea collettiva: ognuno di noi, come individuo, non ha bisogno di mostrarsi virile o esprimere il maschio che ha in sé, ma davanti agli altri uomini improvvisamente sente di doverlo fare.
Questa idea – o malinteso – di virilità può esprimersi e condizionare anche le relazioni con l'altro sesso. Nel libro racconti un episodio avvenuto dopo il Premio Strega, a Helsinki, che, come un enzima, fa precipitare alcune situazioni in sospeso con tua moglie. È stato coraggioso, da parte tua, mettere nero su bianco dinamiche così private. Come ha reagito tua moglie, leggendo?
Mia moglie sa bene di essere sposata con uno scrittore e sa che quando si scrive si raccontano verità e non verità e che la nostra vita privata e quella che racconto nei miei libri sono due cose diverse. Nell’episodio di Helsinki, in particolare, la moglie del mio personaggio riesce a individuare una caratteristica fondamentale del suo essere uomo in quel momento: lui si sente “stocazzo”. Sentirsi “stocazzo” è l'espressione massima di virilità collettiva: ogni maschio che vuole esprimerla tenta di esserlo. Tutta questa potenza virile però arriva e va verso delle fragilità, perché in fondo gli individui sono molto più complessi di come gli stereotipi vogliono far credere.
Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore. I suoi ultimi libri sono: "Il desiderio di essere come tutti" (Premio Strega 2014), "Momenti di trascurabile infelicità", "L’animale che mi porto dentro". Ha firmato sceneggiature per Nanni Moretti ("Il Caimano", "Habemus Papam", "Mia madre"), Paolo Virzì ("My name is Tanino", "La prima cosa bella", "Il capitale umano", "Ella & John - The Leisure Seeker", "Notti magiche"), Francesca Archibugi ("Il nome del figlio", "Gli Sdraiati"), Silvio Soldini ("Agata e la tempesta", "Giorni e nuvole"). Ha sceneggiato la serie tv "L’amica geniale", tratta dall’omonimo best seller di Elena Ferrante. È stato autore di molti programmi televisivi come: "Vieni via con me", "Quello che (non) ho", "Viva il 25 aprile" e "FalconeeBorsellino". Collabora con il Corriere della sera.