Marco Vichi: le memorie di mio padre nei miei romanzi
Il nuovo romanzo di Marco Vichi L'anno dei misteri comincia col nostro commissario immerso nella quiete di una serata tranquilla, interrotta bruscamente da un omicidio efferato.
6 gennaio 1969. La televisione in bianco e nero trasmette Canzonissima e le note di Zum zum zum invadono l’appartamento. Eleonora questa sera non verrà e il divano sembra il luogo ideale per trascorrere la serata. Il telefono interrompe la quiete ed Eleonora annuncia che si è liberata: riuscirà a passare. Il telefono squilla di nuovo. È la questura: una ragazza è stata violentata e uccisa. Bordelli riaggancia ed esce di casa mentre Eleonora sta andando da lui. Il nuovo romanzo di Marco Vichi L'anno dei misteri comincia così, col nostro commissario immerso nella quiete di una serata tranquilla, interrotta bruscamente da un omicidio efferato. Vichi non si spinge oltre nel racconto del nuovo libro ma ci dice qualcosa sulle ragioni per cui gli scrittori – quelli bravi come lui, almeno – potrebbero essere perseguiti da un uomo retto e integerrimo come il commissario: «Bordelli nelle prime pagine aiuta una vecchietta a portare la spesa verso casa. Ho preso spunto da una storia vera: una mattina ho aiutato una signora a portare fino a casa le buste della spesa, e lei mi raccontava vicende assurde della sua vita. Mentre parlava, stavo già inserendo tutti quegli aneddoti nel romanzo: gli scrittori rubano!». Ha capito, Commissario Bordelli? Prenda nota, e indaghi: Marco Vichi è un ladro di storie!
L’anno dei misteri è ambientato nel 1969 ma hai annunciato che Bordelli nel ’70 andrà in pensione, con che spirito ti avvicini al suo pensionamento?
Nel 1970 Bordelli andrà in pensione, è vero, ma non io non manderò in pensione il personaggio! Non vedo l'ora di scrivere il prossimo romanzo, perché mi diverte molto l'idea di vederlo alle prese con questa transizione. Avrò tante altre storie da raccontare: ci sono gli anni ’50, gli anni ’60 – nei mesi diversi da quelli che ho già raccontato – e poi gli anni ‘30. Bordelli in quegli anni non era nella pubblica sicurezza, faceva un altro lavoro. Abbiamo degli indizi sul suo impiego grazie al libro di Leonardo Gori: lì si racconta dove si trovava Bordelli negli anni ’30. Ho un sacco di storie da raccontare ambientate in quegli anni.
Bordelli ha fatto la guerra e tu, per descrivere il suo retaggio, hai fatto riferimento all’esperienza di tuo padre. Puoi raccontarcene qualcosa?
Marina, sommergibili e soprattutto il battaglione San Marco – dopo l’8 settembre – il passato di guerra di Bordelli è il passato di guerra di mio padre. Quando ero bambino, il babbo usava raccontare alla famiglia le sue vicende. Alcune erano divertenti, altre molto sanguinose. Da piccolo hanno acceso la mia fantasia e, grazie al commissario, ho avuto finalmente l'occasione di fissare tutte le memorie personali di mio padre nei romanzi.
Grazie a Bordelli ho avuto l'occasione di fissare tutte le memorie personali di mio padre nei miei romanzi.
Firenze: di una città conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze e la sua ricchezza artistica, ami raccontare il lato più oscuro.
Firenze, in realtà, è una città molto oscura, anche se siamo abituati a vederla come la città dell’arte e la culla del rinascimento. Ho dovuto vivere con lo spirito fiorentino, per coglierne il nero e la cattiveria. È stata una bella scuola, però; se sopravvivi a Firenze, poi, resisti a tutte le altre città.
Ora vivi all’Impruneta. Perché hai scelto di lasciare Firenze e trasferirti nel Chianti?
Io sono emigrato a 10 chilometri da Firenze, non ho fatto molta strada [ride]. Le sono sempre molto vicino, all’inizio della chiantigiana, dove ho una vecchia casa di famiglia che mio padre ha acquistato quando ero piccolissimo. Per me è perfetta perché sono alla distanza di sicurezza da Firenze e scendo in città quando voglio, ci vuole un quarto d'ora. Ma vivo immerso nel silenzio ed è quello che mi serve per concentrarmi.
Non so perché, ma tu mi fai pensare a una persona a cui piace camminare…
Ma te mi spii? [Ride]. Io sono un grande camminatore e quando cammino, soprattutto quando ho i tempi stretti per la chiusura di un romanzo, scrivo mentre cammino. O meglio, “detto” al cellulare dei capitoli interi, così metto a frutto anche quel tempo! Poi mi mando via mail la composizione e l’aggiusto. Viva la tecnologia!
Con tutto quel camminare fra i boschi, andrai anche a funghi…
No, non ho quella pazienza. Però se ci sono lì mangio [ride]. In realtà ho paura di diventare un cercatore di funghi perché sono ossessivo-compulsivo e se mi appassiono a qualcosa va a finire che smetto di scrivere e cerco solo funghi…
Vivo immerso nel silenzio, a 10 chilometri da Firenze, ed è quello che mi serve per concentrarmi.
In cosa si esprime, questo tratto ossessivo del tuo carattere?
Nei libri, per esempio. Se leggo un libro in digitale, poi lo devo assolutamente avere in cartaceo. È una delle mie ossessioni, voglio avere libro di carta, non posso leggerlo in formato elettronico e non averlo in casa. Quando ero ragazzino ho avuto delle passioni, facevo piccole collezioni che però finivano per diventare dolorose perché mi ossessionavano. Me ne sono liberato. Di tutte.
Com’è il lavoro con Laura Bosio che, oltre a essere tua editor, è scrittrice in prima persona? Avete mai pensato di scambiarvi i ruoli?
Ogni tanto per gli amici faccio un lavoro di editing prima che il loro testo giunga all'editor ufficiale. Ho un amico, in particolare, di cui adoro la scrittura e per cui mi diverto moltissimo a fare l'editor. È un esercizio molto particolare perché non si può intervenire sul testo alla propria maniera ma si deve assorbire il modo di scrivere dello scrittore e cercare di fare il suo lavoro di mimesi. È La stessa cosa che fanno i traduttori. Io e Laura non ci siamo mai scambiati i ruoli ma lavorare con lei mi è sempre piaciuto tantissimo perché ha la delicatezza di dividere il suo lavoro di scrittrice da quello di editor. Riesce a trovare nei miei romanzi delle frasi, rare per fortuna, che non sembrano mie. Il suo lavoro mi fa stare tranquillo.
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Marco Vichi
Marco Vichi Nato a Firenze, oggi vive nel Chianti. È autore di racconti, testi teatrali e romanzi, tra cui quelli della fortunata serie del commissario Bordelli. Vichi ha scritto anche sceneggiature per la radio (si ricordi Le Cento Lire, trasmissione di Rai Radio Tre dedicata all'arte in carcere). Ha tenuto laboratori di scrittura creativa in varie città e all'Università di Firenze. I suoi romanzi sono stati tradotti in varie lingue; tra questi ricordiamo "Il commissario Bordelli" (Guanda, 2002), "Una brutta faccenda. Un'indagine del commissario Bordelli" (Guanda, 2003), "Il nuovo venuto". "Un'indagine del commissario Bordelli" (Guanda, 2004), "Il brigante" (Guanda, 2006), "Nero di luna" (Guanda, 2007), "Per nessun motivo" (Rizzoli, 2008), "L'inquilino" (Guanda, 2009) "Morte a Firenze". "Un'indagine del commissario Bordelli" (Guanda, 2009), "Un tipo tranquillo" (Guanda, 2010), "La forza del destino" (Guanda, 2011), "La vendetta" (Guanda, 2012), "Il contratto" (Guanda, 2012), "Racconti neri" (Guanda, 2013), "Fantasmi del passato. Un'indagine del commissario Bordelli" (Guanda, 2014); "Il bosco delle streghe" (Guanda 2017); "Nel più bel sogno" (Guanda 2017), "L' anno dei misteri. Un'indagine del commissario Bordelli" (Guanda, 2019) Nel 2009 vince il Premio Scerbanenco con il romanzo "Morte a Firenze".