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Quando si ama cosi una città, si scrivono queste bellime pagine.
Un reportage letterario sulla condizione della Napoli fine '800 è l'ultima cosa che pensavo potesse appassionarmi. Napoli è una città lontana da me geograficamente, culturalmente ed empaticamente, il cui fascino non mi ha mai sedotto come invece è successo con altre città. Devo ammettere però, che la Serao è riuscita, a tratti, a tenermi appiccicata alle pagine quasi come Hugo nelle viscere di Parigi. Sì perché il racconto della Serao non fa sconti. Non ci risparmia nulla, nel bene come nel male, della città che ama. Con le sue analisi antropologiche, sociali e urbanistiche, non esita ad evidenziare, in modo chiaro e diretto tanto il degrado in tutte le sue declinazioni, quanto la ricchezza e la solidarietà umana, spesso commovente, dei napoletani. Anche se di tutt'altro tono e registro, mi ha ricordato persino il magnifico Viaggio in Italia di Goethe. La personalità della Serao è forte e incisiva come la sua penna e ne trasmette, con occhio critico e lucidità, tutta la passione e l'energia. Il linguaggio di fine '800 è enfatico, colorato, deciso ed efficace. Molto fruibile e godibile, dialettalismi compresi, anche da un'irriducibile nordica come me. «E un'altra volta io vi dirò quel che vidi, lì dietro, con una triste lunga curiosità, con un coraggio disperato e, con l'angoscia più opprimente, del mio umile ma fedele cuore di napoletana!»
È stato strano leggere queste pagine scritte nel 1884 e trovarci una Napoli per certi versi molto simile a quella di oggi. Matilde Serao ci offre un resoconto della situazione della Napoli dell’epoca e la sviscera mostrandocela nei suoi minimi particolari. Le sue riflessioni sono molto attuali.
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