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Conti ricostruisce con puntiglio i primi dieci anni del dopoguerra e il disinvolto transitare di personalità dal Fascismo e dalla monarchia alla Repubblica Italiana antifascista. L’Autore non si riferisce agli impiegati o ai modesti funzionari della macchina fascista – come può pensare un lettore distratto o ideologicamente prevenuto – bensì a generali felloni e a dirigenti di pubblica sicurezza che nel Ventennio ricoprirono ruoli apicali e che in Italia e all’estero si macchiarono di atrocità nei confronti delle popolazioni civili infangando l’onore della Patria, e pertanto ritenuti colpevoli di crimini di guerra. In un’Italia postbellica in cui i nazifascisti furono sconfitti dalle forze della Resistenza, si operò, con la copertura degli USA e della DC e con l’impegno poliziesco del ministro Scelba, una repressione dei movimenti operai e contadini con uccisioni e ferimenti di lavoratori inermi, e si verificò un’«epurazione rovesciata» in chiave anticomunista attraverso il reclutamento in ruoli dirigenziali di personaggi il cui cursus dishonorum si era svolto sotto il Fascismo e che operarono in continuità con il precedente regime, allontanando dall’esercito e dalle questure gli elementi fedeli agli ideali repubblicani. Inoltre, queste figure dal losco passato organizzarono operazioni di schedature e dossieraggio nei confronti dei dirigenti della Sinistra e del Sindacato, e approntarono un piano eversivo per ribaltare i risultati elettorali in caso di vittoria delle Sinistre prevedendo anche il mutamento dei principi a fondamento della Costituzione della Repubblica e creando quel brodo di coltura in cui si sarebbe sviluppato il terrorismo. Il testo di Conti non è un libro da spiaggia e va letto accuratamente e con attenzione critica, in special modo le conclusioni che presentano il quadro complessivo della situazione italiana e i rapporti di forza all’interno delle forze politiche interne e internazionali.
Conti sogna un'Italia che, dopo il crollo del fascismo, facesse nascere un personale nuovo di zecca, tutto schierato a sinistra. Un sogno evidentemente impossibile, perché la massa dei burocrati aveva fatto la carriera dentro il fascismo e la continuò dopo il suo crollo. Ma c'è ancora un altro aspetto politico, e cioè che chi era stato passivamente fascista, ma non lo era più, era pur sempre "non di sinistra" e si allineava con gli alleati occidentali, dopo l'innaturale cobelligeranza tattica con i sovietici, durata solo per il tempo di guerra. Era perciò inevitabile che la massa degli ex fascisti non di sinistra si schierasse, altrettanto passivamente, con il nuovo blocco moderato, assorbendo le frange anticoministe. La rottura dell'effimera unità del CLN nel 1947 dimostrò, con i risultati delle elezioni del 18 aprile 1948, che questa era la linea vincente. D'altra parte, lo stesso Togliatti con l'amnistia da lui voluta tentò di "rinverginare" gli ex fascisti, tentativo che si riverlò efficace soltanto con gli intellettuali. Quanto ai crimini di guerra, mi chiedo quale sia il confine preciso tra crimine e atto di guerra, soprattutto nel caso di un esercito nemico rispetto alla popolazione civile: cosa sono stati Hiroshima e Nagasaki, le vicende dei soldati americani a Napoli descritte da Malaparte nella "Pelle", le atrocità commesse dai soldati sovietici sulla popolazione tedesca civile degli sconfitti, e così via? Per non parlare del massacro degli ufficiali polacchi ad opera dei sovietici alle Fosse di Katyn. Tutti sappiamo che i trattati internazionali per garantire un comportamento "legale" in guerra sono soltanto retorica e bei propositi. Però, se lo storico si mette a priori solo da quella che che ritiene quella "giusta", allora le atrocità di questa parte sono tutte lecite e quelle del nemico ritorsioni criminali. Ma in questo caso non fa "storia", ma politica.
Il fascismo ha perso in maniera ignominiosa la guerra; il suo capo, molti gerarchi e personaggi più o meno influenti hanno perso anche la vita. Ma il dopoguerra è stato senz'altro vinto se non dal fascismo almeno da molti dei suoi principali esponenti. Criminali di guerra sono passati indenni dalle accuse loro rivolte e sono tornati alla loro precedente attività, chi questore, chi prefetto, chi generale o altro. Con la complicità o la dabbenaggine dei primi governi della Repubblica, con la mancata epurazione e con l'amnistia Togliatti. Tutto questo ci appare evidente, sempre con l'obiettivo di scongiurare e combattere il comunismo, da questo interessante lavoro di Davide Conti.
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