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Tra i libri di De Carlo è quello che ho meno apprezzato
Lui e lei in viaggio nel sud della Francia. Lui e lei, padre e figlia. Si raccontano, dialogano, come in un lungo stream of consciousness, di qualsiasi cosa gli venga in mente, ponendoci di fronte ai punti di vista di due generazioni. Pura vita quella che descrivono e quella che si trovano a vivere durante quel viaggio.
Libro letto due volte nella mia vita. Durante l'adolescenza e poi a distanza di 10 anni. Ho ricavato impressioni completamente diverse da queste due esperienze di lettura, e le riporto entrambe. All'epoca (avevo 15 anni) lo reputai un libro straordinario, ricco di insegnamenti di vita. Oggi mi appare in una luce meno favorevole e lo trovo per certi aspetti un libro scontato. Ma forse è solo il disincanto maturato negli anni che me lo mostra così. Probabilmente, la verità sta in mezzo tra queste due versioni. Io comunque lo consiglierei.
Recensioni
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"Gli vengono in mente le volte in cui nel corso degli anni gli è capitato di perdere questa comunicazione insieme agli sguardi e ai gesti e alle parole come se fosse per sempre, e poi di ritrovare tutto, senza sforzo e senza spiegazioni."
Seguendo il corso della vita, De Carlo, raffigura situazioni via via sempre più adulte: dall'irrequietezza quasi adolescenziale dei primi romanzi, specchio di una generazione inquieta, alle insicurezze di chi è alla soglia della maturità, all'interesse per il rapporto tra generazioni che già in Nel momento era evidente e che vedeva i protagonisti, ormai vicini ai quarant'anni, dominati dalla sensazione della sconfitta e dell'infelicità, confrontarsi con i propri figli ancora bambini su cui, colpevolizzandosi, sentono pesare le proprie frustrazioni. Ed ecco Pura vita, (dove sono presenti alcuni riferimenti all'opera precedente quasi a voler dare continuità al discorso), un romanzo che è un viaggio (altro tema ricorrente nella scrittura di De Carlo), un dialogo ininterrotto, un itinerario di conoscenza interiore, protagonisti un uomo e la figlia adolescente. Separato dalla moglie da molti anni, Giovanni decide di passare alcuni giorni di vacanza in Francia (la meta è la Camargue) con la propria figlia sedicenne. Il viaggio in auto è lungo, il dialogo stenta a sciogliersi, le resistenze, la poca abitudine alla frequentazione, l'investimento, forse eccessivo, su quell'occasione di contatto vengono con acutezza delineati nelle frasi brevi, nella descrizione dei pensieri e delle ritrosie paterne. La ragazza appare più naturale, meno studiata, disponibile a relazionarsi, pur senza prendere mai l'iniziativa né del dialogo né delle azioni. Tipicamente adolescenziale è l'atteggiamento distratto all'apparenza, ma in realtà attentissimo che l'autore sa ben ritrarre. Così la richiesta ossessiva di un cane rivolta al padre appare non tanto il capriccio infantile di una bambina viziata (anche se questo aspetto esiste) che pretende di ottenere da un padre carico di sensi di colpa ciò che vuole, quanto l'affermazione nei confronti del genitore assente di un bisogno, di una compagnia che, affidando l'animale al padre, sia quasi sostituzione di una presenza familiare, quindi un'attenzione indiretta al vuoto che, istintivamente, sente circondare la vita di Giovanni. In effetti le relazioni affettive che l'uomo ha costruito, negli anni di separazione dalla moglie non sembrano né solide né soddisfacenti: il lettore ne ha una diretta consapevolezza leggendo i brevi messaggi sms , le e-mail, le trascrizioni delle telefonate al cellulare che intervallano le pagine più prettamente narrative del libro. Questo escamotage letterario, questa contaminazione di linguaggi, è davvero felice, rende con efficacia il clima delle comunicazioni interpersonali odierne, la frammentazione dei dialoghi, penalizzati da uno strumento che impone sintesi e quasi distacco emotivo.
Il protagonista viene delineato prevalentemente attraverso la verbalizzazione dei pensieri, le frasi spezzate, interrotte che anche nel dialogo con la figlia fanno fatica a trovare completezza (nonostante la professione di storico indichi familiarità con l'elaborazione del pensiero e la sua traduzione in linguaggio). Domina la sensazione di impotenza, di debolezza interiore, la coscienza di una incapacità di vivere che non crea quasi infelicità quanto assuefazione. Così la più "seria" tra i due sembra essere la ragazza, che sa tacere, sa ascoltare, sa rilanciare, senza eccessive dietrologie, il contatto: lei sa vivere da adolescente, il padre non sa vivere da adulto. E questo "uomo senza qualità" d'inizio millennio è la fotografia di un modo d'essere diffuso, una dimensione paralizzante che ha colpito una generazione sconfitta, una sensibilità rivolta all'interno, tutta narcisistica (e in questo infantile) che crea solo "falso movimento". Nel viaggio, che è alla base di questo romanzo, non viene data importanza a luoghi e paesaggi che vengono visti quasi per dovere dai due protagonisti, non c'è appunto conoscenza, scoperta (funzioni proprie del viaggiare, dell'osservazione del mondo, dell'altro da sé) quanto il bisogno di cercare pretesti, situazioni esterne che facilitino quello che non si ha la capacità di realizzare da soli: insomma un romanzo in cui domina la staticità dell'anima dentro un continuo movimento del corpo.
A cura di Wuz.it
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