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Pura vita - Andrea De Carlo - copertina
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Pura vita - Andrea De Carlo - copertina

Descrizione


"Un De Carlo quasi perfetto nel suo ruolo di psicanalista del nostro presente... Un romanzo compiuto, quasi necessariamente "filosofico", in cui ognuno può confrontarsi, nei dilemmi quotidiani della propria insoddisfatta normalità." (Sergio Pent, La Stampa)
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Dettagli

2007
Tascabile
7 febbraio 2007
327 p., Brossura
9788845258145
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Pura vita

Domenica alle nove e mezza di sera il telefono suona

Domenica alle nove e mezzo di sera il telefono suona mentre lui è in cucina con un toast al formaggio in mano e un libro sulla tecnica di costruzione delle piramidi egizie aperto davanti e un disco strumentale di Bo Diddley e Chuck Berry sullo stereo. Ci sono solo tre pezzi dove suonano davvero insieme, gli altri sono di uno o dell'altro a turno e abbastanza convenzionali, ma i tre dove suonano insieme valgono il disco. Al quarto o quinto squillo si rende conto che la segreteria telefonica non è inserita o non funziona, così posa tutto e si alza di scatto e urta contro uno sgabello e lo fa cadere e sente una fitta fin nel midollo di una tibia, saltella nel soggiorno pieno di rabbia verso gli oggetti e verso le interferenze che continuano anche a quest'ora.
Dice "Sì?".
La voce di lei dall'altra parte dice "Pronto?".
"Ehi!" dice lui. "Ti avrei chiamata tra poco. Tra cinque minuti."
"Volevo sapere per domani" dice lei.
"Certo" dice lui. Si massaggia la gamba dove gli fa male, cerca di raggiungere la porta per tagliare fuori i suoni dallo stereo in cucina ma il filo del telefono non è abbastanza lungo, per quanto provi a estendere la mano. Il telefono cade dal tavolo; lui lo raccoglie con ancora più rabbia, dice "Bastardo di un bastardo".
"Cos'è successo?"
"Niente. Se riesci a sentirmi, niente." Allunga un piede e alla fine riesce a far sbattere la porta di legno chiaro; l'urto provoca una piccola nuvola di intonaco, riduce a metà il volume della chitarra riverberata sul ritmo rapido di accordi.
"Cosa facciamo, allora?"
"Quello che vuoi tu." In realtà è pieno di resistenze, adesso che la loro idea è sul punto di trasformarsi in una concatenazione di dati di fatto in accelerazione progressiva: il lavoro da lasciare e la valigia da preparare e la macchina da guidare e la strada da percorrere e il serbatoio da riempire e le mappe da consultare e il percorso da decidere e la lingua da parlare e i cibi da ordinare e gli alberghi da trovare, le sensazioni da assorbire e quelle da filtrare, quelle da tagliare fuori. Dice "Se hai ancora voglia di andare".
"Sì che ne ho voglia."
"Non è che invece preferiresti un posto più vicino? Rimandare la Francia a quando fa più caldo e abbiamo un po' più di tempo tutti e due?"
"No, no. La Francia mi va benissimo."
"Perfetto. Allora ti passo a prendere domattina verso le dieci. Ti faccio uno squillo quando sono all'angolo, così scendi."
"Va bene."
"Non portarti dieci valigie, non servono."
"Va bene."
"Sono solo pochi giorni."
"Sì."
"A domattina."
"A domattina."
Quando si parlano al telefono tende a essere ancora più sintetica di lui, e a chiudere in modo altrettanto brusco. Non corre certo il rischio di sentirsi bloccato in una conversazione, con lei. Al contrario, quasi ogni volta gli rimane l'idea di avere detto o ascoltato troppo poco, vorrebbe richiamarla per aggiungere o farle aggiungere qualcosa. È forse l'unica persona con cui gli succede.
Si massaggia la tibia e si guarda i piedi nudi, sul pavimento di legno ingombro di carte storico-geografiche e atlanti e incisioni e riproduzioni e fotografie. Pensa alle telefonate da fare e alle e-mail da mandare prima di partire, ai modi di mantenere i contatti a distanza crescente.

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Brunetta
Recensioni: 4/5

Libro letto due volte nella mia vita. Durante l'adolescenza e poi a distanza di 10 anni. Ho ricavato impressioni completamente diverse da queste due esperienze di lettura, e le riporto entrambe. All'epoca (avevo 15 anni) lo reputai un libro straordinario, ricco di insegnamenti di vita. Oggi mi appare in una luce meno favorevole e lo trovo per certi aspetti un libro scontato. Ma forse è solo il disincanto maturato negli anni che me lo mostra così. Probabilmente, la verità sta in mezzo tra queste due versioni. Io comunque lo consiglierei.

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Nicola
Recensioni: 3/5

Ha scritto di meglio. Non riesce a farmi innamorare e dare quel qualcosa in piu che danno i suoi libri.

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Beatrice
Recensioni: 1/5

Ho finito ora di leggerlo. Non mi è piaciuto! è veramente una rottura! è incentrato tutto sul lungo dialogo tra un padre e una figlia mentre sono in viaggio.. e basta!! non c'è nulla di più! sincemente mi aspettavo qualcosa di più da de carlo..

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La recensione di IBS


"Gli vengono in mente le volte in cui nel corso degli anni gli è capitato di perdere questa comunicazione insieme agli sguardi e ai gesti e alle parole come se fosse per sempre, e poi di ritrovare tutto, senza sforzo e senza spiegazioni."

Seguendo il corso della vita, De Carlo, raffigura situazioni via via sempre più adulte: dall'irrequietezza quasi adolescenziale dei primi romanzi, specchio di una generazione inquieta, alle insicurezze di chi è alla soglia della maturità, all'interesse per il rapporto tra generazioni che già in Nel momento era evidente e che vedeva i protagonisti, ormai vicini ai quarant'anni, dominati dalla sensazione della sconfitta e dell'infelicità, confrontarsi con i propri figli ancora bambini su cui, colpevolizzandosi, sentono pesare le proprie frustrazioni. Ed ecco Pura vita, (dove sono presenti alcuni riferimenti all'opera precedente quasi a voler dare continuità al discorso), un romanzo che è un viaggio (altro tema ricorrente nella scrittura di De Carlo), un dialogo ininterrotto, un itinerario di conoscenza interiore, protagonisti un uomo e la figlia adolescente. Separato dalla moglie da molti anni, Giovanni decide di passare alcuni giorni di vacanza in Francia (la meta è la Camargue) con la propria figlia sedicenne. Il viaggio in auto è lungo, il dialogo stenta a sciogliersi, le resistenze, la poca abitudine alla frequentazione, l'investimento, forse eccessivo, su quell'occasione di contatto vengono con acutezza delineati nelle frasi brevi, nella descrizione dei pensieri e delle ritrosie paterne. La ragazza appare più naturale, meno studiata, disponibile a relazionarsi, pur senza prendere mai l'iniziativa né del dialogo né delle azioni. Tipicamente adolescenziale è l'atteggiamento distratto all'apparenza, ma in realtà attentissimo che l'autore sa ben ritrarre. Così la richiesta ossessiva di un cane rivolta al padre appare non tanto il capriccio infantile di una bambina viziata (anche se questo aspetto esiste) che pretende di ottenere da un padre carico di sensi di colpa ciò che vuole, quanto l'affermazione nei confronti del genitore assente di un bisogno, di una compagnia che, affidando l'animale al padre, sia quasi sostituzione di una presenza familiare, quindi un'attenzione indiretta al vuoto che, istintivamente, sente circondare la vita di Giovanni. In effetti le relazioni affettive che l'uomo ha costruito, negli anni di separazione dalla moglie non sembrano né solide né soddisfacenti: il lettore ne ha una diretta consapevolezza leggendo i brevi messaggi sms, le e-mail, le trascrizioni delle telefonate al cellulare che intervallano le pagine più prettamente narrative del libro. Questo escamotage letterario, questa contaminazione di linguaggi, è davvero felice, rende con efficacia il clima delle comunicazioni interpersonali odierne, la frammentazione dei dialoghi, penalizzati da uno strumento che impone sintesi e quasi distacco emotivo.

Il protagonista viene delineato prevalentemente attraverso la verbalizzazione dei pensieri, le frasi spezzate, interrotte che anche nel dialogo con la figlia fanno fatica a trovare completezza (nonostante la professione di storico indichi familiarità con l'elaborazione del pensiero e la sua traduzione in linguaggio). Domina la sensazione di impotenza, di debolezza interiore, la coscienza di una incapacità di vivere che non crea quasi infelicità quanto assuefazione. Così la più "seria" tra i due sembra essere la ragazza, che sa tacere, sa ascoltare, sa rilanciare, senza eccessive dietrologie, il contatto: lei sa vivere da adolescente, il padre non sa vivere da adulto. E questo "uomo senza qualità" d'inizio millennio è la fotografia di un modo d'essere diffuso, una dimensione paralizzante che ha colpito una generazione sconfitta, una sensibilità rivolta all'interno, tutta narcisistica (e in questo infantile) che crea solo "falso movimento". Nel viaggio, che è alla base di questo romanzo, non viene data importanza a luoghi e paesaggi che vengono visti quasi per dovere dai due protagonisti, non c'è appunto conoscenza, scoperta (funzioni proprie del viaggiare, dell'osservazione del mondo, dell'altro da sé) quanto il bisogno di cercare pretesti, situazioni esterne che facilitino quello che non si ha la capacità di realizzare da soli: insomma un romanzo in cui domina la staticità dell'anima dentro un continuo movimento del corpo.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Andrea De Carlo

1952, Milano

Scrittore italiano. Ha viaggiato molto: parte per gli Stati Uniti, abitando a Boston, New York, Santa Barbara e Los Angeles, dove insegna italiano e fa altri lavori che racconterà nel suo primo romanzo.Successivamente si stabilisce in Australia lungo le tappe descritte in Due di due: Sydney, Melbourne e il Queensland. A questo periodo risale la stesura di due romanzi che De Carlo non pubblica, perché li considera "esercizi di ricerca e formazione". Torna in Italia, dove vive a Milano e Roma. Nel 1981 l'editore Einaudi pubblica Treno di panna, già scritto in inglese con il titolo Cream Train. Italo Calvino ne cura la quarta di copertina e diventerà anni più tardi un film diretto da De Carlo (il protagonista è Sergio Rubini), la cui trama riporta...

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