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Una vera delusione. Già la prima parte della saga mi aveva convinto poco. Questo secondo capitolo poi è troppo lento nella prima parte, troppo frettoloso nella conclusione. Ma cosa ha intenzione di comunicare Fois con questa trilogia? L'unico aspetto ben curato sembra la descrizione della città di Nuoro, con la sua evoluzione nel corso del '900, ma è di interesse molto limitato. Leggetevi Il Sole dell'avvenire se volete apprezzare una vera saga familiare italiana
L'inizio del libro è lento, ostico, con scrittura nervosa e visione corta, ristretta. Fois si concentra sui microdettagli del suolo e della flora sarda in maniera un po' troppo ossessiva, fin forzatamente morbosa. Poi, quasi inaspettatamente, il romanzo si scioglie, come si sciolgono i cuori dei personaggi. La trama segue vie poco scontate e la scrittura ci racconta di rapporti profondi ma difficili e delle diverse visioni della vita da prospettive anagrafiche diverse. Si case in basso, ci si rialza, si ricade , ci si rialza, e tra questi due limiti si trova il tempo di mezzo. Eccezionale e commovente la figura del nonno Michele Angelo, che tutti avremmo voluto avere nella vita reale. Mi ha ricordato alcuni romanzi americani (ho rivisto pezzi di Libertà di Frenzen), ma purtroppo un po' troppo asciutto, sardo. Consigliato.
Ho apprezzato tanto questo libro:i paesaggi,i personaggi,i sentimenti,le emozioni,i riferimenti storici.Ho gustato appieno le sue pagine,che in alcuni punti diventano POESIA
Recensioni
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Finalista Premio Strega 2012 e Premio Campiello 2012. C'è qualcuno che parla di crisi della letteratura italiana. C'è chi asserisce che gli autori che appartengono alla generazione dei quaranta/cinquantenni, pur avendo scritto buoni o talora ottimi libri non hanno alle spalle - ora che dovrebbero tirare le fila del loro lavoro - una produzione organica com'è accaduto per gli scrittori che li hanno preceduti, da quelli della neoavanguardia ai protagonisti del "riflusso" dei primi anni '80, della postmodernità, posizionata fuori dai movimenti.
Giudizio direi falso. E forse anche tendenzioso.
Dovendo trovare un nome per contrastare questa affermazione, eccolo: il cinquantaduenne Marcello Fois.
Il percorso narrativo di Fois, coerente e lineare, ha raggiunto l'apice con il romanzo Stirpe (pubblicato nel 2009) e ancora viaggia, con Nel tempo di mezzo, ai vertici di una piramide costruita lentamente con le opere precedenti. Ha frequentato in questi anni le strade della Sardegna guardando questa sua terra in molti modi, descrivendone la durezza e la forza, il fascino e il male, soprattutto la storia. Una storia che, pur essendo parte di quella d'Italia, se ne discosta come "un mondo estremo, un nulla appena accennato", come pensa Vincenzo, il protagonista del libro, la prima volta che vede l'isola su una cartina geografica.
I lettori di Fois hanno già conosciuto il padre di Vincenzo, Luigi Ippolito Chironi, nel precedente romanzo Stirpe (leggi la recensione), che proprio di questa famiglia narrava le alterne fortune, ma Vincenzo è figlio della guerra mondiale, orfano, ed è per metà friulano: dal Friuli arriva e di quella terra porta dentro molto ("quando sei cresciuto in un istituto, in Continente, non puoi venire su come un essere qualunque"). Dopo anni di attesa, ecco la scoperta di un mondo che gli appartiene per nascita ma non per esperienza. Ed è dall'armonizzazione di queste due radici che nasce qualcosa di nuovo: un universo "duro e crostoso" come a volte è il terreno sardo, accanto a un'idea diversa di durezza, decisamente nordica e non insulare.
"La sofferenza è come la felicità - ha detto Fois in una recente intervista - non sono atti gratuiti, costano sempre qualcosa e soprattutto vanno insegnati."
Lo sa bene la famiglia Chironi, lo sanno gli unici sopravvissuti di un ceppo colpito dalla malasorte: il nonno e la zia - "la qualità di quelle tragedie era commisurabile solo in rapporto al fatto che la fortuna era stata generosa con i Chironi, ma aveva fatto pagare cara quella generosità". Anche a Vincenzo (che Fois chiama "Ulisse" nel suo ritorno in patria) era costata cara: un'infanzia in istituto e ora un viaggio nel nulla in piena guerra mondiale, che solo sfiora quell'isola nel Mediterraneo.
Ma non per questo la Sardegna è un Eden raggiunto, tutt'altro: malaria, fame, povertà, fatica e dolore. La rappresentazione continua del castigo divino, con tanto di bibliche piaghe.
I Chironi hanno a lungo combattuto contro tutto questo, vincendo qualche battaglia, ma perdendo la guerra. Con Vincenzo tutto potrebbe ricominciare e la Sardegna stessa — siamo negli anni Cinquanta — sembra cambiare, liberarsi finalmente dal giogo della miseria. Poi le cose si complicano, la speranza si inaridisce e persino l’amore si prosciuga. Ma non tutto è perduto. Il destino decide che la famiglia Chironi dovrà avere ancora un futuro, un futuro con un nome nuovo. Va bene, si ricomincia.
A cura di Wuz.it
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