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Anno edizione: 2019
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Con mano lieve e luminosa, Paola Capriolo delinea una figura immensa e piena di ombre, quella di Mahler. Pagine rivelatrici che sono un apologo sull'amicizia tra generazioni, sulla possibilità di incontrarsi e rinascere se ci si ascolta davvero.
«Ma finché è vivo, si domandava Marie, un uomo che bisogno ha del silenzio?»
Il 12 settembre 1910, alla Neue Musik-Festhalle di Monaco, Gustav Mahler dirige la prima esecuzione della sua Ottava Sinfonia, interpretata da un organico di quasi mille elementi. In platea, un pubblico d'eccezione: da Henry Ford a Thomas Mann fino alla bellissima Alma, moglie del compositore. Meno di un anno dopo, in maggio, Mahler si spegne a Vienna. Ha solo cinquant'anni. Nelle stesse ore, mentre la primavera scioglie le nevi sui prati del Tirolo, una ragazza segue i suoi ultimi istanti attraverso la stampa, commossa eppure consapevole che per Gustav giunge finalmente la pace. Lei è Marie, nipote quindicenne dei proprietari del maso dove Mahler ha trascorso le ultime tre estati, incaricata di accudirlo quando il Maestro ha disdegnato le undici stanze della casa e scelto per sé la più bizzarra delle sistemazioni: una capanna in mezzo al bosco, lontano da tutto. Piano piano, nel silenzio, il candore della fanciulla e il tormento del musicista hanno dato vita a un dialogo capace di rivelarli a se stessi. «Io credo nel bene, non nel male; però non riesco più a credere nella sua vittoria, e soprattutto non riesco a credere nell'ordine. Forse per questo non ho mai voluto scrivere una vera sinfonia, ma il rimpianto di quella forma, che sentivo così prossima al tramonto» dice il Maestro. E Marie, che di musica non sa nulla, può mostrargli però tutti i colori della foresta al crepuscolo. Una figura immensa e piena di ombre, quella di Mahler, che Paola Capriolo delinea per noi con mano lieve e luminosa, lungo pagine rivelatrici che sono un apologo sull'amicizia tra generazioni, sulla possibilità di incontrarsi e rinascere se ci si ascolta davvero.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Conoscendo e amando da tempo la scrittura della Capriolo, non ho potuto che gioire nel vederla applicata alla figura e alla musica di Mahler. Tre estati sono il tempo necessario ad incrociare e legare le vite del compositore e dell’adolescente Marie. Per Mahler sono anni di dubbi ed angosce, successivi alla perdita della figlia e condizionati dalla paura di essere abbandonato dall’adorata Alma, musa ispiratrice e donna idealizzata, ormai insofferente alla devozione del consorte. La fede nella compiutezza e nella trascendenza cede il passo al rimpianto e alla consapevolezza della fine imminente, riversati nella nona e nella decima (incompiuta) sinfonia, forma (ordine) musicale che Mahler persegue ad omaggiare, pur percependone il prossimo tramonto. Marie lascia l’infanzia, il tempo delle fiabe (ancora echeggiate nei lieder del Canto della Terra) per entrare nell’età adulta. La sua freschezza attrae e consola il maestro, che a sua volta le regala una consapevolezza di sè e del mondo che le rende doloroso e inaccettabile il destino scritto da altri nell’ambito chiuso della famiglia. Finzione e dati storici si mescolano felicemente in pagine sorrette dall’eleganza stilistica della Capriolo, il cui lascito ultimo al lettore è l’invito all’ascolto dell’opera di Mahler con rinnovata e struggente adesione.
il libro ripercorre gli ultimi 3 soggiorni estivi di Mahler a Dobbiaco in cerca di silenzio e solitudine. Il musicista è visto attraverso gli occhi di Marie, una ragazzina semplice e ingenua che abita nel maso e osserva a volte piena di ammirazione, a volte perplessa, la travagliata composizione delle ultime sinfonie ed anche il rapporto ambiguo e drammatico fra Mahler e la moglie Alma. Il libro non può aggiungere nulla alla biografia di Mahler (Marie è un personaggio immaginario) ma è suggestivo proprio per il punto di vista e per la ricostruzione poetica dell'ambiente della val Pusteria : la Capriolo con la sua scrittura sempre elegante cesella paesaggi e stati d'animo, inserendo anche pagine in prima persona in cui il musicista esterna dubbi e tormenti della sua anima lacerata.
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