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Anno edizione: 1991
Anno edizione: 2015
Sullo scenario di una Sardegna orgogliosa, un rincorrersi di voci che si intessono e si intricano sfumando nel favoloso, tracciano la storia dell'anarchico e proletario Tullio Saba.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Romanzo breve, intenso e formidabile per l'abilita' di Atzeni di tracciare profili precisi e definiti. Localita' sarde sconosciute ai piu' come le miniere di carbone tra Guspini e Arbus fanno da sfondo alla ricerca del passato di un uomo, scomparso per certi e fuggito secondo altri. Dei facili entusiasmi degli anni del fascismo e del disastro del dopoguerra resta poco da immaginare: il danno economico e sociale fu cosi' grande da non togliersi piu' di mezzo.
Bello! Una pluralita' di commenti diversissimi danno alla fine l'idea di chi era 'il figlio di Bakunin' e di qual era la sua comunita'
Bel libro. Se non sbaglio è il secondo romanzo di Atzeni, dopo Apologo del giudice bandito (Sellerio 1986). E' molto diverso dal primo anche se riconosce la mano dell'autore. Più realistico e narrativo, la vicenda è raccontata da voci diverse con esiti anche molto diversi rispetto allo scopo del narratore che indaga su vita e morte di Saba, minatore e attivista politico sardo del primo Novecento. La riuscita del racconto è appunto lo straniamento che deriva da questo insieme discordante di testimonianze. Lo stile è realistico, con capitoli per lo più brevi e concisi. Non è un caso che Gianfranco Cabiddu ne ha ricavato il film omonimo.
Recensioni
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recensione di Spirito, P., L'Indice 1991, n. 7
"Vai a Guspini, i Guspinesi hanno buona memoria, era un loro compaesano, sanno tutto, se chiederai racconteranno. E scoprirai quel che resta di un uomo, dopo la sua morte, nella memoria e nelle parole altrui". Già nelle prime frasi de "Il figlio di Bakunn* sono racchiusi e riassunti la trama e il significato del secondo romanzo breve di Sergio Atzeni (classe '52, sardo di nascita e di penna), dopo il fortunato esordio nel 1986 con l'"Apologo del giudice bandito", pubblicato sempre da Sellerio e sempre nella collana "La memoria ".
Se nell'"Apologo" Atzeni ha dato prova di saper plasmare e ricreare in favola la materia storica con un'abilità stilistica che ricorda molto da vicino il più recente Consolo, ne "Il figlio di Bakunn* si discosta dalle atmosfere mitiche della terra d'origine quel tanto che basta per dare al racconto un taglio meno epico e allusivo ma più partecipe, più emotivo. E il risultato conferma le buone capacità dello scrittore, certo uno dei nomi più promettenti nel panorama della cosiddetta narrativa giovane.
Il racconto è ambientato nella Sardegna dei nostri giorni, dove un ragazzo avvia un'indagine personale per scoprire chi era Tullio Saba, l'uomo conosciuto in gioventù da sua madre prima del matrimonio. Registratore alla mano, il giovane comincia a intervistare tutte le persone che hanno conosciuto Saba, detto appunto "il figlio di Bakunn". La struttura formale del testo segue la semplice trascrizione delle registrazioni: le testimonianze dirette si susseguono una dopo l'altra, svelando poco alla volta la storia di un minatore affamato di libertà sia prima, che durante e dopo la guerra e il fascismo sull'isola. L'architettura corale della narrazione è poi arricchita e felicemente complicata dai contraddittori dell'istruttoria, dalle versioni contrastanti, dai pareri ora discordi ora coerenti, dai ricordi sfumati o dilatati. Comparse e protagoniste al tempo stesso, le figure chiamate a recitare aggiungono ricordi al ricordo, e brandelli di vita si innestano nell'ordito più vasto di un'altra esistenza. L'effetto è quello di un gioco labirintico dove la verità sfugge ogni volta che appare a portata di mano, la pedina - il giovane intervistatore che rimane anonimo e solo alla fine compare direttamente sulla scena - si sposta seguendo gli scarti temporali del caso, e il racconto si fa metafora del raccontare.
Lavorando sul linguaggio con l'uso continuo, ma non esagerato, di vocaboli e motti tratti dall'idioma sardo, Atzeni riesce - senza inciampare in regionalismi di maniera - a creare una suggestiva polifonia di voci narranti. Meno, però, di quanto avrebbe forse potuto se avesse adeguato con più decisione il gergo al carattere dei personaggi.
Assassino, ladro e ribelle, anarchico indomabile, capopopolo illuminato, musicista fallito, amante irresistibile, genio di raffinata sensibilità o spirito rozzo e corruttibile: il figlio di Bakunn è tutto ciò e forse nessuna di queste cose. Anche di fronte alla rivelazione finale la realtà resta sospesa, per l'autore, per il lettore, per il giovane indagatore: "Non so quale sia la verità, se c'è verità. Forse qualcuno dei narratori ha mentito sapendo di mentire... O, ipotesi più probabile, sui fatti si deposita il velo della memoria, che lentamente distorce, trasforma, in favola, il narrare dei protagonisti non meno che i resoconti degli storici".
Sullo scenario di una Sardegna orgogliosa, un rincorrersi di voci che si intessono e si intricano sfumando nel favoloso, tracciano la storia dell'anarchico e proletario Tullio Saba.
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