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«Tutta la storia» per i lettori di più generazioni di fan, dagli orfani del mitico Derby Club ai giovani spettatori delle ultime avventure, non solo teatrali, del protagonista.
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Ultimamente ho visto due documentari interessantissimi. “Enzo Jannacci Vengo anch’io” di Giorgio Verdelli e “Io noi e Gaber” di Riccardo Milani, entrambi ben fatti raccontano di una Milano che non esiste più, la Milano del Derby, della nebbia, di un gruppo di amici che hanno segnato fortemente una parte del costume e della cultura degli anni sessanta del secolo scorso, mi riferisco soprattutto a Dario Fo, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Adriano Celentano. Autori che prenderanno strade diverse pur rimanendo sempre amici. Aurelio Ponzoni, detto Cochi faceva parte di quel gruppo che ruotava intorno al Derby insieme a molti altri (Renato Pozzetto, Lino Toffolo, Diego Abatantuono, Felice Andreasi, Massimo Boldi, Giorgio Faletti, Gino e Michele, I Gufi, Bruno Lauzi e molti altri). L’autobiografia di Cochi scritta insieme a Paolo Crespi è piacevolissima, si legge d’un fiato. Scopriamo (o almeno scopro io) che quel “giro” non frequentava soltanto cantanti, attori o cabarettisti, ma artisti del calibro di Fontana, Rossello, Cassinari, Crippa, di scrittori Dino Buzzati, Luciano Bianciardi, Umberto Simonetta. Di giornalisti del calibro di Beppe Viola. Bianciardi di Iannacci scriverà: "Mi misero in prima fila, e così vidi bene la faccia spigolosa di questo ragazzo, isolata dalla chitarra che sembra che sembra un collarone di Pierrot.” Al Derby Cochi conoscerà e racconterà di Gianni Rivera, Padre Eligio, Gigi Riva e diversi malavitosi ben noti nella milano degli anni settanta (Francis Turatello, Renato Vallanzasca). Cochi ha girato un film nel 1976 con la mitica Jane Birkin (“Bruciati di cocente passione” di Giorgio Capitani) racconta di una “… donna e una collega intelligente divertente, spiritosa, fuori dagli schemi. Una che non si prendeva per niente sul serio e con cui era facile stabilire un rapporto alla pari, di complicità quasi cameratesca.”
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