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15 giugno1952 è lo spartiacque che segna un prima e un dopo nella vita della dodicenne Annie Ernaux. L'autrice ricostruisce mirabilmente la vita nella Francia rurale del dopoguerra, bigotta e classista. Un libro che esprime lo stile dell' autrice nella sua massima forma.
Bello, vero e scorrevole... da leggere per capire!
E molto interessante lo consiglio vivamente
Recensioni
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A cura di: Il Rifugio dell'Ircocervo
“Mio padre ha voluto uccidere mia madre una domenica di giugno, nel primo pomeriggio”. È con questa sentenza lapidaria che Annie Ernaux avvia la narrazione della sua opera autobiografica. Il romanzo (se così lo si può definire) prende le mosse da un episodio di violenza domestica – mai sfociato in un vero e proprio omicidio, pur essendoci andato vicino – vissuto dall’autrice come uno spartiacque tra l’età infantile e la vita adulta.
Non è la prima volta che la Ernaux affronta le proprie esperienze private attraverso la letteratura. Le sue opere sono un delicato ibrido tra l’autobiografia strettamente personale e la narrazione storica universale. In Una donna ha raccontato della perdita della madre, Il posto è dedicato al padre, in Gli anni ripercorre decenni di storia francese attraverso le sue esperienze personali, e così via in un percorso letterario che in Italia conduce alla recente pubblicazione di La vergogna, vent’anni dopo la sua uscita in Francia.
Il 15 giugno 1952, la Ernaux ha assistito a un crudo atto di violenza subito dalla madre per mano del padre. L’impatto psicologico di questa esperienza l’ha spinta a reinterpretare le logiche e le leggi del suo mondo e ad affrontare con occhi nuovi la vita, schiacciata da un pervasivo senso di vergogna per quello che sa e che non può raccontare. L’autrice traccia un affresco della sua cittadina d’origine e del collegio in cui è cresciuta, raccontandoci entrambi gli ambienti con la prospettiva del “prima” e del “dopo”: prima della violenza, dopo la perdita dell’innocenza.
Prima il mondo sembrava girare in una direzione chiara e lineare, dentro le regole di una vita umile, tra il rispetto dell’autorità familiare e della religione. Dopo le regole di quel mondo pare non valgano più, ogni gesto ha un suo sottotesto, e la piccola Ernaux non è più degna di vivere a contatto con la purezza della gente e la superiorità del collegio religioso. È un dopo pieno di vergogna.
L’opera manca di una vera e propria struttura narrativa – d’altro canto non pretende nemmeno di raccontare concretamente una storia. Non si tratta né di un romanzo né di un’autentica autobiografia, quanto piuttosto di uno strumento artistico tramite cui l’autrice affronta il suo passato rendendolo pubblico. Il lettore è depositario di un segreto, l’amico che si assume l’onere di custodire la confessione intima di una persona profondamente turbata. E non può che rimanere in silenzio, seguire il ritmo delle parole, immaginarsi la piccola cittadina francese in cui l’autrice è cresciuta, l’ambiente austero del suo collegio, l’ottusità provinciale degli anni ’50. Non è richiesta immedesimazione, quanto piuttosto una spontanea e diretta empatia.
L’ambiente e le esperienze raccontate dalla Ernaux sono lontane dalla quotidianità del lettore medio: descrivono con naturalezza la provincia francese prima dei grandi cambiamenti sociali degli anni ’60-’70, costruendoci attorno un piacevole affresco che ha poco da spartire con l’immaginario contemporaneo. L’autrice accompagna così il lettore in un viaggio della memoria, richiama una quotidianità passata che fa parte della nostra storia e la descrive nelle sue sfumature più sottili. È la dimostrazione empirica che non serve narrare una storia per affascinare.
La vergogna è al tempo stesso una lettura leggera e una confessione pesante, parla della Francia degli anni ’50 e di violenza domestica, mettendo in luce tutta la difficoltà che una persona deve affrontare per venire a patti con i propri traumi.
Recensione di Anja Boato
Melissa Dahl, giornalista scientifica americana, ha analizzato in un libro dal titolo ‘Che figura!’, in uscita nel 2019, la vergogna o semplicemente l’imbarazzo che ci procurano alcuni nostri comportamenti sbagliati. Spesso, sostiene la Dahl, ci sentiamo osservati e quindi giudicati anche quando questo non sta realmente accadendo. Esiste inoltre una sensazione definita ‘imbarazzo di seconda mano’ quando ci capita di essere testimoni di un comportamento sgradevole altrui. Per finire c’è quel ricordo che arriva di colpo per qualcosa che ci ha provocato vergogna nel passato. E proprio da un ricordo, acuto e disturbante, prende il via il libro di Annie Ernaux ‘La vergogna’: un violento litigio fra i genitori che rischia di trasformarsi in omicidio in una domenica di giugno del 1952. Un litigio del quale la dodicenne Annie è testimone.
Nota per aver fatto della propria vita privata la base sulla quale costruire narrazioni che abbracciano la cultura, la storia e la realtà socio-antropologica della sua nazione, la Ernaux ci regala un quadro lucido e impietoso del paese di Y., poco lontano da Rouen. La rigida divisione in classi sociali, la fervida religiosità di sua madre, l’eterno scontento del padre, il negozio di generi alimentari con bar annesso che è casa e bottega per la sua famiglia, i suoi studi presso una rigida scuola cattolica, severa e classista, dove Annie ha compagne di classe, ma non amiche. Il desiderio sempre frustrato dei genitori di elevarsi al di sopra della propria modesta condizione sociale.
Dall’episodio del terribile litigio fra suo padre e sua madre, per la giovanissima Annie ogni cosa, di colpo, si ammanta di vergogna e benché, come sostiene l’autrice: “Non esiste un’autentica memoria di se’.” è comunque vero che: “Nella vergogna c’è questo: la sensazione che possa accaderci qualsiasi cosa, che non ci sia scampo, che alla vergogna possa seguire soltanto una vergogna ancora maggiore.”
Scritto in un linguaggio limpido e tagliente, La vergogna ci presenta, attraverso i ricordi frammentari ma nitidi della Ernaux, la ricostruzione di un anno speciale.
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