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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2014
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Concordo assolutamente con chi dice che Biamonti sia sottovalutato. L'evocazione della sua terra, il modo nostalgico con cui la racconta, il vento che culla, picchia, ferisce, accompagna: è tutto qui ed è tutto già lontano. Si resta sempre un po' fuori dalla storia ma credo che in questo caso contino molto più le parole.
La scrittura di Biamonti è minerale, scaturisce dalle pietre e dalla terra stesse dei luoghi che descrive. Vi attinge la sua penna allo stesso modo degli ulivi e dei pitosfori. Il paesaggio, di una generosità ruvida, asciutta, severa, è protagonista in tutte le sue espressioni più accese dei suoni, dei colori, dei profumi. Questo suo essere estremo e definitivo lo rende signore e padrone, arroccato e chiuso in se stesso, con lo sguardo rivolto all’orizzonte, fino al mare, in un’osservazione priva di giudizio. E’ lui che con la sua forza primitiva tiene radicata a sé la sua gente appartata, che guarda anch’essa al mare come a un desiderio e a una possibilità non sufficiente. E’ sempre lui il testimone indifferente del tempo, dei cambiamenti, di un’umanità che resta, imprigionata, e di un’umanità nascosta, di passaggio, che solo l’attraversa come in una processione laica prima di scomparire verso altri destini. Uno scrittore d’altri tempi e d’altri mondi, Biamonti, capace di grandi suggestioni, che fa del silenzio un suono, una voce, un linguaggio capace di raccontare la Liguria dell’entroterra, terra di confine, la sua resilienza i suoi passeurs.
Ingredienti: l’attività di un “passeur” ligure di clandestini verso la Francia, il silenzio di un paesaggio fatto di boschi, vento e mare, la vita in un paese di confine con pochi contatti sociali e poche opportunità di lavoro, uno stile ombroso, scarno e sfuggente come un mestiere ormai tramontato. Consigliato: a chi si nutre di silenzi e solitudini, a chi convive con la fatica e la natura.
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