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Anno edizione: 2000
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La valle dei Cavalieri è una zona di antichi borghi medievali fortificati e si trova sull’Alta Val d’Enza e Val Cedra, fra le odierne province di Parma e di Reggio Emilia. Lì è ambientato l’omonimo romanzo di Raffaele Crovi con cui viene narrata, dal punto di vista di Lino Lodi, la storia di quasi un secolo della nostra nazione, dal disastro di Dogali del 1887, in cui le nostre truppe furono massacrate dagli etiopici, al tragico periodo degli anni di piombo. In questo arco di tempo piuttosto lungo il protagonista, ormai novantenne, rievoca, fa riemergere il ricordo degli eventi salienti della sua lunga vita, indubbiamente personali, ma che si innestano e si intrecciano con vicende nazionali, sì che la piccola storia dell’individuo confluisce nella grande storia di un paese. Nulla di nuovo, si potrebbe dire, perché già diversi narratori hanno inteso raccontare gli avvenimenti di rilievo della nostra nazione parlando della vita di altri, come per esempio Sebastiano Vassalli con i suoi riuscitissimi romanzi Cuore di pietra e Le due chiese; tuttavia, Crovi, che si nasconde dietro l’io narrante Lino Lodi (ma la trama non è autobiografica), ne approfitta per portare avanti un discorso sul senso della vita, sulle immancabili connessioni con la realtà di ogni giorno, che si riflette su di noi, ma che anche è un nostro riflesso. Il personaggio è un uomo che si è fatto da sé, da umile garzone a ricco possidente, da autentico credente a politico che vuole improntare alla religione stessa le sue scelte, un essere umano con diversi pregi, ma non immune da difetti, un Signore lo si potrebbe anche definire, cioè un degno discendente di quei vassalli dei Canossa per conto dei quali amministravano nei borghi della Valle dei Cavalieri. Le pagine scorrono veloci, ripassando anche un po’ della nostra storia, un’opportuna rinfrescata per sprofondare ulteriormente le nostre radici e per cercare di gettare le basi del futuro su ciò che è stato e per ciò che siamo ora.
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