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Con L'ultima caccia, Grangé torna alle atmosfere del romanzo che gli ha regalato la notorietà, I fiumi di porpora, e tesse una storia ricca di suspense e colpi di scena, dove gli orrori del passato sono la chiave per risolvere gli enigmi del presente.
«Una storia scritta a regola d'arte, un romanzo che vi terrà col fiato sospeso fino all'ultima pagina» – Le Figaro Magazine
«Un colpo da maestro, Jean-Christophe Grangé ritorna alle atmosfere dei "Fiumi di porpora" regalandoci un romanzo ipnotico sulle insidie nascoste nei legami di sangue» – l'Opinion
«"L'ultima caccia" ci conduce nella profonda oscurità dell'animo umano, rivelandone i lati più terribili. Un romanzo squisitamente inquietante e imperdibile» – Marie Claire France
Nel cuore della Foresta nera, dove gli alberi fitti formano un dedalo inespugnabile, il buio non ha confini. È un buio che non lascia scampo e non perdona i passi falsi, come quelli commessi dal giovane Jürgen von Geyersberg, rampollo di una nobile e stimata dinastia. Quando il suo corpo viene rinvenuto con evidenti segni di mutilazione, è subito chiaro che si tratta di un efferato omicidio di cui può occuparsi una sola persona: il detective Pierre Niémans, l'uomo perfetto per risolvere casi spinosi che richiedono sangue freddo e riservatezza in ogni fase dell'indagine. Perché è importante che non trapeli alcun dettaglio e si impedisca alla stampa di ricamare sopra le vicende di una famiglia tanto rispettabile. Con l'aiuto dell'allieva Ivana Bogdanović e del comandante Kleinert, capo delle forze dell'ordine tedesche, Niémans si mette sulle tracce degli assassini, individuando, grazie al suo intuito infallibile, una valida pista da seguire: è quella della pirsch, un misterioso rituale venatorio che sembra risalire ai Cacciatori neri, un gruppo di criminali senza scrupoli assoldati da Himmler durante la seconda guerra mondiale per rintracciare ed eliminare gli ebrei. Ma più il tempo passa, più questa pista, all'inizio tanto promettente, si perde in sentieri secondari che sviano la polizia rischiando di far naufragare le indagini. Ma una nuova battuta di caccia sta per cominciare. Per arrivare alla verità, a Niémans e ai suoi non resta che stare al gioco e trasformarsi in predatori, prima che siano loro a diventare prede. Jean-Christophe Grangé si conferma uno degli autori di thriller più amati dai lettori. I suoi libri, tradotti in trenta lingue, occupano sempre i primi posti delle classifiche internazionali e il suo ultimo successo non fa eccezione. Con L'ultima caccia, Grangé torna alle atmosfere del romanzo che gli ha regalato la notorietà, I fiumi di porpora, e tesse una storia ricca di suspense e colpi di scena, dove gli orrori del passato sono la chiave per risolvere gli enigmi del presente.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il comandante Pierre Niémans e il tenente Ivana Bogdanović vanno in missione nella Foresta Nera per collaborare con il commissario tedesco Fabian Kleinert sul brutale omicidio del giovane Jürgen von Geyersberg, il cui cadavere è stato trovato decapitato ed eviscerato. Le ricerche si allargano ai diversi membri della famiglia, la sorella Laura e l’anziano zio Franz, che vive in un fiabesco castello, ma che è confinato su una sedia a rotelle. Una pista che si arena. Quando spunta un gigantesco molosso, un Cerbero scaturito dagli inferi, che per poco non sbrana Niémans, le indagini prendono un’improvvisa svolta. Il cane è un röetken, una razza il cui allevamento è stato bandito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (WWII) e di cui non dovrebbero più esistere esemplari in Germania. Sono riesumati atroci episodi di WWII: nel 1941 Himmler aveva fatto rilasciare criminali e li aveva arruolati in una brigata, i Cacciatori Neri, che in Ucraina e Bielorussia avevano distrutto centinaia di villaggi, bruciando con il lanciafiamme intere popolazioni, bambini compresi. Per 4 anni avevano diffuso morte e distruzioni agli ordini di Oskar Dirlewanger, comandante folle e alcolizzato. Forse questo corpo era stato segretamente ricostituito e operava ancora nella foresta alsaziana. Le vicende si complicano con la scoperta di un secondo cadavere, il cugino Max, orribilmente sfigurato come nel caso di Jürgen. Grangé, come in precedenti lavori, sa tessere un romanzo noir ricco di suspense e di colpi di scena, con maestria e senso del dramma, fino all’inaspettato e drammatico epilogo. Sono passati i tempi eroici degli investigatori senza macchia o paura: qui sia Niémans che Bogdanović hanno un passato traumatico, fatto di infanzia abbandonata e traumi psicologici che si portano appresso. Niémans è troppo forzato: si scatena in violenze contro presunti sospetti sì che lo si deve ammanettare. Inoltre, iniziare il romanzo con la quasi morte di Niémans, è roba da fumetti della Marvel!
Grangé si conferma un autore di grande valore: la scrittura è incisiva e fluida, le pagine scorrono in maniera veloce e congruente, l’attenzione del lettore è sempre viva. Una trama davvero interessante, che tocca anche un tema molto scottante e controverso, risalente alla seconda guerra mondiale: gli eccidi e le scorribande dei Cavalieri Neri di Oskar Dirlenwanger, un corpo speciale creato da Himler per dare la caccia a partigiani e rifugiati nei territori più impervi dell’Est europeo. Nel romanzo di Grangé gli echi di quei rigurgiti neonazisti sono funzionali alla rappresentazione di un mondo quasi feudale, legato alla nobile famiglia dei von Geyersberg. Veramente consigliato, al solito quando si tratta dell'autore dei celebri Fiumi di Porpora.
Di positivo: stavolta Grangé pesca un po' meno nel torbido e nel grandguignol a tinte forti. Il romanzo scorre bene e si fa leggere con piacere. Sa scrivere, ma su questo non si potevano avere dubbi. L'ambientazione è efficace. L'epilogo biografico di Niemans vale quanto il resto del romanzo. Di negativo: molti elementi sono buttati lì senza uno scopo preciso se non quello di titillare l'immaginazione del lettore senza peraltro darvi degno seguito. Il plot, come altre follie di Grangè, è inverosimile. Inoltre come ho già notato in altri romanzi, Grangé ha il vezzo di citare nomi e tipologie di armi scrivendo però enormi stupidaggini: a pagina 298, nel bel mezzo del climax della "scena" finale, viene disinserita la sicura di una Glock 21, peccato che quell'arma non abbia alcun tipo di sicura manuale inseribile o disinseribile e mi chiedo, ma perchè scriverlo? Che bisogno c'è? In conclusione gli assegno 3 stelle, pur essendo conscio che si potrebbe attribuirgliene una in meno senza fargli torto. Consigliato solo agli appassionati.
Recensioni
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