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recensione 1/2 Dopo tanto ho trovato il tempo per leggere la trilogia. Puntualmente è tutto il contrario di quello che mi aspettavo e sinceramente è stata una delusione. Per carità lo scrittore scrive bene: il libro è scritto in punta di penna, le pagine scorrono veloci Scritto in maniera autoreferenziale è un omaggio a New York, a se stesso con continui rimandi autobiografici; un continuo omaggio ai libri, alla comunità degli scrittori, alla cultura, ai suoi autori preferiti? Alcune parti e descrizioni sono veramente godibili e degni di un alto valore letterario, purtroppo senza coerenza visto che nelle pagine seguenti scende veramente in basso. Questo per quanto riguarda la forma: scendendo nella sostanza il libro mi ha lasciato più dubbi che altro. Questo lavorare continuo con doppi, doppioni, giochi di specchi, di parole, cose che sembrano e non sembrano è semplicemente stucchevole e noioso. Se all'inizio può sembrare un gioco divertente a cui partecipare alla lunga diventa noioso e ripetitivo sinceramente non se ne capisce nemmeno il senso. Ma anche cercando il senso profondo delle storie abbiamo sempre i soliti discorsi: chi si vuole isolare, chi vive lontano dalla folla, chi c'è e chi non c'è, qualcosa che sembra e non sembra e chi più ne ha più ne metta. Per esemplificare ne cito solo una: nella seconda storia, uno dei personaggi è black. Quando ormai il lettore medio è quasi convinto che in realtà black sia white, dicevamo black va in un locale e come scotch cosa prende? Naturalmente black & white!!!Questa si che è arte, un adolescente al terzo anno di liceo in preda a vanità artistico letterarie avrebbe fatto di meglio. Ancora: il discorso finale di Fanshwe nelle ultime pagine della terza storia è semplicemente ridicolo.
avevo parlato troppo presto...alla fine ho capito (quasi) tutto...non è comunque bello come altri di auster
i racconti partono tutti bene e si concludono nel nulla...forse sono io che non li ho capiti...
Recensioni
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