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"Ancora nessun arresto?"
Una madre decisa a trovare l'assassino della figlia comincia ad adottare metodi inusuali e piano piano anche contro la legge
«Divertente, brutale e bello da togliere il fiato» – Empire
«Coraggioso e sfacciato» – The Guardian
«Scritto e interpretato magnificamente» – The Telegraphe
Sono passati mesi e l’omicidio di sua figlia è rimasto irrisolto, così Mildred Hayes decide di smuovere le autorità, commissionando tre manifesti alle porte della sua città diretti a William Willoughby il venerato capo della polizia locale. Quando viene coinvolto anche il suo secondo ufficiale, Dixon, ragazzo immaturo e dal temperamento violento, la battaglia tra Mildred e le forze dell'ordine di Ebbing è dichiaratamente aperta.
Premi
Oscar [Academy Awards] 2018: Miglior attrice protagonista a Frances McDormand - Miglior attore non protagonista a Sam Rockwell
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
E' un film ben girato, gli attori sono bravi, la fotografia è stupenda e la colonna sonora è ottima. Quello che mi lascia critico, è l'ossessione per alcuni stereotipi che affligge da anni Hollywood: possibile che in un film non possa più esserci un personaggio bianco e maschio che sia positivo? Fateci caso: in questa pellicola i rari "buoni" non appartengono a tale categoria. I poliziotti bianchi sono tutti razzisti, violenti e omofobi. Padre Montgomery, sarebbe il rappresentante di una lobby di pedofili e pertanto senza diritto di parola. La Signora Dixon, esponente delle vecchie generazioni, è una donna bianca, malvagia e incarnerebbe il vecchio Dixieland, razzista e bifolco. Poi ci sono i "buoni": Red Welby, il gay misericordioso, che offre l'aranciata con la cannuccia al suo aggressore ustionato; Denise, la brava amica di colore, messa in galera per ritorsione; Abercrombie, il nuovo capo della polizia, ovviamente anche lui di colore, bravo e giusto; Jerome, l'altruista ragazzo addetto alle affissioni, anch'egli nero. Non paghi, hanno inserito nella storia anche il personaggio di James, affetto da nanismo e quindi discriminato. Dispiace constatare che ormai qualsiasi storia, anche la più valida, debba sempre essere un pretesto per veicolare il politicamente corretto, il woke e tutto il mainstream d'oltreoceano. E' come se l'ambiente hollywoodiano, espressione del mondo liberal progressista statunitense, si sia data la missione "didattica" di rieducare l'umanità. Certi ambienti radical chic, tipici del mondo dello spettacolo e della cultura, appaiono ammantarsi di una pretesa superiorità morale. Si tratta dell'eterna tentazione gnostica: da una parte gli "eletti", i soli col diritto di infrangere le regole, dall'altra gli psichici da illuminare e gli ilici, gente senza speranza di redimersi. Il film ha comunque un buon messaggio di fondo: odio genere odio. Solo l'amore può salvare dalla spirale del male.
Film che con sottile ironia e al tempo stesso acuta profondità scava nell'America profonda portando alla luce il controverso tema del razzismo tra bianchi e neri. Assolutamente da vedere per la bravura degli attori e le battute fulminanti. L'insensatezza degli stereotipi sulla razza ne esce ridicolizzato.
Il film dell'anno. Seguo il regista da anni, ma il suo stile era sempre stato un po' pulp, un po' scanzonato. E invece... Una volta iniziata la pellicola si resta rapiti dal film: la fotografia, le musiche, ma soprattutto i personaggi e le loro storie. Volano via 2 ore, e vorresti che fossero almeno 4, 6, una serie TV, un romanzo lunghissimo. Non ti basta, non ti sazia solo un film. Quanta vita, quanti dolore, quanta cinica ironia. Un mondo senza santi, nel quale essere decenti diventa una lotta di principi. Capolavoro.
Recensioni
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Una commedia profonda che cerca e trova l'anima dell'America sotto l'intolleranza acuta e la mentalità settaria
Trama
Mildred Hayes non si dà pace. Madre di Angela, una ragazzina violentata e uccisa nella provincia profonda del Missouri, Mildred ha deciso di sollecitare la polizia locale a indagare sul delitto e a consegnarle il colpevole. Dando fondo ai risparmi, commissiona tre manifesti con tre messaggi precisi diretti a Bill Willoughby, sceriffo di Ebbing. Affissi in bella mostra alle porte del paese, provocheranno reazioni disparate e disperate, 'riaprendo' il caso e rivelando il meglio e il peggio della comunità.
Al suo terzo film, Martin McDonagh conferma una visibile impronta: infiltrare la tragedia dentro la commedia nera. Tre manifesti a Ebbing, Missouri sposa la pratica prediletta ma sposta più avanti la riflessione.
Ebbing odia, la polizia non spara
Una commedia nera come non se ne vedevano da tempo. Il nuovo film di Martin McDonagh fa ridere e riflettere: un mix di comico e tragico che fa centro, con una McDormand da Oscar
Tre manifesti a Ebbing, Missouri è la miglior commedia nera da molti anni a questa parte. Ed è anche il miglior dramma. Com’è possibile? Chiedetelo a quello scatenato di Martin McDonagh (In Bruges, Sette psicopatici) che riesce a ipnotizzarci usando semplicemente quegli elementi che poi sono alla base del cinema: emozioni forti, personaggi complessi, sceneggiatura audace e cast da Oscar.
Se Frances McDormand non ne porta a casa un secondo, dopo quello conquistato nel 1997 per Fargo, l’Academy è da denuncia: è ora di fare una statua a questa donna. O almeno di darle un’altra statuetta, perché è assurdamente brava e non se l’è mai tirata: «Quando morirò, sulla mia tomba ci sarà scritto “Qui giace Marge” (il suo personaggio nel film dei Coen, ndr) e va bene così perché è un personaggio meraviglioso, ma posso dirvi che Mildred è una Marge cresciuta».
Mildred Hayes è la protagonista di Tre manifesti, una madre ferita e incavolata che decide di affiggere i cartelloni del titolo per richiamare l’autorità locale alle sue responsabilità: a sette mesi dallo stupro e dall’uccisione della figlia adolescente, infatti, non c’è traccia di un colpevole né di un sospettato. Nel film l’attrice è dolente ma incontenibile, ha la forza distruttiva di Hulk e la sete di vendetta di un’Elettra moderna: usa un trapano per bucare il dito di un dentista, lancia i cereali al figlio che la insulta a colazione, prende a calci i suoi amici a scuola e dà persino fuoco a una centrale di polizia.
Nella piccola cittadina di Ebbing la legge porta il nome di Chief Bill Willoughby e del suo vice Jason Dixon, interpretati da altri due fuoriclasse: senza nulla togliere allo sceriffo di Woody Harrelson, autore di una serie di lettere che nel loro mix di comico e tragico riassumono alla perfezione lo spirito della pellicola, l’altro a meritarsi l’Oscar è Sam Rockwell, uno per cui McDonagh ha già scritto ruoli divertentissimi nei suoi film precedenti, ma che non ci ha mai regalato una performance tanto ricca di sfumature come questa. Non riuscirete a odiare il suo poliziotto cocco di mamma, violento e razzista, che però scongiura l’effetto caricatura: rude e spudorato sì, ma anche molto empatico.
Proprio come il suo bad cop, i personaggi sono tutti straordinari perché lontani dai cliché, dal dualismo buoni e cattivi, unicamente e dolorosamente umani. Tre manifesti è un’opera arrabbiata, ma non rabbiosa, è un western contemporaneo politicamente ed eticamente scorrettissimo. Non a caso Frances fa camminare la sua protagonista come fosse John Wayne.
Recensione di Benedetta Bragadini
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