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Chissà perché nella locuzione 'tra donne' - che implica una pluralità - si è comunque 'sole'? Domanda retorica, ovviamente. Lo stile di questo romanzo è alto rispetto al dialettale 'Paesi tuoi' che non mi aveva convinto del tutto; era la 'prova' letteraria che cercavo in Pavese che si è confermato, in effetti, un narratore dallo stile affinato e raffinato. Qui parte benissimo, purtroppo si fa presto noioso; i tiremmolla della modista Clelia e compagnia cantante non trascinano, non coinvolgono. Già al IV capitoletto ho perso interesse sia nei personaggi sia nella trama; non mi ha scaldato. Al terzo romanzo letto di Pavese, credo non insisterò oltre. Bella Torino.
Letto dopo Luna e i falò fa l'effetto di un mediocre Merlot dopo un bicchiere di Bordeaux: ti sembra cattivo, di sicuro peggiore di quel che è. C'è un che di forzato, di poco sincero, in questo romanzo "borghese" di fine anni 40. Anche qui il tema del ritorno ai vecchi luoghi, e dell'individuo orgogliosamente fatto da se, indurito dalle spallate date e ricevute, che può permettersi ora, scalato qualche gradino verso il paradiso del riconoscimento sociale, di guardare con meno ironia che disagio a questo suo ambiente acquisito, con il suo solito carico di ipocrisie, menzogne, invidie eccetera eccetera...Ma mancano quella sensazione di semplicità, spontaneità, urgenza che il lettore prova di fronte al grande romanzo. L'impressione è che P. Avesse qualche conto sa saldare con i festaioli della Torino-bene, e l'ha fatto. Missione compiuta.
Non lo so, non sono un critico letterario. Pavese lo leggo da anni: mi piace e mi annoia. E forse ciò che più mi piace di Pavese, è il fatto che mi annoia.
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