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Spencer Tracy picchiava duro con l'unico spezzone di remo rimastogli a bordo sugli squali che gli divoravano l'oggetto del suo riscatto: il marlin gigantesco. Anche Filippo picchia duro sulle mani dei poveri "clandestini" in cerca di un appiglio per salvare la propria vita. Questa metafora di Crialese è l'unico motivo che può far apprezzare una pellicola male recitata da una Finocchiaro troppo immedesimata nella Medea che non sarà mai e da un Beppe Fiorello monocorde ed inespressivo, ancorato alla "fiction" televisiva. Puccillo (piccoli attori crescono...) ancora non è al massimo della spontaneità necessaria per fare il salto di qualità che la sua maschera gli potrebbe consentire. Su tutti il bravo Cuticchio nei panni di chi non si arrende alla sciatta ed ormai patologica rappresentazione di un paese che perde giorno per giorno ogni ritegno. Degna di menzione è invece l'unica attrice non professionista, la vera protagonista Etiope, occhi profondi come l'abisso in cui precipita l'umanità che rifiuta di soccorrere i suoi simili. Crialese aveva una "Ferrari" da far correre sul mare turchino della selvaggia Linosa ma si è arenato sullo scoglio di attori che forse potevano dargli qualcosa in più. Da notare le interpretazioni di sè stessi dei due abitanti di Linosa, i quali hanno figurato in modo egregio al pari di professionisti. Vista la "location", la fotografia poteva essere più efficace. Da notare anche qualche sbavatura, tipo il ripescato con la bandana asciutta o le barche alla fonda con segnali luminosi non conformi. Per concludere, direi a mio avviso un film non indispensabile.
Inno alla vita, di Matilde Perriera. La pellicola di Emanuele Crialese, che ha vinto il premio della giuria alla 68° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e il Premio Pasinetti 2011,è stata esclusa dalla corsa agli Oscar del 26/02/2012. Il regista,con il titolo evocativo di TERRAFERMA,richiama moltissime connotazioni gnomiche incentrate sulla perenne insoddisfazione dei giovani, l'insanabile conflitto tra radici e modernità, la difficoltà dei rapporti interpersonali, la connaturata etica della cultura del mare,arrivando persino a stigmatizzare le ferite dell'immigrazione e delle prevaricazioni. Crialese coinvolge per 88 minuti con la scelta di personaggi che si scontrano,si osservano,infine si comprendono in un plot narrativo che,inizialmente,si sovrappone ai "Malavoglia" di Verga, ma, presto, la memoria incipitaria cede il posto alla memoria generativa e il film si carica di significanti più complessi. Paolo Bonfini ha scelto la scenografia di un'isola mai specificata, tanto piccola da non risultare sui mappamondi, nel momento in cui il turismo, modifica la mentalità degli abitanti; il regista ha scelto di chiamarla ISOLA perché voleva raccontare una realtà metaforica riferibile a qualsiasi luogo separato da tutto il resto verso cui tende chi è in disperata ricerca della terraferma interiore. Nel finale si avverte l'invito di aprire i cuori sordi affinchè si cancelli un mondo intriso di sangue e di morte.
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