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«In una città che visito per la prima volta assaggio l’acqua di una fontana pubblica e il pane di un forno. Ogni posto distilla la sua acqua e ha le sue notti per cuocere l’impasto.»
«Il cibo ha una storia spaventosa, eroica, miracolosa. La scrittura sacra contiene narrazioni di provviste dal cielo. La parola fame è stata più temuta della parola guerra, della parola peste, di terremoti, incendi, inondazioni. Si è ammansita presso di noi l’ultima virata di bordo del secolo, permettendo insieme alla medicina la prolunga inaudita dell’età media. Si è costituita una scienza dell’alimentazione. Lentamente le porzioni si sono trasformate in dosi, le etichette forniscono l’apporto in calorie. Sono di un’epoca alimentare precedente a questa, basata sulla scarsa quantità e varietà. Mi è rimasto in bocca un palato grezzo, capace di distinguere il cattivo dal buono, ma povero di sfumature intermedie. Ho le papille del 1900. Qui ci sono storie mie di bocconi e di bevande, corredo alimentare di un onnivoro.»
Così scrive nella premessa Erri De Luca, che subito ci conduce fra odori e sapori che raccontano di lui ma anche di un mondo perduto di pranzi della domenica al profumo di ragù, di pasti consumati in cantiere e nei campi base in ascesa sulle vette, e di osterie, dove le generazioni si mischiavano, “stanze di popolo”.
Un mondo che si fa materia e trasmissione di cultura anche grazie alle ricette della nonna Emma e della zia Lillina, trascritte dalla cugina Alessandra Ferri e condivise con i lettori. Le pagine trovano un contrappunto negli interventi del biologo nutrizionista Valerio Galasso, che riprende dal punto di vista scientifico queste storie di cibo familiare, approfondendone il valore e offrendo una chiave per un sano comportamento alimentare.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un libro molto simpatico e carino. Infatti il bravo Erri De Luca ci parla di episodi della sua vita legati al cibo. Lui, napoletano ma lavoratore giramondo, ha conosciuto le tavole povere e il cibo essenziale. Il pane, il sale (così legato al suo amore per il mare), la frutta, il latte, ma anche il vino che tanto fa allegria se bevuto in compagnia. Qualche storia risalente ai suoi vari lavori (ha fatto anche il muratore) e a ricordi della sua infanzia. Poi tra un capitolo e l’altro ci sono gli interventi del biologo nutrizionista, Valerio Galasso, che di seguito alla narrazione di De Luca su un dato cibo, parla di quell’elemento, di quel cibo, dal punto di vista nutrizionale e scientifico, ma in modo piacevole e vivace, e con l’invito ad un approccio sano al cibo. Insomma non si tratta di un romanzo ma si può dire una raccolta di storie, piacevole e interessante. Infine, a corredo, una serie di ricette tipiche napoletane, da copiare con …golosità! Buona lettura!
interessanti punti di vista
Siamo quello che mangiamo: mai frase risulta meglio indovinata per sintetizzare quanto parte abbia il cibo nel corso della nostra esistenza. Mangiare non consta solo nell’atto di nutrirsi: significa appartenere al luogo dove ci si sfama, carpirne gli umori, le essenze, la storia, gli influssi sui popoli e sulle persone che quel cibo hanno prodotto, coltivato, curato, spesso inventato di sana pianta, per soddisfare il più elementare dei bisogni primari. Ben lo comprende Erri De Luca, lo scrittore napoletano scarno, asciutto, dismesso ed essenziale tanto nella sua prosa che nella sua persona, con una costituzione fisica, un incarnato che sembra visivamente disconoscere al cibo una soverchia importanza. Invece, il mingherlino De Luca restituisce al cibo tutto il suo valore nutriente, lo scrittore napoletano è persona tanto essenziale quanto sensibile, è un poeta sotto una scorza di montanaro riarso, sa ascoltare attentamente le emozioni della vita, finanche le suggestioni che può trasmettergli un semplice tocco di pane, recepisce appieno il senso di quanto porta alla bocca, a piccoli pezzi o forchettate di maggiore raccolta. De Luca ci offre la manna della sua scrittura, riporta la voce del cibo, non il chiacchiericcio che il o i commensali si scambiano tra sé e tra loro tra una portata e l’altra attorno al tavolo, i suoi sono pensieri e riflessioni proprio intrinseci al cibo e alla valenza umana di questo. Si apparecchia qui una grande abbuffata, di quelle che allietano e non stordiscono, un pasto deliziosamente pantagruelico ma leggerissimo, che scivola via lasciandoti in forma, il cibo è l’innesco della memoria e lo stimolo al raccontare e raccontarsi. A piccole dosi o a grandi portate comunque ogni pietanza possiede un sapore solo suo, dolce, amaro, irritante, delicato, esattamente come mille sapori ha la vita. Che va assaporata, sempre, a spizzichi o a bocconi, scegliendo le pietanze giuste, gli ingredienti genuini, le dosi esatte.
Recensioni
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