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Anno edizione: 1989
Anno edizione: 2016
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ottimo libro se si cercano delle parole diverse dal solito. Io l'ho trovato sinceramente stimolante.
Recensioni
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recensione di Catalano, G., L'Indice 1990, n. 1
"Lo spazio è un dubbio" scrive lapidariamente Georges Perec in conclusione al suo libro: è il dubbio dei luoghi che non esistono più. Occorre fermarli, conquistarli, trattenerli. Occorre scrivere, perché scrivere significa "cercare meticolosamente di trattenere qualcosa". Specie di spazi appartiene tutto alla sfera di questo tentativo, operato attraverso l'inventario dei diversi tipi di spazi: dal piccolo al grande, dal vicino al lontano, dal concreto all'astratto. Dalla pagina scritta, intesa come unità spaziale del libro, alla città, all'entità Europa fino alla dimensione onnicomprensiva del mondo.
L'allusione ironica e leggermente provocatoria, contenuta già nella forma allitterante del titolo, trova subito conferma all'inizio dell'ardita impresa che il volumetto si propone di attuare: per evidenziare il problema dello spazio e del rapporto con la letteratura, Perec intraprende il suo excursus con un esempio prettamente empirico: lo spazio letterario è prima di tutto lo spazio della pagina o, per meglio dire, della materia stessa con cui essa viene fabbricata, cioè la carta. Come ovvia conseguenza di questa equazione lo scrittore propone di calcolare quanti ettari di foresta sono occorsi - moltissimi, di certo - per stampare gli incalcolabili fogli dei libri di Alexander Dumas padre. Ma l'oggettivizzazione materiale si spinge ancora oltre. La scrittura viene usata come fenomeno di natura essenzialmente fisica: scrivere significa occupare una porzione di spazio e la conferma dell'intrinseca essenza di questo rapporto è offerta in un gioco di identità fra il segno linguistico e la sua collocazione spaziale: la parola verticale è scritta in verticale, una lettera dopo l'altra, la parola margine viene posta al margine della pagina, e così via. Ma qual è il senso di questa congettura? La realizzazione dell'identità fra spazio e scrittura, ostentata attraverso la resa visiva della loro connessione, vuole forse ammonire coloro che intendono affermare l'inesistenza del problema o che lo trattano come un aspetto del tutto secondario dell'universo letterario.
In realtà il fine dell'esperimento di Perec e di osare un approccio con la scrittura che vada oltre i limiti della scrittura stessa. Parlare dello spazio nella letteratura significa forzare le regole della sua composizione. La letteratura si appropria dello spazio tramite l'allusorietà del mezzo linguistico; quindi, parlare dello spazio significa confrontarsi con il problema della designazione, la possibilità di definire con un nome il mondo degli oggetti. È perciò che Perec scrive un libro sull'evidenza. E su questa ovvietà che la sua scrittura lavora servendosi della trasparenza della lettera per rinviare a tutto ciò che solo apparentemente è in possesso del nostro sguardo e della nostra conoscenza. "E evidente, certo" dice Perec "ma cosa non è evidente? ". L'ossessiva inclinazione al catalogo, uno stile che si articola per eccessi paratattici di lunghissimi elenchi, corrisponde al desiderio di rianimare una percezione secondaria, facendo della descrizione una purissima arte del trascrivere.
Il risvolto ludico del libro di Perec, che si inserisce in modo tutto particolare nel genere saggistico - l'autore 'saggia' tipi diversi di spazio - unisce all'ironia dell'inventariazione quasi asettica un senso della fuggevolezza che sembrerebbe a prima vista estraneo in un autore così gagliardamente lanciato nel gioco degli artifici letterari. Invece è proprio un senso di profonda malinconia ciò che lascia la lettura di questo libro. Lo sforzo di trattenere corrisponde esattamente alla sua impossibilità, al senso delle cose che fuggono, cambiano, si perdono, sfumandosi nella memoria che solo per illusione contiene tutto esattamente, come aveva voluto credere lo stesso Perec, progettando un elenco di tutte le camere da letto che gli sono appartenute, anche solo per una notte.
Lo spazio, che non è possibile pensare, è lo spazio dell'appropriazione dell'esperienza. Perciò, come viene detto alla fine del volume, esso corrisponde all'azione dello scrivere.
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