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Anno edizione: 2022
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Libro finalista al Premio Napoli. Saggistica 2022
Per tanto tempo le donne sono state abituate a sentirsi incapaci e senza talento. La memoria delle loro opere non ha contato. Per illuminare uno spazio cosí fuori campo non basta aggiungere nomi, né la soluzione è cancellare il passato. Piuttosto, servono altre parole e nuove inquadrature.
«Nel volume, dalla scrittura limpida al pari delle argomentazioni proposte, s'incontrano Virginia Woolf e Doris Lessing, Alice Munro e Annie Emaux, Ruth Bader Ginsburg e Toni Morrison, Alba de Céspedes ed Elena Gianini Belotti, Carla Lonzi e Luisa Muraro, senza contare i tanti riferimenti al cinema e all'arte. Il messaggio, però, è politico, ancor prima che culturale: l'augurio, allora, è che la politica sappia recepirlo, e agisca.» – Eliana Di Caro, Domenica - Il Sole 24 Ore
Per molti secoli sono state ritenute interessanti solo le opere e i libri degli uomini, mentre le donne sono state addestrate a non avere talento. Sono state silenziate, dimenticate, messe fuori. La soluzione ora è ricostruire l'intero campo su cui si gioca la partita della cultura. La tesi di fondo di questo libro è: come smettere di considerare il mondo solo in termini maschili. Uscire da questa "naturalezza" e da questa "normalità" pregiudiziali non è un obiettivo polemico, ma un'opportunità critica di crescita e di confronto, anche interculturale. Per smettere di considerare il mondo e la cultura solo in termini maschili non si tratta di guardare il paesaggio culturale del Novecento, per esempio, aggiungendo anche le donne, né di ripetere la logica dell'harem, dell'aiuola, o del club per soli uomini. Bensí di far contare la presenza e l'importanza delle donne, anche quando sono state ammutolite o oscurate.
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La Brogi analizza l'"inconciliabilità" dell'essere donna con l'essere scrittrice. Per troppo tempo non è stato riconosciuto il giusto spazio a figure rilevanti della nostra storia, nascondendo la loro bravura.
L’autrice esplora il termine chiave di “spazio”, inteso come campo di espressione e verifica delle identità, occupato dalla fisicità delle donne, dal loro operare concreto e quotidiano, e soprattutto dalla loro narrativa. Prevalentemente rinchiuse in ambienti limitati e separati dal mondo esterno (salottini, cucine, camere da letto, orti, collegi, monasteri), sono rimaste bloccate in complessi di insicurezza e sfiducia. Dalla stanza tutta per sé reclamata da Virginia Woolf al “pezzetto di giardino” conquistato da Sibilla Aleramo, dallo studio reclamato da Alice Munro al tinello di Grazia Deledda, ecco che “la domanda di spazio, come dispositivo fisico e simbolico di un riconoscimento sociale” indica l’esigenza di possedere un luogo proprio, dove potersi riconoscere in quanto soggetti liberi dal dominio esercitato sui loro corpi. Gli spazi destinati alle donne hanno funzionato per migliaia di anni come “cifra di un destino imposto”, che le ha costrette a vivere in “recinti di minorità”, fuori dagli spazi professionali pubblici. Si deve rileggere la storia delle donne sia relativamente allo spazio che non hanno avuto, sia a quello che hanno affettivamente avuto, ma che “è stato reso invisibile, irrilevante, dimenticabile, o persino caricaturale”. Cosa fare, quindi, e come reagire per recuperare la visibilità e l’identificazione sottratta al mondo femminile, facendone emergere capacità e ingegni inabissati? Daniela Brogi propone di cambiare linguaggi e prospettive, sfruttando qualsiasi interstizio che permetta forme diverse di espressione, mappando tutte le occasioni in cui si professi cultura e si elaborino strategie di intervento politico, occupando ambiti istituzionali trascurati, riscoprendo la sapienza e il coraggio di autrici dimenticate, utilizzando attivamente ogni “fuori campo” alternativo, multietnico, extra-generazionale.
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