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Un saggio sulla solitudine, quella benefica e quella distruttrice che in fondo si incontrano per fondersi. A tratti il libro risulta pesante, ma in ogni caso ricco di spunti su cui riflettere e da cui trarre approfondimenti di sorta
Se è vero che un libro deve essere un'ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi, come ha scritto Kafka, questo breve saggio ha compiuto il suo dovere. Pur non essendo un romanzo o una raccolta di poesie, infatti, questo libricino mi ha accompagnata in un viaggio prezioso all'interno di me stessa e degli abissi universali dell'animo umano. La guida di questo cammino è stato ovviamente Eugenio Borgna, noto esponente della psichiatria fenomenologica, che con delicatezza e lodevole cura prende per mano il lettore e lo conduce in giro per i campi sconfinati delle emozioni umane, servendosi anche di incontri fruttuosi con i grandi maestri dell'umanità. Così si ha l'occasione di rincontrare vecchi amici come Emily Dickinson, Etty Hillesum, Simone Weil, Ingmar Bergman, Leopardi, Goethe, Holderlin, Teresa d'Avila (solo per citarne alcuni), ma anche conoscerne di nuovi (per me è stato il caso del teologo Xavier Thevenot che imperdonabilmente mi era del tutto ignoto). Tutti accomunati dall'aver scavato nelle profondità insondabili della propria anima, consegnando al genere umano specchi in cui ritrovarsi, "balsami per le ferite", nutrimenti per saziare la fame di bellezza che ci contraddistingue come persone. Tuttavia, per questo viaggio (e per quello più importante della vita) è necessario essere soli: una solitudine che non è isolamento negativo e talvolta coincidente con uno stato depressivo (ciò è più volte ribadito dall'autore), ma una solitudine creatrice che consente di aprirci all'altro-da-noi con più consapevolezza. «Conosci te stesso», dunque, è il tanto antico e sempre nuovo consiglio, la sua conditio sine qua non ritagliarsi spazi e tempi di solitudine, aperta (è bene ripeterlo) all'alterità, perché l'io diventa io a contatto con il tu.
La solitudine è una condizione esistenziale che ogni essere umano sperimenta nel corso della sua vita, perché ogni individuo, anche se ha molte relazioni interpersonali, si ritrova solo con la propria interiorità che è necessariamente distaccata da quella degli altri anche se con questi ultimi si ha una profonda intimità. Eugenio Borgna, il più grande psichiatra fenomenologico italiano, dedica il suo libro a questo argomento e sin dall’inizio tende a distinguere la solitudine dall’isolamento. La prima è una condizione esistenziale che può presentarsi nella vita in seguito ad abbandoni, lutti e malattie oppure è un attributo che appartiene a personaggi eccezionali come religiosi, mistici e santi. L’isolamento invece è descritto da Borgna come una situazione in cui la persona è ripiegata nel proprio mondo interiore, pietrificata ed dissociata dalla realtà; questa seconda forma di solitudine è riscontrabile in alcune psicopatologie come la depressione e la schizofrenia in cui l’angoscia del malato si esprime nel ritiro autistico in sé stesso. Il libro non vuole essere un trattato di psichiatria con etichettature e classificazioni, ma l’Autore si avvale di quanto prodotto dalla poesia, dalla letteratura e dalla filosofia per descrivere l’anima umana solitaria. Vengono così citati autori come Emily Dickinson, Frederich Nietzsche, Giacomo Leopardi, Frederich Höderlin, Antonia Pozzi che molto hanno riflettuto sul senso dell’esistenza umana e hanno sofferto sulla propria pelle il distacco e l’incomunicabilità con le altre persone. Anche la timidezza è un tratto caratteriale che spesso si associa alla solitudine, ma Borgna, critico della terapia farmacologica, pur utile in certi casi di psicosi e depressione, la concepisce come espressione gentile della personalità in un mondo, quello attuale, sempre più frenetico e veloce in cui c’è poco spazio per l’ascolto dell’altro anche da parte di chi dovrebbe farlo come professione. Il libro è consigliato a tutte le anime sensibili.
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