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Nel 2005 il regista Robert Rodriguez, usando raffinate tecniche digitali e attori che sembravano usciti dalle pagine, realizza un gioiello di “cinecomic”, Il primo film dove è la celluloide che onora la carta stampata e non viceversa. Come nei fumetti i seguiti al cinema sono piacevoli se sì la formula si ripete, ma si aggiunge qualcosa di nuovo. Non è questo caso purtroppo. Eva Green nell’episodio centrale che dà il titolo al film è una perfetta e sensuale dark lady ma purtroppo il resto non è allo stesso livello di perfezione e anche Mickey Rourke che ripropone il suo Marv annoia invece di appassionare.
Tutto è caratterizzato dal surreale, al grottesco; dalle azioni, ai salti impossibili, alle botte prese, tutto è a vantaggio del fumetto. Ma tutto deve essere considerato con la massima serietà. Come in pochi altri film, non ci rendiamo conto di chi sia buono o cattivo. Lo spettatore è confuso; l'ordine delle cose sovvertito. Se alcuni poliziotti sono dei delinquenti, i politici sono anche peggio. Ci sono solo persone meno cattive di altre. Gli ingranaggi sono oleati al meglio e tutto gira alla perfezione. La fotografia non può lasciare indifferenti: bianco e nero metallico con sprazzi di colore che rendono l'idea del fumetto. Alcune inquadrature sembrano tavole che prendono vita. Tutti gli attori offrono delle prove eccezionali, difficilmente ripetibili. Sono tutti identici alle controparti disegnate.
Come il primo Sin City, il film è visivamente affascinante. La tavole di Miller prendono vita sullo schermo e non lasciano indifferenti. Eva Green è effettivamente uno spettacolo nella sua interpretazione della femme fatale e tutti i personaggi funzionano nella descrizione di questo mondo corrotto, dove non c'è speranza per nessuno e i buoni muoiono (ammesso che ce ne siano). Resto però dell'idea che, non so perché, la graphic novel funzioni di più nel rappresentare la violenza
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