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E' una serie di ricordi di Antonia bambina o poco più, della sua famiglia, sia di quella del papà di origine armena, sia quella della mamma, romana. Di Armenia c'è qualche accenno, nulla più.
Presentato come un nuovo capitolo della Masseria delle allodole in realtà, il libro, è un amarcord della scrittrice, che percorre la sua vita dall'infanzia in piena guerra, fino alla fine degli anni sessanta. I ricordi della "bambina invecchiata" sono a volte intimi e passionali, a volte scherzosi e lapidari. Frequenti i riferimenti alle sue radici armene, grazie soprattutto ai racconti del nonno Yerwant. Appassionante la scoperta del potere dei libri. Sempre piacevole ed accattivante la sua scrittura anche se a volte gli episodi raccontati sono piuttosto banali.
Recensioni
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Antonia Arslan ritorna bambina, anzi ritorna ad essere la Bambina che viveva a Padova durante la seconda guerra mondiale. Mentre i ricordi riaffiorano con dolcezza e un velo di malinconia, una famiglia numerosa e variopinta riempie le pagine di questo romanzo carico di sensibilità. Il nonno Yerwant con le sue storie di paesi lontani, il padre, medico affermato, così sicuro dell’intelligenza e del luminoso futuro della sua amata figlia, i fratelli compagni di scorribande, la zia Henriette con il suo melodioso italiano, i numerosi cugini…figure umane interessanti che popolano i ricordi dell’infanzia e tra le quali spicca la bellissima mamma Vittoria, donna lunatica e indipendente, di cui tutti si contendono amore e attenzioni. Sfrontata e a tratti irraggiungibile, Vittoria tiranneggia con eleganza sulla famiglia e travolge tutti con la sua voglia di vivere e di rompere le regole – notevole l’episodio in cui trafugò mezzo maialino infilandolo sotto il cappotto, fingendosi una partoriente e ingannando così i nazisti.
E mentre la mamma continua ad affascinare, la Bambina invecchia e si fa prima adolescente insicura, poi ragazza interessante che scopre l’amore, la voglia di viaggiare e soprattutto la passione per i libri e la lettura, a cui si dedicherà con ardore e dedizione, cambiando il corso della propria vita: “Leggere, leggere. Non si può vivere senza un libro, non si può affrontare una sala d’attesa, uno studio medico, una burocrazia, una coda in Comune senza avere in mano quel prezioso talismano, la porta sempre aperta verso altri mondi, verso l’Altrove. Non un altrove di sogno, tutto colori pastello e romantici drappeggi, albe cariche di rugiada e tramonti abbracciosi, cuori e capanne, tempeste e sospiri; ma l’altrove del quotidiano degli altri, della vita degli altri e di tutti, la calda vita che ha colori infiniti e trame sempre uguali” (p. 129).
Una finestra sulla vita di Antonia Arslan, autrice padovana di origine armena, divenuta celebre con il bestseller La masseria delle allodole (2004), di cui questo ultimo romanzo rappresenta un nuovo capitolo. A cavallo tra due culture, l’autrice rievoca la magia e il misticismo dei parenti medio-orientali e la vivacità e l’ardore dei familiari italiani, riuscendo a creare un quadro realistico, intimo ed interessante. Nel romanzo traspaiono sentimento e nostalgia, nonché un senso di gratitudine verso il proprio passato; toccante e a tratti poetico, lo stile riesce a trasmettere il trasporto e la condiscendenza che si prova nell’osservarsi da fuori e, con la saggezza dell’età, riconoscere le sciocchezze dell’infanzia e rivedere le paure del crescere. “I ricordi, usciti dalle loro scatole, dilagano nel cuore e prendono possesso della mente” fino a diventare immagini vivide che l’autrice riesce a trasportare sulla pagina e a far rivivere al lettore, trasportato dentro e fuori dalla villa padovana dove si intrecciano storie di famiglia: amori, litigi, incomprensioni e complicità, ma soprattutto legami che durano al di là del tempo e dello spazio.
Recensione di Chiara Barra
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