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La lettura non mi ha preso in maniera particolare, ho trovato difficile capire le ambientazioni, in quanto l'autrice passa dal presente al passato in maniera repentina. La protagonista invece mi e' piaciuta, una donna di carattere anche se fragile nell'accettare i cambiamenti che la vita gli offre. La sua determinazione la porta ad ogni modo a trasformare una vecchia fattoria abbandonata in una moderna azienda vinicola.
Un libro delicato dal ritmo lento, come tutte le cose belle occorre del tempo per apprezzarle, l' ho letto con piacere perché ogni pagina ti fa vivere l'atmosfera di un mondo lontano quando la vita scorreva con altri ritmi e con altri valori, ti fa riflettere sul dramma della mancanza di comunicazione fra persone apparentemente molto vicine, un ottimo lavoro
Mi ha deluso. Sicuramente un libro ben scritto con uno stile elegante e formale ma ho fatto fatica ad arrivare all'ultima pagina. Come Premio Campiello mi aspettavo un po' di più.
Recensioni
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Se esiste una misteriosa, inspiegabile affinità tra i luoghi e chi li sceglie per abitarvi, allora La Bandita è davvero il posto giusto per la protagonista di Rossovermiglio, il bel romanzo d'esordio di Benedetta Cibrario, torinese di formazione ma toscana per nascita e soprattutto per scelta. Proprio come la giovane aristocratica che, cresciuta in una Torino congelata nella sua francesizzante eleganza, decide di stabilirsi, dopo il fallimento del suo matrimonio combinato, in una tenuta nel cuore della Toscana: malmessa, ma con il pregio, oltre al fascino del paesaggio, di chiamarsi La Bandita. Vale a dire, preclusa alla caccia: e lei, che si è sempre sentita selvaggina di passo, può considerarla casa sua. Ed è solo al crepuscolo della sua vita, coincidente con il tramonto di un secolo intero che sente l'esigenza di tornare indietro, per capire. Ma non in modo coerente e ordinato, piuttosto a salti, strattoni, impennate: come se la memoria, più che passeggiare quietamente nel passato, lo attraversasse a cavallo, secondo modalità a lei familiari.
Più volte si intersecano nel racconto, in rapido montaggio, i diversi piani temporali: il presente fattivo, di concretezza contadina, in cui si muove questa ottantenne disincantata eppure energica, capace di tirar fuori da una tenuta in abbandono un'azienda vinicola di fama internazionale; un passato che appare incredibilmente stratificato e, nella sua declinazione più remota, così lontano da sembrare alieno, appartenente a un'altra. È il passato di una bambina chiusa nel gesso di abitudini immutabili; di una diciannovenne esperta di cavalli ma totalmente inesperta della vita, che il 16 ottobre 1928 è andata a nozze con il conte Villaforesta; di una giovane donna che, in un noioso ricevimento parigino, ha visto Trott e ne è rimasta folgorata: Trott, il personaggio dal cognome impronunciabile e dalle misteriose attività che più volte incrocerà il suo cammino. I due futuri amanti si ritrovano in una sera di febbraio del 1939, suggestivamente ricreata nei colori, negli odori, nell'abbigliamento e nelle segrete aspettative dei personaggi; una sera di ordinaria mondanità eppure dotata di un'eccezionalità che verrà messa a fuoco soltanto con il tempo. Quante cose avrebbe potuto capire di Trott la protagonista e non ha mai voluto o potuto capirle; quanto avrebbe potuto capire anche del marito; e qualcosa capirà di lui solo nel loro ultimo incontro, dopo il casuale svelamento di una verità non difficile da intuire ma difficilissima da accettare. Eppure, questi uomini le hanno comunque lasciato qualcosa, ognuno a suo modo. Trott le ha insegnato a fare il vino, anche se i nomi che la protagonista sceglie sono veramente suoi. Come Lunediante, epiteto che si dà al pigro, allo svogliato e lei davvero si sente così "una lunediante dei sentimenti"; o Rossovermiglio, il colore, più che della passione, di un'impennata.
Il marito le lascia, in finale di partita, un'immagine di sé più intensa, anche se avvelenata: una donna che, per buona parte della vita, ha accettato il ruolo della principessa al ballo, per poi fabbricarsene un altro, quello della principessa ribelle che ha scelto la libertà nell'esilio. Ma senza mai sporcarsi con la realtà. Ritratto sicuramente ingeneroso, ma non si può negare che gli eventi della storia siano sempre scivolati su di lei, senza fare mai veramente presa. Il fascismo è riassumibile nella visita di Mussolini a Torino "un'imperdonabile caduta di gusto" ; la guerra ha portato disagi e privazioni, certo, ma non ha mai inciso in profondità; il 2 giugno del 1946, per ingannare il tempo dell'attesa ma di che cosa? come lei stessa dice di sé e dei suoi amici "non siamo stati educati ad avere una passione civile o politica" viene organizzata una gita a cavallo. Ma il destino, o meglio la narratrice, sa essere veramente beffardo, perché Trott sceglie proprio quel giorno per segnare la storia privata della protagonista.
E qui sembra profilarsi un'interessante quanto inattesa analogia con il libro di un'altra scrittrice, recentemente uscito nella stessa collana "Narratori" Feltrinelli, che affronta i rapporti tra storia e individuo. Mentre nel romanzo di Benedetta Cibrario è il privato delle persone, con il suo inestinguibile retaggio di ambiguità e di equivoco a fornire la prospettiva di lettura, lasciando la grande storia sullo sfondo, nel romanzo di Cristina Comencini è questa a stagliarsi in primo piano, anch'essa, però, con il suo corredo di omissioni e ambiguità. E se nella sua vecchiaia la protagonista di Rossovermiglio si aggira con la memoria alla ricerca degli inganni e degli autoinganni del passato, se la sua "illusione del bene" è totalmente privata, a Mario, protagonista del romanzo che proprio così s'intitola, L'illusione del bene, interessa addentrarsi, nella sua maturità, all'interno dei buchi neri della storia, quelli che sono sempre esistiti e hanno sempre continuato a risucchiare le esistenze individuali sotto l'attraente vernice del bene collettivo. Li accomuna, pur così diversi per molteplici aspetti, un identico bisogno di capire: un'esigenza maturata nel tempo, tormentosa quanto irrinunciabile. Maria Vittoria Vittori
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