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Anno edizione: 2020
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«Il telefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parse". "Riccardino sono", disse una voce "squillante e festevole", per dargli appuntamento al bar Aurora. Ma Montalbano non conosceva nessuno con quel nome... Un'ora dopo, la telefonata di Catarella: avevano sparato a un uomo, Fazio lo stava cercando. Inutilmente il commissario cercò di affidare l'indagine a Mimì Augello, perché "gli anni principiavano a pesargli" aveva perso "il piacere indescrivibile della caccia solitaria", insomma "da qualichi tempo gli fagliava la gana", "si era stuffato di aviri a chiffari coi cretini". Si precipitò sul posto, e scoprì che il morto era proprio Riccardino.»
Questo, in sintesi, è l'incipit di Riccardino, l'ultimo, atteso romanzo con protagonista il commissario Montalbano, che Andrea Camilleri ha voluto uscisse postumo. Il primo capitolo del romanzo è stato letto in anteprima il 16 maggio 2020 dallo scrittore Antonio Manzini, amico e allievo di Camilleri, in occasione del Salone del Libro Extra.
Un titolo così diverso da quelli essenziali ed evocativi e pieni di significato ai quali siamo abituati, in cui risuonano echi letterari. Riccardino segna quasi una cesura, una fine, ed è giusto marcare la differenza sin dal titolo.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Degna conclusione (?) di una saga imperdibile
Nonostante non sia il più apprezzato dei auoi romanzi, rimane comunque un bel giallo, piacevole da leggere e con una piacevole nota pirandelliana. E poi il commissario é sempre il commissario!
Ultimo libro dedicato a Montalbano con un finale particolare, molto diverso da come un lettore poteva aspettarselo. Molto particolare la commistione tra personaggio letterario e televisivo. Infine, una grande malinconia nel pensare che questo romanzo è postumo.
Recensioni
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Questa non vuole essere una recensione, come forse non lo sono volute essere mai neppure le altre. Se recensire vuol dire dare un giudizio allora, come si diceva durante più di un’occasione con gli altri membri di Luoghi di libri, chi siamo noi per dare dei giudizi? Da lettori possiamo esprimere il nostro gusto personale che può o non può incontrare quello di un’altra persona. Questa più di tutte le altre, non vuole essere dunque una recensione, semmai potrei provare a trascrivere per voi le emozioni che mi ha suscitato leggere “Riccardino”, il romanzo che mette fine alle avventure del Commissario Montalbano.
Scrivevo in un mio post, giorni fa, forse proprio in occasione dell’anniversario della morte del Maestro che la “sicilianità” è una filosofia di vita e che, Camilleri rappresenti per molti siciliani un “nonno” e che i suoi personaggi ormai appartengano al patrimonio culturale dell’isola e forse, dell’Italia intera.
Ho letto diversi romanzi e saggi di Camilleri ma era molto che non leggevo un Montalbano e devo dire che, forse a causa della mancanza di pratica, l’ho trovato all’inizio un tantino complicato. Mi sono messa nei panni di chi, non avendo le mie radici, si incammina nella laboriosa traduzione di una lingua che non gli appartiene ma che non può appartenere a nessuno in quanto inventata dall’autore. Sapendo che fosse l’ultimo e volendomelo gustare per questo più a lungo degli altri, l’ho letto quindi su due livelli: il primo livello era quello della traduttrice, cercando di riconoscere il vero dialetto siciliano (nella fusione di tutte le parlate che Camilleri ha miscelato nel suo “vigatese”) dalle parole di fantasia, onomatopeiche e assonanti create dall’autore. Quelle parole fantastiche (nella duplice accezione del termine in quanto sì frutto di fantasia ma anche meravigliose) prendevano senso all’interno della frase grazie al riconoscimento delle parole esistenti. Capite bene che leggerlo così è un processo più lungo ma anche molto gratificante.
La seconda lettura è stata quella della trama e qui devo dire che ho applaudito il genio di un uomo di ottant’anni che ha saputo mutare, cambiare ed evolversi fino alla fine: il regalo che Camilleri ci ha fatto con l’aggiornamento del vigatese, accompagnandoci per mano nella storia di una lingua che è diventata la storia di un personaggio e di una comunità intera che ormai fanno parte del nostro immaginario non solo di lettori ma anche di spettatori. Ditemi anche voi se non vi è impossibile leggere le battute di Catarella senza sentire la voce del Catarella della Rai. Immaginarvi Montelusa e Vigata come i luoghi che la Rai ha scelto per girare la serie televisiva del nostro commissario. Le espressioni di rabbia di Montalbano, la faccia che fa quando trova il bandolo della matassa.
In questo romanzo, che era stato pensato come un ultimo atto della storia d’amore tra il Creatore e la sua Creatura (e che poi infine così è stato per volere dell’Autore), la bravura del Maestro Camilleri, scrittore di teatro prima di tutto, vien fuori in maniera strabiliante. I dialoghi tra l’Autore e Montalbano, la figura dell’Altro da Sé (il suo doppio televisivo), traspaiono davanti ai nostri occhi e quasi ci confondono, finché alla fine tutto diventa limpido: l’avvenimento centrale su cui Camilleri vuole indagare non è un’altra indagine di Montalbano (in cui tra l’altro come egli stesso scrive, ma non per questo modifica, gli ingredienti sono già noti (Mafia, Chiesa, Stato e Droga). Il corpo di questo ultimo atto è il rapporto tra l’Autore e la Creatura che lo ha portato al successo: fino a quando il puparo può continuare a tenere le fila del suo pupo?
“Riccardino” l’ho letto lentamente, consapevole che sarebbe stato l’ultimo e che vi avrei trovato un addio o forse un arrivederci, perché la produzione di Camilleri che, sicuramente ha ispirato e ispirerà ancora molti, merita di essere letta e riletta per assaporare colori, suoni, sapori di una terra caleidoscopica come i popoli che l’hanno vissuta, una terra in cui dietro ad ogni parola c’è una storia da raccontare. E il Maestro tante ne ha raccontate, fino alla fine.
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