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Laura Pugno ci guida con passo sicuro e con una scrittura essenziale nell'esplorazione di un immaginario potente, affascinante, e forse profetico.
«Un romanzo sui confini dell'umano e sullo struggente sforzo che la lingua compie per oltrepassarli» – La Stampa
«Tessa aprì la porta sul buio del bosco»: così comincia La ragazza selvaggia, e davvero questo romanzo di Laura Pugno è tutto uno spalancarsi di porte sul buio: sul buio del bosco; sul buio del dramma della famiglia Held – la madre alienata dopo la sparizione della figlia adottiva Dasha e l'incidente in seguito al quale Nina, la gemella, vive in stato vegetativo; sul buio di Nicola Varriale, il cui padre generoso ed entusiasta – socio di Held in affari con la riserva naturale sperimentale di Stellaria – si è gettato ubriaco dal balcone; sul buio, finalmente, della protagonista Tessa, biologa, che vive in un container ai margini della riserva conducendo osservazioni e studi: una donna che ormai «abita la solitudine come un altro corpo». A lei toccherà la sorte di ritrovare casualmente Dasha, vissuta per anni nel bosco e ormai del tutto selvaggia. Questo romanzo che può essere descritto come una storia di revenant, o il racconto d'un groviglio di vite umane osservato con una compassione senza lacrime, ci interroga su che cosa è – attorno a noi, in noi – ciò che chiamiamo «natura»; sui confini tra l'umano e l'animale; sul senso di legami familiari frutto di scelte, o del caso, e non della carne.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Romanzo mirabile e anche di più di genere gotico-fantastico, su un tema molto affascinante quale quello dei gemelli e delle estreme dinamiche ambivalenti che nella coppia gemellare sempre s'instaurano. La catastrofe di Chernobyl è all'origine dell'intreccio, e della catena - quasi ferrea - di tragedie che ne seguono, come a un romanzo nero s'addice. Un borgo appenninico quasi privo di abitanti e bosco, molto bosco e ancora bosco sono il teatro dell'azione. La scrittura asciutta e fredda come un cristallo di neve che ti brucia il palmo della mano s'imprime nella memoria, senza lasciare scampo.
Un libro a cui è difficile star dietro, nel quale domina un marasma di confusione. Troppi personaggi per un numero così ristretto di pagine, il risultato è che nessuno viene sviscerato veramente, e infatti tanti filoni restano monchi, inspiegabilmente incompiuti e abbandonati. Molti inoltre gli aspetti appena accennati e mai davvero esauriti al completo. Resta infine quasi un disequilibrio tra il fulcro – la storia della ragazza selvaggia –, che viene quasi lasciato in secondo piano, e tutto il resto. Si arriva alla fine senza aver capito quale senso abbia avuto leggere (e scrivere) tale libro. Un romanzo sbagliato.
Recensioni
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