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Era tanto che era attratta da questo libro ma che rimandavo la sua lettura. Alla fine l'ho comprato e l'ho letto in un paio di giorni, coinvolta come prevedevo da una storia che mi incuriosiva parecchio come figlia di un medico della stessa generazione del Professore. La più amata è un libro scritto molto bene ma secondo me è di fondo un'occasione sprecata come tutte o quasi le autobiografie romanzate. La voce della bambina che è stata Teresa incanta come il coro delle sirene di Ulisse ma risulta poco credibile che sia diventata una donna adulta e quindi una scrittrice senza elaborare fino in fondo la figura del padre. Un padre descritto come ingombrante, padrone e bugiardo a cui l'unica cosa che sembra rimproverare è la perdita di un patrimonio immobiliare. Possibile che in tanti anni Teresa non si sia chiesta il perché di alcune sue scelte? Forse se trovasse il coraggio di scrivere di questo ne uscirebbe un libro davvero valido, se non altro per capire attraverso la storia di una famiglia una parte di storia di questo Paese.
Questo è forse il "romanzo manifesto" di Ciabatti, il più rappresentativo dell'autrice per stile e tematiche. A metà tra romanzo e autobiografia, non si capisce mai fino in fondo quanto ci sia di inventato nella trama e quanto la scrittrice abbia attinto dalla sua personale esperienza. La voce narrante, a dir poco insopportabile e aggressiva, è quella di una scrittrice che ha fallito dal punto di vista lavorativo, sentimentale e umano, e che ricerca la causa di questo fallimento nella sua infanzia e nel rapporto con la figura paterna dalla quale cerca di affrancarsi.
Mi sono registrata ora solo per poter rispondere ai commenti di chi definisce la scrittura della Teresa Ciabatti sgrammaticata, superficiale, scorretta anche nella punteggiatura. Non la conoscevo. Ho iniziato a leggere solo da 2 giorni il suo libro LA PIU' AMATA, e trovo spettacolare il modo in cui è scritto. Senza aver letto i commenti, avevo appena detto a un mio collega dell'ultimo corso di scrittura frequentato che SI, QUESTA SI CHE SI PUO' DEFINIRE SCRITTURA CREATIVA!! Aborro i professori di lettere che APPIATTISCONO i testi per renderli asettici e privi di personalità. Può andare bene a mala pena a scuola, ma la scrittura creativa di un adulto è ben altra cosa. Senza volermi paragonare a lei, anche io amo scrivere come parlo, in maniera schietta e colorita. E al liceo classico avevo sempre 9. Ma questa è solo la mia opinione. Brava Teresa, chiunque tu sia.
Recensioni
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Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Teresa Ciabatti pubblicava il suo primo romanzo - Adelmo torna da me, diventato film per la regia di Paolo Virzì con il titolo L’estate del mio primo bacio -, suscitando reazioni anche estreme nella critica.
È cambiata la sua scrittura, ma non è cambiata la forza provocatoria del suo atteggiamento nei confronti del mondo. È un bene? Di certo non è un male non adeguarsi e non voler rientrare nei ranghi a forza. Probabilmente è anche una scelta vincente, per lo meno lo è in questo caso, visto il successo del suo romanzo autobiografico, finalista al Premio Strega 2017 (fors’anche in odore di vittoria).
Un romanzo sulla provincia senza essere provinciale e – pensateci bene – sembra scontato ma non lo è affatto.
Ancora una volta lo scenario della vicenda è la Maremma: Grosseto e Orbetello, provincia vera con sacche di forte povertà e punte di estrema ricchezza. Si perdono case a carte, in provincia, si possiedono torri antiche e palazzi nuovi, ma al tempo stesso si vive con la gente semplice. Si desidera andare altrove – magari negli Stati Uniti come il padre della protagonista - e poi si torna. La provincia, dunque, e la famiglia. Le narrazioni del passato che nel tempo perdono veridicità e prendono fantasiose derive. E un’ombra: il lato oscuro che accompagna persone provinciali (per scelta) apparentemente perfette, potenti, al centro dell’attenzione e del successo.
Ma perché lo siano - e in particolare perché lo sia Lorenzo Ciabatti - lo si scopre poco a poco, pagina dopo pagina, nel racconto della figlia, bambina che diventa adolescente e che a sua volta fronteggia con stupore la verità. La soluzione? Forse la fuga nella Capitale che tutto nasconde. Che minimizza. Che relativizza. Forse. E ci troviamo a voler sapere come finisce questa vicenda di un gruppo di famiglia in un interno. Come finirà la storia meravigliosa e tragica della famiglia di Teresa Ciabatti?
Frasi brevi. Punti; poche parole; punti. Dialoghi rapidi e rapidi pensieri. È travolgente questo tipo di scrittura, mette anche un po’ di ansia. E innervosisce: quella bambina è davvero viziata e quella vita è davvero così ingiustamente privilegiata da fare rabbia. Ma poi, come sempre, facciamo pace con Teresa Ciabatti. Perché lei è provocatoria, a tratti insopportabile, ma sa scrivere e ci racconta la sua storia fino in fondo.
Recensione di Giulia Mozzato
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