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Anno edizione: 2004
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Un libro difficile, che vale però la pena di leggere. Nella prima parte Grass affastella piani temporali diversi: quelli dei tre personaggi storici coinvolti direttamente o indirettamente nell'affondamento della Wilhelm Gustloff, avvenuto il 30 gennaio 1945 (Gustloff stesso, a cui è intitolata la nave, Frankfurter che a Davos ha sparato e ucciso Gustloff, Marinesko che ha sparato i missili e affondato la nave), i tempi della madre Tulla, presente su quella nave e nata in un sobborgo di Danzica, dell'io narrante Paul, del figlio di Paul, Konrad. Una vicenda, quella della Gustloff che ha trovato poco spazio nella pubblicistica storica, largamente rivisitata e fatta propria, però, dai gruppi neonazi. Parliamo di una nave tedesca carica di profughi in fuga davanti all'avanzata dell'Armata Rossa, silurata da un sommergibile dell'URSS, di quell'URSS che sulla Germania Est avrebbe avuto, dopo il 1945, mano libera. E la contraddizione è vissuta e resa esplicita da Tulla, legata anima e corpo a quella vicenda, Tulla che, purtuttavia, esprime la propria devozione al "grande Stalin", convivendo con la memoria indelebile del naufragio. Il bilancio del l'evento fu drammatico. Si contarono quasi10.000 morti, tra cui 5000 bambini "con le gambette per aria", caduti a capofitto dalla nave e bloccati dai salvagente: il più grave naufragio mai avvenuto. Solo nella seconda parte, dalla matassa aggrovigliata del tempo - prende vita la storia di Konrad, figlio di Paul (l'io narrante), nipote di Tulla, che salda la propria vicenda a quella del "martire" Gustloff. Il libro è costellato da una serie di riferimenti a Danzica, Davos, Gotenhafen, Schwerin, Molln: il sobborgo di Danzica il lago e il castello di Schwerin, la statua di Lenin, il monumento (distrutto) a Gustloff, la città di Molln... Sarebbe utile poter contare su una edizione che contenga le immagini di tutti questi luoghi nei quali si sviluppa la vicenda, a cui aggiungere istantanee della nave e dei protagonisti storici.
difficile, veramente ostico da leggere soprattutto per chi come me non è affine a nomi/luoghi teutonici. la assenza di un qualsiasi tipo di pathos poi non riesce a catturare l'attenzione e mi sono spesso trovato mentre leggevo a pensare ad altro.E' l'unico testo di Grass che abbia letto e mi è sembrato di capire (lo stesso autore ne fa a volte cenno) che il libro sia stato scritto piu su spinta di terzi che per ispirazione personale. non cè mai trasporto ed arrivato al finale ho chiuso stancamente il libro, senza che abbia provato alcuna emozione. lo dimenticherò presto
Sono sempre più convinta che è una vera sfida per un traduttore cimentarsi con i libri di Grass, perché metà del suo sarcasmo consiste in giochi di parole e allusioni. I primi per definizione sono intraducibili, le seconde dicono qualcosa solo a chi conosce bene la cultura, la storia e l’attualità tedesche. Insomma - secondo me - Grass è un autore difficilmente “esportabile” in un altro contesto culturale, dove al massimo tutti conoscono (o fanno finta di conoscere) il mondo anglosassone, ma non certo quello tedesco. Fatta questa premessa, e reso omaggio all’impegnativo lavoro del traduttore, prendo le difese di noi poveri lettori. A quale lettore italiano, che non abbia un’infarinatura sommaria di tedesco, termini come Conradchen o Paulchen possono sembrare diminutivi affettuosi dei nomi propri Corrado o Paolo? Oppure sfido chiunque a trovare un lettore con meno di trent’anni (anche loro hanno il diritto di leggere e di capire i libri che comprano) informato del fatto che “Trabi” era il diminutivo dell’utilitaria più diffusa ai tempi della Germania Est. Io da parte mia ho dovuto riflettere un po’ prima di capire che “kadeer” era la trascrizione di KDR, l’acronimo di “kraft durch freunde” il nome delle navi-vacanza del dopolavoro nazista. Perché l’editore è stato così avaro con le note? Davvero noi lettori dobbiamo faticare tanto per meritarci il libro che abbiamo pagato? Ciò nonostante, il libro mi è piaciuto molto.
Recensioni
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