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Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida
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Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida - Umberto Eco - copertina
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Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida

Descrizione


Crisi delle ideologie, crisi dei partiti, individualismo sfrenato... Questo è l'ambiente - ben noto - in cui ci muoviamo: una società liquida, dove non sempre è facile trovare una stella polare (anche se è facile trovare tante stelle e stellette). Di questa società troviamo qui i volti più familiari: le maschere della politica, le ossessioni mediatiche di visibilità che tutti (o quasi) sembriamo condividere, la vita simbiotica coi nostri telefonini, la mala educazione. E naturalmente molto altro, che Umberto Eco ha raccontato regolarmente nelle sue Bustine di Minerva. È una società, la società liquida, in cui il non senso sembra talora prendere il sopravvento sulla razionalità, con irripetibili effetti comici certo, ma con conseguenze non propriamente rassicuranti. Confusione, sconnessione, profluvi di parole, spesso troppo tangenti ai luoghi comuni. "Pape Satàn, pape Satàn aleppe", diceva Dante nell'"Inferno"(VII, 1), tra meraviglia, dolore, ira, minaccia, e forse ironia.
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Dettagli

2016
24 febbraio 2016
469 p., Brossura
9788893440226
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Indice


Un brano dell'intervista di Wuz

WUZ: Sembra che la situazione in Italia sia in movimento e la cosa è incoraggiante. Suonano diverse campane a morto per quanto riguarda la lettura, però l’editoria, almeno in fatto di numeri, sembra molto vitale.

ECO: Innanzitutto, le campane a morto sulla lettura a me fanno sempre un po’ sorridere. È vero che l’Italia si trova, nelle classifiche fatte tra i paesi economicamente sviluppati, in una posizione molto bassa per quanto riguarda il numero di libri letti annualmente da un singolo lettore, anche perché gli italiani sono sempre stati grandi consumatori di settimanali più che di libri, però, se si entra in una di queste cattedrali librarie, nelle Feltrinelli, nelle Mondadori, nelle FNAC, c'è una gran quantità di giovani che gira per la libreria e qualcosa pur farà. Siamo a un livello molto basso rispetto alla totalità dei cittadini, ma c’è un nucleo duro di lettori che permette alle case editrici di vivere: anzi avevamo calcolato che le case editrici hanno in media un assorbimento di mille, millecinquecento persone all’anno. In questa cifra è compresa naturalmente anche la segretaria che batte i testi al computer e molti sono assorbimenti per circolazione (uno che esce di qua e va di là), ma questo vuol dire che gli editori non licenziano, ma assorbono.

WUZ: La locuzione “Editoria Cartacea e Multimediale” fotografa una situazione in via di integrazione oppure due ambiti che sono ancora in cerca di una composizione, di un equilibrio?

ECO: Io credo che sia in via di integrazione perché anche chi continua a fare solo editoria cartacea usa tecniche multimediali per l’impaginazione ecc. Ecco perché, quando si forma un giovane per lavorare nell’editoria, deve avere la doppia competenza, anche se non va a lavorare in una casa editrice prettamente multimediale. Bisogna poi ricordare che ormai non c’è casa editrice che non abbia il suo sito internet, perciò qualcuno che se ne occupi ci dovrà pur essere; inoltre le ricerche avvengono sempre via Internet per cui i due mondi si toccano continuamente anche laddove non ci sia una specifica produzione multimediale.

WUZ: Un’ultima domanda: se potessimo riassumere in una parola l’imperativo per gli editori che verranno, quale sarebbe?

Fare libri. Perché malgrado tutte le visioni apocalittiche, il libro è come il cucchiaio, il coltello, il martello, cioè una cosa che una volta che è stata inventata non c’è barba di designer danese che riesca a modificarla per farla diventare più efficace.

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Pablo
Recensioni: 3/5

Non è un opera imprescindibile fra le tante di Eco, tuttavia queste piccole perle di erudizione sono godibili e stimolano innumerevoli riflessioni.

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Luca
Recensioni: 5/5
In gran forma

Una raccolta di bustine di Minerva (la rubrica tenuta per anni dal professore (perchè a lui non piaceva essere chiamato prof) sulle pagine dell'Espresso. In particolare sono raccolte quelle dal 2000 al 2016, anno della sua scomparsa. Alcuni brani sono stati già visti altrove, ma si tratta di una piacevolissima lettura che fornisce un quadro chiaro del pensiero di Eco su svariati aspetti della società del tempo e che ci da uno spaccato di quello che era il nostro paese soltanto pochissimi anni fa. Al termine della lettura un pensiero spiccava su tutti gli altri: che gran perdita la sua scomparsa. Aveva intuito in anticipo l'evoluzione della società. Divertenti alcune scene, come quella del telefonino e lo scontro con la signora che ne era immersa. Da leggere.

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Gianluca
Recensioni: 5/5

Non ho ancora letto questa raccolta di scritti di Eco,il voto va sulla fiducia. Piuttosto, lascio un commento solo per far notare che ci sono 'recensioni' evidentemente tendenziose. Ben venga il tentativo (dell'editore, presumo) di dare risalto e pubblicità ad un libro di sicuro valore come tutti quelli di Eco, però sarebbe meglio - in nome dell'affidabilità di IBS, sito dal quale acquisto da quando esiste - una verifica più accurata. 3 'recensioni' identiche pubblicate con nomi diversi, sono davvero troppe.

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La recensione di IBS


"In un’epoca di pazzia credersi immuni alla pazzia è una forma di pazzia. Quindi non prendete per oro colato che le cose che avete appena letto".

Pape Satàn Aleppe. Titolo geniale, un epitaffio sornione, formidabile provocazione per l’opera postuma di uno dei più importanti intellettuali italiani del ventesimo secolo. Non è solo una scelta dotta e citazionista, ma è soprattutto un breve manifesto della vita di Eco, sintetizzata in tre enigmatici vocaboli, capaci di evocare il Medioevo, le cui maestose vestigia poteva osservare dalla finestra di casa sua affacciata sul Castello Sforzesco, e il gusto dei rapporti simbolici tra le parole, lo studio dei segni, cioè la linfa vitale della disciplina che più di tutti ha saputo arricchire: la semiotica.
E cosa significa Pape Satàn Aleppe? Apparentemente nulla. Compare nel canto VII dell’Inferno ed è un’invocazione a mo’ di motto, bofonchiata minacciosamente da Pluto come se fosse un veggente cieco impazzito, una frase che solo Virgilio pare comprendere e di cui da secoli gli studiosi di Dante provano a decifrarne invano il (non)senso. Ma come si ricollega a questa opera? Attraverso una relazione simbolica meravigliosa. La proposizione è tanto oscura e indecifrabile nel testo dantesco, quanto lo sono i nostri tempi a detta degli sventurati che provano a interpretarli attraverso astruse categorie, come per esempio Il postmoderno - una campana epistemologica che sembra fagocitare tutto e nulla - un calderone che racchiude arte, letteratura, scienze sociali, cinema, tv e qualunque altra manifestazione dello scibile umano che abbia l’ardire di lasciarsi scrutare dagli occhi del confuso post-uomo. E il postmodernismo va a braccetto con la società liquida - altra immancabile categoria interpretativa dell’oggi - coniata da Bauman a descrivere le dinamiche sociali contemporanee, corrotte dall’effimero, dal non senso, dall’ipertiroidea schizofrenia verso l’inafferrabile e dal crollo delle grande narrazioni, la fine delle ideologie e della storia e la grottesca parata apocalittica che ne consegue, in attesa di chissà quale parusia a salvarci tutti quanti. Eco da magnifico interprete della contemporaneità ben conosceva la portata di questi cambiamenti epocali - ma aveva il raro dono di demistificarli e renderli pop - catturandone la sconnessa comicità.
In questa prima uscita della Nave di Teseo - casa editrice fondata da Elisabetta Sgarbi ed Eco stesso - pensata per accogliere dei transfughi della Bompiani e il cui nome è un altro rimando paradossale che ben cattura lo spirito del semiologo alessandrino, viene raccolta una selezione degli ultimi quindici anni di Bustine di Minerva, pubblicate sull’Espresso a cadenza bisettimanale. Pagine in cui l’intellettuale osservava disincantato il procedere inesorabile verso l’idolatria del pensiero unico - di cui gli italiani sono ferventi discepoli - le manie dell’uomo tecnologico e offrendoci talvolta alcune piacevoli aperture a quello che fu un suo noto divertissement: le fascinazioni complottiste - in cui persino compare Alan Kadmon - accusato di essere semplicemente derivativo e poco creativo in confronto a chi in passato era arrivato a negare l’esistenza di Napoleone.
Il volume suddivide gli articoli per aree tematiche e in ordine cronologico, una scelta brillante soprattutto per quanto riguarda la porzione del testo dedicata alle ossessioni sulla visibilità e le follie dei mass media - il web in primis - con divertenti incursioni sui fastidi procuratigli da Twitter e Facebook, una carrellata di immagini impietose che raffigurano l’abbrutimento culturale e morale dell’uomo contemporaneo de-pensante - nella sua compulsiva ossessione di avere sempre qualcosa di importante da riferire - un’urgenza quasi fisiologica che lo porta inevitabilmente all’autodenuncia inconsapevole della propria stupidità.
Imperdibile a mio avviso la prima bustina in cui si Eco si scaglia contro i preti del laicismo, i sacerdoti della tecnocrazia, fondamentalisti e miopi nel predicare un’obsoleta identificazione dell’Assoluto nel progresso, e li paragona ai papaboys, i coloriti esponenti del mondo giovanile cattolico, aperti, ai tempi di Woytyla, alle unioni prematrimoniali e al ripensamento dei dogmi più inattuali, più allergici quindi ai massimi sistemi rispetto a chi avrebbe il dovrebbe morale di scardinarli.
Eco ci lascia con un’opera eccezionale, ovviamente non paragonabile ai suoi capolavori di narrativa, ma che tuttavia, grazie alla natura antologica, offre una scansione lucida e irripetibile della liquefazione morale degli ultimi folli quindici anni di un’Italia che già rimpiange uno dei suoi più grandi cantori.

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Umberto Eco

1932, Alessandria

Critico, saggista, scrittore e semiologo di fama internazionale. A ventidue anni si è laureato all'Università di Torino con una tesi sul pensiero estetico di Tommaso d'Aquino. Dopo aver lavorato dal 1954 al 1959 come editore dei programmi culturali della Rai, negli anni Sessanta ha insegnato prima presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, poi presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze. Infine presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Inoltre, ha fatto parte del Gruppo 63, rivelandosi un teorico acuto e brillante.Dal 1959 al 1975 ha lavorato presso la casa editrice Bompiani, come senior editor. Nel 1975 viene nominato professore di Semiotica all'Università di Bologna, dove...

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