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Ancora una volta De Giovanni ci regala una storia interessante, coinvolgente, ben scritta. Non siamo con Ricciardi e i suoi morti, non con Mina Settembre e il suo consultorio, non con Sara e i suoi segreti; ma con I Bastardi. Cambiano i protagonisti ma i libri di De Giovanni sono e restano sempre e comunque dei piccoli, unici, capolavori.
Pasquale Granato, integerrimo panettiere adorato da tutto il quartiere viene ritrovato morto, vicino al suo forno; nessuno aveva motivi di rancore contro di lui e dato che aveva testimoniato contro dei mafiosi e poi ritrattato, tutti pensano che ad ucciderlo sia stata la mafia, in primis Diego Buffardi, star della lotta al crimine organizzato. Ma come è stato con il Coccodrillo, Lojacono non la pensa così e riesce a persuadere Palma e la Piras a dargli manforte. E quindi i Bastardi sono di nuovo sul filo del rasoio, perché anche se è onesto, Buffardi è un arrogante che non accetta di essere contestato e potrebbe benissimo stroncare il commissariato che sta cominciando a guadagnarsi il rispetto che merita. Intanto Di Nardo e Aragona si ritrovano a indagare su un caso di stalking decisamente particolare e Pisanelli comincia a nutrire sospetti sul misterioso serial killer di depressi a cui da la caccia da anni...
Gran bel romanzo,. I personaggi acquistano sempre più una loro precisa caratteristica personalità. La trama è scorrevole, con un giusto equilibrio tra giallo e narrativa, con un alone di malinconia che circonda tanto la vittima quanto il colpevole. Da leggere.
Recensioni
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Che lavoro orribile, pensò. Altro che i poliziotti dello schermo, sempre a inseguire qualcuno ai duecento all’ora sempre con un sacco di donne stupende intorno. Noi stiamo fermi, e non accade mai niente.
Ma qualcosa, in quel momento, accadde.
Dura, la vita del poliziotto. Sembra quasi una banalità, ma raramente in un giallo si incontrano personaggi investigatori che si destreggiano in una quotidianità così avara di possibilità di riscatto. Se conoscete i Bastardi di Pizzofalcone, squadra di poliziotti reietti in lotta per mantenere in vita il loro commissariato affondato per uno scandalo di droga, queste cose le sapete già; se invece non li conoscete, ponetevi rimedio presto e subito, perché con il ciclo dei Bastardi Maurizio De Giovanni ci regala una schiera di personaggi eccezionalmente vividi e decisamente variegati.
Niente eroi a Pizzofalcone, comunque. Si tratta, più che altro, di persone che tentano di fare quello che possono con quello che hanno (e spesso non hanno molto), nella migliore tradizione dell’arte di arrangiarsi. Il bello però è che il loro arrangiarsi produce risultati inaspettatamente positivi, come i fedelissimi di De Giovanni hanno avuto modo di scoprire negli episodi precedenti, dove i Bastardi hanno dimostrato il loro valore più di una volta. Stavolta devono vedersela con un omicidio in odore di mafia e, in parallelo, con un curioso caso di stalking in cui la vittima è un ragazzo particolarmente brutto, e il principale sospettato un’attraente modella dalle curve mozzafiato.
Nuove avventure quindi per la squadra di Luigi “Gigi” Palma, che sembra aver fatto del commissariato la sua missione nella vita: in campo con lui ritroviamo l’ispettore Lojacono detto “il Cinese”, cacciato dalla sua Sicilia dalla falsa testimonianza di un pentito; Francesco Romano, con un matrimonio fallito alle spalle e un debilitante problema di gestione della rabbia; “il Presidente” e la “Mammina”, alias Giorgio Pisanelli e Ottavia Calabrese, gli unici sopravvissuti al repulisti che ha praticamente azzerato i vecchi agenti di Pizzofalcone; e poi i due giovani, “Alex” (Alessandra Di Nardo), vissuta nell’ombra del padre generale e appena uscita da una relazione molto dolorosa, e “Serpico” (Marco Aragona), l’unico che probabilmente ha davvero ragione di trovarsi in quel “commissariato commissariato”, vista la sua leggendaria incapacità di accendere il cervello prima di parlare (“commissariato commissariato” è una delle sue battute migliori, e lui non è certo uno che si trattiene: che i neofiti si preparino).
Sullo sfondo, come al solito, le meraviglie della città partenopea, che come De Giovanni ci ha abituato suona in modo quasi fiabesco in certe inflessioni e giri di sintassi della sua scrittura, dall’impronta notevolmente orale eppure incredibilmente scorrevole; e che rimane scorrevole anche quando, come in questo caso, a farla da padrone non è tanto l’azione, quanto l’approfondimento della psiche e del dietro le quinte dei personaggi, in particolare Alessandra e Francesco.
Come nota finale, impossibile non menzionare il primo capitolo, quello del Principe dell’Alba, che è davvero qualcosa di meraviglioso. In questo capitolo accompagniamo Pasquali’, fornaio da una vita, nella sua liturgia quotidiana della preparazione del levito madre, che lui esegue con cura filiale e una devozione quasi sacrale. E allora basta sfogliare le prime pagine di questo libro per di sentire quell’odore, forte, sincero e magnificamente sano, delle buone cose di una volta, un odore che nella Napoli di De Giovanni a volte spunta ancora, qua e là, tra il fango e la miseria, come la ginestra nel deserto. Dopotutto, Napoli è sempre la magnifica Napoli, sempre “Miseria e nobiltà”.
Recensione di Elena Malvica
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