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In tempi di inflazione delle parole, di sensazionalismo semantico, di consumismo librario, pochi sono i libri che riescono a presentarsi così asciutti e ruvidi e, nel contempo, così dolci e significativi. In questo tempo NOI (non la società ma noi) stiamo perdendo le radici dell'uomo, quei fili che rendono una persona autenticamente umana. Tra queste radici: legame, lavoro, famiglia, comunità, festa, lutto, pioggia, vendemmia ... Vi è tutto lo spettro delle dimensioni della vita e dell'uomo. E oggi le stiamo perdendo e non per colpa della fine della società contadina o dei mezzi di comunicazione. Le stiamo perdendo per il nichilismo che permea il NOSTRO modo di vedere le cose: inebetiti sui (un)social network, dipendenti di facebook, incapaci di relazioni
Non conoscevo Enzo Bianchi, ma sono felice che grazie a un regalo io abbia potuto godere della calma, della riflessività e della semplicità di questo saggio monaco. Il ripercorrere la sua infanzia, le sue terre mi ha toccato il cuore. Ho imparato usanze e tradizioni del Monferrato che mi erano sconosciute. In questo libro ha citato un autore a me tanto caro: Nico Orengo.
Piacevole lettura,i tempi sono quelli dei nostri nonni contadini,tanti sacrifici, vita semplice...ma tanto tanto cuore....da leggere....
Recensioni
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Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, in provincia di Biella, ha raccolto in questo testo una serie di storie del "tempo che fu", nate dalla saggezza accumulata in sessantacinque anni di vita al servizio della fede, dell'amicizia, del vivere insieme e dell'ospitalità. Le riflessioni partono da un'etica della propria terra, che per Bianchi è il piccolo paese di Castel Boglione (in piemontese Castervé), nel Monferrato, un borgo di settecento anime adagiato sulle rive dell'Erro e della Bormida dove l'autore andava a fare il bagno d'estate, circondato dalle colline disegnate dalla vite e dalle terre dissodate dall'aratro, allora ancora trainato dai buoi. Una vita dura, contadina, scandita dai ritmi del raccolto, dalla quale l'autore estrapola i quattro comandamenti appresi dal padre: fare il proprio dovere a costo di crepare; non esagerare, non ostentare; non prendersela, e attenuare il dolore; infine, "non mescolare le cose", come principio minimo di ordine contro l'impurità. Questi quattro "comandi monferrini" sono il magistero umano sul quale ruota il libro, una morale laica e popolare che viene rintracciata anche nelle biografie di noti piemontesi come Cesare Pavese, Norberto Bobbio e Vittorio Alfieri. Anche allora, negli anni '50 e '60, c'era l'ossessione per "il tempo che fa", ma era tanto diversa dalla curiosità un po' frivola dei nostri giorni; le calamità naturali portavano davvero fame e disperazione, e "ieri era Dio colui in cui si aveva fede e fiducia, mentre oggi sembra esssere la meteorologia".
Le storie raccontate da Bianchi sono piene di amore per la terra, sono meditazioni sulla gioia, sulla vecchiaia, e se tornano al passato è per parlarci della nostra condizione di oggi. I rintocchi delle campane, il canto del gallo, le voci dei venditori ambulanti vengono rievocati per criticare il rumore di oggi nel quale, assieme al silenzio, abbiamo smarrito la sapienza di una quotidianità rappacificata con la natura e con gli altri. Anche i riferimenti alla cultura del cibo e della tavola sono numerosi e la cucina in queste pagine diviene luogo privilegiato per ascoltare, per umanizzare le relazioni, per imparare, un'unica radice che accomuna sapere e sapore. Cucinare, far da mangiare per una persona amata scrive Enzo Bianchi è il modo più semplice e concreto per dirgli: "Ti amo, perciò voglio che tu viva e viva bene, nella gioia!" E così nel libro si parla molto anche delle virtù della vite e del vino, del rito tutto piemontese della bagna càuda, della comunione del pane come momento conviviale che precede la preghiera o la messa della domenica. Quello che qui viene evocato è un mondo intenso, arcaico, fatto di valori antichi ma ancora validi, proprio come "il pane di ieri è buono domani" (el pan ed sèira, l'è bon admàn), l'adagio del Monferrato che fa da premessa a questa stimolante lettura.
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