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Anno edizione: 2002
Anno edizione: 2013
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Probabilmente sarò un po' di parte a causa del mio amore sconfinato per Erri De Luca, il mio scrittore preferito, ma vi consiglio caldamente di comprare questa minuscola raccolta dalla liricità sconfinata. Di questo autore ammiro moltissimo la sconfinata religiosità, riflessa non solo nei suoi componimenti poetici, ma anche nei piccoli romanzi. Quando ho letto in particolare "Considero valore" mi sono emozionata così tanto da scriverla in un quaderno e poi in un altro foglio che ho appeso nella mia stanza, per poterla rileggere ogni giorno.
Ormai consacrato da un vasto consenso di pubblico e di critica, De Luca approda per la prima volta alla poesia con “Opera sull’acqua”. Sia detto subito che questo libro è felicemente estraneo ad una koiné poetica, ma piuttosto frutto di uno stile proprio che nasce da un misurato equilibrio tra meditazione e memoria, da una rinnovata necessità di sanare l’inquietudine che sgorga dall’incommensurabilità del reale. Espatriato dalla terra e non ancora rimpatriato nel cielo, giunto alla soglia dei cinquant’anni, egli si confronta con le vie del linguaggio più impervie e meno frequentate. Questa nuova dimensione comunicativa, diviene nondimeno per lui riapertura degli abissi dell’immaginazione, ferita che dall’infanzia ci riporta alla domanda, la sola interrogazione possibile sul significato autentico del mondo, dunque spaccatura profonda da cui trapelano ricerche di senso in versi sciolti e prosastici. Egli utilizza al meglio la sua arguzia gentile, la disponibilità a raccontarsi con ironia e stupore, introducendoci ancora una volta in un mondo dove un’inedita vena poetica lo porta a riconoscere nell’acqua un elemento primordiale ed essenziale, capace di rinnovare in lui l’antico stupore, l’emozione di poter ancora guardare al cuore delle cose senza artifici. La raccolta si compone in un verso materico e prosastico, che spinge per uscire ed andarsene libero come nelle sequenze distese di un racconto. De Luca non mette in gioco nulla con la sua poesia, non aspira a sondare realtà sotterranee, a rintracciare verità nascoste. Il talento dell’artista prova a liberarsi della zavorra delle certezze e dell’esperienza della terraferma senza virtuosismi, con l’onesta consapevolezza che i suoi sono versi in libera uscita che non incideranno sulla realtà. Senza voler postulare alcuna esemplarità, ma anzi consegnandoci un libro che, rispetto ai precedenti romanzi, rappresenta di fatto un vettore diacronico, che dà alla luce un ritratto vivido e memorabile della sua delicata e profonda umanità
Leggendo le pagine del libro qui proposto, si trovano testi che sono poesie di vera liricità, come quella riportata sulla copertina, la quale da sola varrebbe l'acquisto il libro: "Chi ha steso braccia al largo / battendo le pinne dei piedi / gli occhi assorti nel buio del respiro, / chi si è immerso nel fondo di pupilla / di una cernia intanata / dimenticando l'aria...". Ma nella raccolta si trovano anche testi dove l'autore inciampa, come egli stesso afferma, in un versificare che è: "linee che vanno troppo spesso a capo". Meglio sarebbe stato pubblicare una raccolta di testi decisamente in prosa. Una eccessiva ricercatezza intellettuale nell'area culturale biblico/ebraica, come a farne sfoggio, infatti, a mio avviso, pone i testi decisamente fuori dall'ambito poetico, rischiando di annoiare. Dalla poesia ci si aspetta qualcosa di diverso, qualcosa che è, per l'appunto, mare aperto, forse un po' di timore ha tenuto l'autore troppo vicino alla terraferma.
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