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Mi ha innervosita questo libro. Probabilmente è scritto benissimo, ma questo innamoramento trainato all'infinito, con tutti i se e i ma e i chissà, a me ha fatto perdere la pazienza. Certo, parla delle notti tra la Vigilia e San Silvestro. Io il grosso l'ho letto tra la Vigilia e San Silvestro. Forse anche questo non aiuta.
Un libro molto interiore che analizza minuziosamente le paranoie e le paure dell'inizio di quello che sarà probabilmente un grande amore. Lento il ritmo ma giusto così. Bellissimo.
Bella atmosfera,la New York d'inverno fa sempre un certo effetto, ma nel complesso il ritmo è un pò lento e si fatica ad essere coinvolti emotivamente dai personaggi. In effetti, molte situazioni sembrano ripetute per allungare la storia.
Recensioni
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"Si può sognare una relazione e si può averne una, ma non si può essere al contempo colui che ama e colui che sogna. Oppure sì?". Alla base delle notti bianche di Fëdor Dostoevskij, questo stesso dilemma torna ora nella riscrittura di André Aciman pubblicata da Guanda. Nato in Egitto da una famiglia ebraica emigrata prima a Roma e poi negli Stati Uniti, Aciman insegna letterature comparate a New York, e scrive romanzi e mémoires da più di quindici anni. Le sue opere sono tuttavia state tradotte in Italia soltanto recentemente, con l'uscita di Chiamami col tuo nome (2008) e Ultima notte ad Alessandria (2009). Due libri che, come Notti bianche, trovano il loro centro di attrazione nell'indagine delle più minute oscillazioni della memoria e dei sentimenti, testimoniando la passione del loro autore per Proust.
Riscrivere la delicata magia delle notti bianche, innestando sulla vicenda di Dostoevskij lo stile sinuoso di Proust e spostando la scena dagli argini della Neva alle strade di Manhattan, è una scommessa di incredibile virtuosismo. L'effetto più immediato di questa trasformazione è quello di distendere la storia su un tessuto narrativo decisamente più ampio. Le notti da quattro diventano otto, e la scrittura di Aciman tende a riempire tutti gli spazi che la versione di Dostoevskij lasciava in ombra. Il libro finisce così per allentare la tensione romantica, guarnendo la soffusa atmosfera dell'originale con occasionali squarci di concretezza e più costanti allusioni, più o meno velate, al cinema e alla letteratura francese. Come si potrebbe, del resto, sognare per quattrocentocinquanta pagine filate? Aciman tenta in questo modo di dare sostanza a due personaggi introverso e tormentato lui, enigmatica e sfuggente lei spaesati in un mondo completamente diverso da quello dostoevskijano, in cui le passeggiate solitarie hanno ormai ceduto il posto ai cocktail parties. A rimanere la stessa, sembra spiegarci, è la materia di cui sono fatti i sogni, che si muovono identici da una latitudine all'altra, da un'epoca all'altra. "Das ist ein Traum", esclama a un tratto Clara, la giovane di cui si innamora il protagonista: "Questo è un sogno".
Le Notti bianche di Dostoevskij raccontavano la mancata iniziazione di un ragazzo che per troppo leggere si era dimenticato di vivere. L'incontro con Nasten'ka rappresentava dunque, in quella prospettiva, la rivelazione di una vita in cui il tempo decideva, in maniera improvvisa, di interrompere il suo rapido consumarsi, fino a concedere "un attimo, un intero attimo di felicità", in grado forse di riscattare tutta l'esistenza: "Anche solo un attimo nell'intera vita, è forse poco?".
Aciman declina questo stesso tema insistendo su un particolare modo di percepire il reale che Vladimir Jankélévitch avrebbe definito "primultimità", vale a dire il sentimento nei confronti di qualcosa di cui si sa che presto o tardi dovrà finire, e che proprio per questo provoca nostalgia ancor prima del suo reale accadere. Un sentimento paradossale, già rappresentato da Proust in molte pagine della Recherche, che avvicina le manifestazioni emotive più ossessive del protagonista di Aciman ai primi momenti della passione di Swann per Odette. Un desiderio che è come la malinconia: nasce direttamente al passato, e quindi non potrà mai diventare presente. "Pur non avendo mai avuto nulla, forse avevamo perso tutto," confessa con amarezza il sognatore di queste nuove Notti bianche, "come se ciò che avevamo desiderato con tanta devozione fosse diventato il ricordo di qualcosa perduto ancor prima di esistere".
Luigi Marfè
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