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Anno edizione: 2018
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Niente di personale. O forse tutto e qualcosa in più. Libro frutto di 5 anni di lavoro, centinaia di pagine e 30 revisioni. Narra la stagione culturale italiana degli ultimi 3 decenni. “Romanzo” è scritto in copertina ma non lo è in senso stretto. L’autore ripercorre gli anni giovanili, l’arrivo a Roma a 27 anni, il lavoro in redazione. Ha cognome calabrese e la famiglia emigrò al Nord in cerca di migliori opportunità di lavoro quando lui non era ancora nato. Lui non ha seguito le orme professionali e politiche del padre (medico). S’è dedicato al giornalismo, alla scrittura, a fotografia e musica e parla di giornalismo e di redazioni com’erano una volta. Li confronta con l’oggi, alla ricerca di un’identità perduta. Non è nostalgia ma sorda rabbia, vero disincantamento. Si rivede giovane e motivato, in una Roma già in profondo mutamento. Nessuno se ne accorgeva o faceva finta per arginare degrado e deriva culturale che, come un’onda lunga, è arrivata fino a noi. Le migliori stagioni di certezze, valori e cultura si sono ormai spente. Per chi, come Cotroneo, le ha vissute, l’oggi restituisce più indignazione che passione, più rabbia che dolore. E gli intellettuali? Il boom industriale e la prima sensazione di agiatezza hanno rimosso dalla memoria collettiva la fatica delle bonifiche, le rivolte contadine, il brigantaggio, il Nord colonizzatore del Sud, le contestazioni del ’68; hanno fatto dimenticare presto bombe, terrorismo e fabbriche occupate. Al tempo del sapere si è sostituito quello del fingere di sapere. I libri non li legge più nessuno, neanche quelli deputati a farlo. È la fine della civiltà dei giornali, della parola e della carta; il declino di intellettuali e scrittori. Dov’è finita l’Italia colta e garbata, così diversa da quella attuale sul piano estetico, etico e culturale?, si domanda (e domanda a noi lettori) Cotroneo.
Avevo assistito alla televisione alle ultime battute di un'intervista all'autore, Roberto Cotroneo. Mi avevano colpito le sue parole, poche frasi, ma non il suo aspetto: stropicciato, quel trasandato studiato da intellettuale un po' negativo, ma malgrado ciò, acquistai il libro. Fin dalle prime pagine mi sono sentita come davanti ad un quadro di Picasso, con dei punti interrogativi nella mente, chiedendomi cosa rappresentasse. In seguito, entrata quasi in sintonia con il suo stile del tutto particolare, mi sono resa conto del suo enorme rimpianto, della sua rabbia, della sua nostalgia per i decenni passati della nostra Storia; non decenni lontani, essendo lui nato nel 1961, ma solo i decenni più recenti. Il suo continuo sottolineare le differenze sul come eravamo e del nulla di oggi, come se nel passato non ci fossero state truffe, inganni in politica ed in ogni settore a cui lo scrittore dedica un capitolo. Eppure in tutta quella rabbia e quel rimpianto ci sono delle verità che ti arrivano come un pugno nello stomaco, una schiettezza amara e violenta che talvolta mi ha tolto il fiato ed in altri passaggi mi ha strappato un sorriso. E' una analisi brutale, con ventose attaccate agli anni passati: che rimpianga la sua giovinezza? forse. Che davvero non esistano più geni letterari? forse. Che fosse meglio fischiettare un'aria della Traviata, anziché un brano di Lucio Battisti? forse. Eppure, in cuor mio non mi sento di buttare via tutto dei nostri giorni attuali: il sole sorge ancora e malgrado l'inquinamento, il cielo è ancora azzurro e, malgrado i pesticidi, ci sono ancora i prati, anche se i papaveri sono rari. Se consiglio la lettura? Se avete voglia di qualche boccone indigesto, ma vero, accomodatevi, ma di certo dopo questo libro ho bisogno di romanticismo.
Romanzo - memoir dalla scrittura nitida e intensa. L' autore ci riporta, attraverso la narrazione di vicende personali, in una Roma vitale e ironica ma ormai dispersa, cuore di un paese in dissolvenza. Lontano da passatismi e sterili nostalgie, il libro coglie e riproduce lo spirito di un' epoca, in attesa che il recupero della memoria ci aiuti a capire questo nostro tempo. Roberto Cotroneo ci accompagna nel suo viaggio a ritroso con uno sguardo disilluso ma non privo di speranza, lo sguardo di un disertore nell' esercito del conformismo.
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