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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questo è stato il primo libro che ho letto di questo autore. Lettura scorrevole e piacevole.
Un intrigante libro sulle vicende di tre adolescenti tra liceo, riscatto sociale e la scoperta del mondo degli adulti. Consigliato
Dico solo un titolo " i ragazzi del muretto" e sto. Di notte, se non dormite, cercatelo in tv perche ancora lo fanno in replica
Recensioni
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… Sono passati anni dall’ultima volta in cui ho fatto il giro dell’orologio per un libro. L’ho iniziato una domenica pomeriggio, quasi per scherzo. Volevo fare una pausa, e un libro mi è sembrata un’ottima idea. Per non farla durare troppo, come rischio spesso, mi sono costretta a metterlo da parte. A malincuore. L’ho ripreso di sera tardi, e non l’ho più mollato fino all’ultima parola, alle 3,40 del mattino.
Quando l’ho chiuso, salutando i suoi protagonisti, cercando la strada verso la camera a tentoni, mi sono trovata in compagnia di uno strano sentimento di semi-nostalgia sorridente, per questa immersione negli anni ’80, e più precisamente nel 1987.
Senza Facebook, né telefonini, come precisa l’autore, ma con tutta la rigidezza degli anni adolescenti.
Siamo in Piemonte, nella provincia di Torino, in quella zona compresa tra Moncalieri (le belle ville della collina, soprattutto), Nichelino (i caseggiati popolari), Trofarello e Cambiano.
Il centro e teatro principale è il liceo scientifico Ettore Maiorana di Moncalieri, dove studiò lo stesso autore, Luca Bianchini. I personaggi principali sono un gruppo eterogeneo di ragazzi. Quattro spiccano su tutti, quelli su cui si appuntano subito i nostri sguardi, e quelli che ci fanno entrare immediatamente in casa loro, quando superiamo la copertina del libro.
Vincenzo Piscitelli, conosciuto come Vince, diciassettenne di Nichelino. Bravo a scuola, “bravo ragazzo” anche nella vita, innamorato da sempre di Cate, Caterina Ferretti, bionda bellezza graziata dall’acne tutta compresa nel suo mondo di star, Spagna, al secolo Alessandra Spagnolo, dark d’aspetto, di modi e per protesta vibrata verso sua madre e il mondo. Poche pagine ancora e inciampiamo in Romeo Fioravanti. E’ facile che inciampiamo letteralmente in lui, poiché il suo atteggiamento indolente e strafottente lo fa muovere intralciando gli altri, quando vuole. Di bell’aspetto e con il suo fascino, essendo più vicino ai diciott’anni e provenendo dalla parte lucida del mondo, la collina di Moncalieri con il suo carico di ville opulente.
Tracciato il teatro delle operazioni e le personalità principali, ora inizia la vera rappresentazione. Entriamo nelle vite di questi quattro adolescenti, seguiamo i loro rapporti puntuti, sempre esagerati (e in questo Cate è veramente maestra, per quanto non se renda conto. Almeno, non fino in fondo.), con ogni sentimento esasperato: dall’indifferenza, alla simulazione più ardita, alla reazione più calda e assolutista.
Vince, come abbiamo detto, è innamorato da sempre di Cate, che invece si perde dietro altri ragazzi, possibilmente più grandi, e magari non di Nichelino, che è il buco sfortunato del mondo. Tuttavia, a lui è legatissima: non volendo perdere il primato di reginetta nel cuore di questo ragazzo d’oro che c’è sempre per lei, ma non è sufficientemente interessante per elevarsi ai suoi occhi pretenziosi, se lo tiene vicino nel ruolo di “migliore amico”.
Non perde occasione per fargli sapere a che punto sono le sue cotte amorose, e magari a che punto è nella sua intraprendenza sessuale, da vera “migliore amica”. Siamo nel 1987, ricordiamolo.
Oggi, probabilmente, sul povero Vince pioverebbero giudizi sfrontati e derisori come “for ever friendzone”. All’epoca, per quanto il ruolo sia sempre difficile e con una forte tinta masochista, si tendeva a passarci sopra facendo finta di nulla, tirando in ballo i sentimenti, o la copertura simpatica di un telefilm molto in voga in quegli anni, come “Tre cuori in affitto”.
terzo cuore di questo trio improbabile è proprio Spagna, che affianca Cate in ogni cosa, e che si è arrogata il ruolo di consigliera di Vince nel suo amore sfortunato e non corrisposto. Lo rassicura in continuazione perché, nonostante Cate perda testa, tempo, energie, e forse pezzi di dignità dietro altri ragazzi che tendono a collezionarla come una bella figurina, lei è sicura che: “tanto vi metterete insieme, lo sai, no?” Non si conoscono le basi di questa sua convinzione quasi granitica.
Del resto, avremmo bisogno di una consulenza di un pool di psichiatri, psicoterapeuti, sociologi, studiosi vari della psiche, soprattutto degli umani molto giovani, per cercare anche solo di capire un terzo di quello che si agita tra testa e cuore di un adolescente. Io stessa, se ripenso alla mia adolescenza, mi arrendo perché non capirò mai cosa mi spingeva a comportarmi come se fossi senza pelle.
Il quarto cuore, che viene a sbaragliare e a riconfigurare gli equilibri, è proprio Romeo Fioravanti. Vince e Cate sono attratti da lui, ciascuno per i suoi motivi, e lui ricambia l’attrazione. Il primo su cui si appunta la sua attenzione è proprio Vince, così diverso da lui. Di un’altra classe sociale, vergognoso di abitare a Nichelino e delle scarse disponibilità finanziarie della sua famiglia, studioso e rigoroso nella sua vita, non tanto disponibile a rischiare. Romeo è un ragazzo solo, arrabbiato, diffidente sotto la maschera facciale d’indifferenza, tra un padre professore universitario prestigioso e distratto, e una madre ricca di denaro e povera di disponibilità umana, classista e feroce protettrice della sua condizione dorata dal possibile contagio con chi sta in basso nella scala sociale.
A questi cuori giovani, aggiungiamo anche quelli un po’ più rodati dei loro professori. Forse il ritmo sarà più lento, il ruolo è diverso, ma i sentimenti sono simili. Conosciamo la Bencivenga (Benci), la Bottone (Betty), e Falcone attraverso gli occhi dei loro studenti, dei rapporti tra di loro, e del narratore. Certe vicende, come quella dell’amata professoressa Bottone, sono seguite con dolcezza dall’autore, dimostrando di non dimenticare che si tratta sempre di storie d’umani, anche se le età sono diverse.
Sarebbe lungo e fuorviante raccontarvi un anno di vita di un gruppo di diciassettenni, pur se scandito dai tempi e dagli avvenimenti scolastici. È una ricchezza da gustare da soli; se si è superato quel periodo, questa si raddoppia quando si accede ai propri ricordi, e si oltrepassa quella porta di tanti anni prima.
Ed è quello che è capitato a me.
Io ho avuto tutt’altra adolescenza, ho frequentato un altro liceo, ero in un’altra parte di Torino, ho patito altre trasformazioni, rispetto agli studenti protagonisti. Ed è stato un periodo infernale, come per molti altri adolescenti. Una volta uscita fuori, ho imballato tutto insieme quello scatolone di sensazioni disturbanti (anche quelle più piacevoli), ci ho caricato sopra tutti i pesi che potevo, e l’ho mollato nella cantina dei miei ricordi, senza ritornarci più. Spesso e volentieri, quando ne avevo la tentazione, aggiungevo una serratura in più alla porta della cantina.
Questo libro mi ha fatto provare una strana sensazione di comunione. Ho riaperto con cautela la porta della cantina, ho aperto lo scatolone e tutto quello che ho trovato è stato un sentimento di “c’ero anch’io, è capitato anche a me”. La maggior parte dei miei ricordi si è sbriciolata in un mucchietto di polvere che se n’è fuggita con l’aria.
Quello che mi è rimasto è un sorriso leggero: il libro di Bianchini (il primo di lui che leggo) è riuscito, nelle sue 250 pagine di Mondadori, a far rivivere e coinvolgere quelle parti di me che sono sempre rimaste in ombra, sin dai tempi dell’adolescenza. Con la chiusura della copertina, se ne sono andate. E io sono rimasta leggera e sorridente, come se finalmente qualcosa si fosse sistemato.
Libroterapia applicata? Sì, pur se inconsapevolmente. Se avete conti in sospeso con la vostra adolescenza, o anche se non sapete di averli, vale la pena seguire le vicende di Vince, Cate, Romeo. Ridere anche della ribellione tinta di nero di Spagna (che non ha nulla a che fare con la cantante, se non il viso bianco e gli abiti nerissimi), sbuffare sulle intromissioni di fratelli e sorelle più grandi. Scoprirete che rivivendole da non più adolescenti, tutto quello che può essere rimasto indietro di quegli anni, e tutti i brandelli di disagio che ancora aleggiano sul vostro presente, e persino le immagini splendenti di bei momenti che ritornano a dirvi che come loro, nessuno mai… spariscono dai vostri occhi e ritornano ad occupare il loro posto, senza più interferire.
«All the dreams that we were building,
we never fulfilled them
Could be better, should be better,
for lessons in love»
("Lessons in love" - Level 42, 1986)
Sei un ragazzo di sedici anni, dalle cuffiette del walkman la voce suadente di Mark King cerca di spiegarti la strada da seguire per diventare grande, mentre l’autobus sfila via superando le insegne pubblicitarie del mobilificio Aiazzone, portandoti a scuola.
Hai un moto d’invidia quando vedi un paninaro con il Moncler addosso, perché sai che non potrai mai averne uno uguale ma ti stringi ugualmente orgoglioso nella tua nuova felpa della Best Company, frutto di un anno di sacrifici dei tuoi. E stai contando i minuti che mancano al momento in cui Alessandra e Caterina riusciranno finalmente ad ammirarla, la tua felpa. Sì, proprio loro, le tue amiche: Spagna, la dark con i capelli sparati innamorata di Robbie Smith e Cate, la tua Cate, compagna di banco e amore non corrisposto di una vita.
Il tuo nome è Vincenzo, sei figlio di un emigrato, che dal tacco d’Italia è arrivato a Torino per fare il doppio turno in FIAT e sei il protagonista del nuovo libro di Luca Bianchini, Nessuno come noi.
È il 1987, e mentre gli Europe cantano The final countdown, in una classe di terza del Liceo Majorana di Moncalieri la vita scorre tranquilla: al di fuori dello scontro quotidiano tra duraniani e sorcini, Vince, Cate e Spagna hanno creato la loro personalissima nicchia impenetrabile agli altri; Tre cuori in affitto, vengono chiamati, come i protagonisti della sitcom cult con John Ritter e Joyce DeWitt.
Tutto fila liscio, tra poster attaccati su muri di stanze troppo piccole e improvvisati frullati party fino all’arrivo di Fioravanti, il nuovo compagno di classe: Romeo Fioravanti, di un anno più grande, proveniente da una scuola privata, figlio di un professorone di Palazzo Nuovo, che vive in una villa su in collina e che sfoggia con spocchia il suo Moncler rosso fuoco.
Il nuovo, inatteso arrivo, riesce a far breccia nei tre cuori in affitto, grazie anche alla sapiente regia di Vince, che da bravo ragazzo perfetto che piace alle mamme ma non alle figlie, riesce a reggere le due estremità del filo invisibile che finisce per legare i quattro ragazzi in modo indissolubile. Filo che si regge appunto sull’animo dilaniato di Vince, in perenne e precario equilibrio tra amore e amicizia. Filo che rischia di spezzarsi quando su di esso si ritrova a danzare pericolosamente anche Betty Bott, l’insegnante di Italiano che tra citazioni dell’Ariosto e scaldamuscoli alla Jennifer Beals, scopre all’alba dei suoi cinquant’anni un turbinio di emozioni mai provate che la travolge rischiando di farla cadere.
Luca Bianchini ci presenta così il suo romanzo trans-generazionale, che parla di una generazione pur rivolgendosi anche ai figli della stessa. Un mondo al cui interno il valore dei rapporti umani non veniva tracciato su schermi a led ma altresì notificato dal suono del campanello di casa e da gettoni telefonici che non bastavano mai, affondando le proprie radici nel tavolino di una gelateria dove l’unica cosa condivisa non poteva che essere una gigantesca Banana Split.
Cosa resterà di questi anni ’80, cantava Raf in una celebre canzone, e in questo Nessuno come noi, Bianchini ce li fa rivivere tutti d’un fiato, tra jingle pubblicitari e pellicce di volpe, bigliettini sottobanco per comunicare (non soltanto durante i compiti in classe) e il mitico Tuttocittà. Perché per muoversi nell’ambiente urbano di una Torino snob e al culmine del suo processo industriale non serve l’ausilio di google maps, e l’autore preferisce muovere le sue pedine lentamente tra i palazzoni grigi e offuscati dei paesi della cintura metropolitana, in un’atmosfera avvolta dalla nebbia e quasi soffocata dai gas dei tubi di scappamento delle circolari che portano in città. Quando poi per raggiungere la vera felicità a volte basta anche soltanto una giornata al mare.
Un “film” sicuramente già visto, ma che a suo modo funziona e non può essere altrimenti. Anche perché Vince, Cate, Spagna e Romeo lo siamo stati tutti, in un passato più o meno remoto. E non fa poi così male ricordarlo ogni tanto questo passato, riscoprire come eravamo.
E non è certo un peccato, che a scoprirlo, tramite queste pagine, possa essere anche la generazione figlia di quella che a trent’anni di distanza da quel 1987 sembra ormai inequivocabilmente così lontana e trapassata.
Poco importa quindi se nel farlo qualcuno preferirà comunque uno schermo piatto al tocco ruvido della carta, le sensazioni resteranno comunque probabilmente le stesse, in entrambi i casi.
«And we can build this thing together
Stand this stormy weather
Nothing’s gonna stop us now,
And if this world runs out of lovers
We’ll still have each other
Nothing’s gonna stop us now.»
("Nothing’s gonna stop us now" - Starship, 1987)
Recensione di Andrea Papa
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