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Né di Eva né di Adamo
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Né di Eva né di Adamo - Amélie Nothomb - copertina
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Né di Eva né di Adamo

Descrizione


Amélie torna in Giappone ma abbandona i tragicomici panni di impiegata nella multinazionale Yumimoto, vicenda narrata in "Stupore e tremori", e si concentra sulle peripezie sentimentali di quel periodo. Rinri è il suo fidanzato giapponese, bello e ricco, li lega un amore bizzarro ma non privo di poesia, raccontato con il solito umorismo, affondando lo sguardo chirurgico che le è proprio nell'incandescente universo dell'amore. Ma l'emozione più grande e la relazione più forte è ancora una volta quella che lega l'autrice al paese in cui è nata, e dove ha trascorso gli anni mitici dell'infanzia.
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Dettagli

2008
1 gennaio 2008
160 p., Brossura
9788888700984

Valutazioni e recensioni

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Paola
Recensioni: 5/5
Unica, la migliore contemporanea

Amélie Nothomb è nata e cresciuta in Giappone, sebbene sia di origine belga. Torna nella terra nipponica da adulta e l'ha lasciata bambina. Intanto molte cose sono cambiate ed è cambiata lei: ha girato il mondo grazie al lavoro di suo padre, si è misurata con diversi usi e costumi ma desidera ripartire proprio da dove ha mosso i primi passi. L'autrice non è certo una persona stanziale ed è curiosa, spiritosa, autoironica, simpatica, intelligente e di grande spirito - lo vediamo perfettamente dai suoi personaggi che raccontano molto della sua individualità - e se ci fa riflettere, bisogna dirlo, ci fa anche sorridere. Un sorriso spontaneo alleggerisce e regala l'acquisizione di consapevolezze nuove anche se non ci accorgiamo. Io sono sua ammiratrice sfegatata: è padrona di una cifra stilistica unica, di un tratto distintivo riconoscibile tra molti, del dono della sintesi, della classe appartenente ad un grande spirito, di una sintassi ricca ma lineare al contempo. Non amo rivelare la trama dei libri che mi piacciono e penso che sia più giusto invogliare la gente ad acquistarli. Il mio è un chiaro invito alla lettura e - personalmente - ho quasi letto tutto di Amélie Nothomb. A breve completerò la sua bibliografia perché questo sortilegio mi è accaduto veramente con pochi autori. Consigliato di cuore.

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Cristina a Montmartre
Recensioni: 5/5
Divertente

Confesso! La Nothomb, con queste sue foto in copertina, non mi faceva per nulla simpatia, ma come una regola d'attrazione che si rispetti, anche per questo motivo mi intrigava... E quindi quando l'ho visto nella libreria di un amico (caro @davidesir!) Che mi ha detto "prendilo!", non ho avuto più scuse. Eh quindi? Ma quante risate mi ha fatto fare Amélie, che ironia, che racconti! In Giappone purtroppo non ci sono mai stata ma ho conosciuto diversi giapponesi e quindi mi è stato facile capire alcuni loro meccanismi. Né di Eva né di Adamo, in un autobiografia parecchio romanzata, parla del ritorno di Amélie in Giappone dove è nata ed è vissuta con la famiglia alcuni anni prima di trasferirsi in Cina per seguire le funzioni del padre, diplomatico belga. Curiosa di leggere il suo famoso "Igiene dell'assassino" anche de mi devo imporre di leggerlo in francese perché in Né di Eva né di Adamo ho notato giochi di parole di difficile traduzione in italiano.

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Astrea
Recensioni: 3/5

l'eroina di questi librini non si smentisce mai, regalandoci la meraviglia di rapporti strampalati e invidiabili.... vorrei essere con lei sotto il monte Fuji o in quell'aereo che la riportò a Bruxelles.... per sfuggire alla banalità di rapporti sempre uguali.

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Voce della critica

Dopo Stupori e tremori e Metafisica dei tubi (2000 e 2001), è il terzo libro della scrittrice belga ambientato nel Giappone dov'è nata e vissuta nella prima infanzia e ritornata da adulta con qualche intenzione di rimanervi. Vi si narra la sua "dilettosa" storia d'amore con Rinri, un coetaneo giapponese bello, fine, intelligente, cui nel 1989, a Tokyo, la ventunenne comincia a dare lezioni di francese. Il ragazzo, che si presenta su una scintillante Mercedes bianca, s'innamorerà di lei e le chiederà di sposarlo.
Una relazione allegra, di letto ("amoropoli"), di gite, incontri difficili con gli amici, i genitori e i nonni di lui, e di conversazioni ostacolate, ma sempre meno, dallo scarso giapponese di lei e dal primitivo francese di lui. Finché – è l'ultimo capitolo, il più serio, il nocciolo del libro – lei riprende senza preavviso la via dell'Europa. "Fratello mio, io ti amo. La mia partenza non è un tradimento. Può capitare che la fuga sia un gesto d'amore. Per amare ho bisogno della mia libertà. Parto per preservare la bellezza di quello che provo per te. Non cambiare": è il discorso che lei dirige dall'aereo al sacro monte Fuji, ma, s'intende, anche al suo pretendente. E non per nulla ha battezzato l'aereo Pegaso, il cavallo alato dei poeti.
Sull'aereo trasmettono la Rapsodia ungherese di Liszt: gioia, ricordo infantile, Europa profonda in cui lei immette una battaglia fra il bene e il male, e i buoni, fuggiaschi come lei, alla fine trionferanno. È una gran bella pagina lirica. Dimenticherà il Giappone, a Bruxelles andrà a vivere "da casalinga" con l'amata sorella Juliette, dividendosi fra bucati e scrivania. Niente matrimoni né ora né mai, il matrimonio non s'accorda con una precoce e violenta vocazione artistica come la sua.
Preservare la bellezza era il messaggio esplicito del suo geniale libro d'esordio, Igiene dell'assassino (1992) e a ben guardare anche di tutti i seguenti. Ogni cosa è lecita, anche il delitto, per non cadere nella bruttezza, nelle menzogne della mediocrità. E non per nulla in quest'ultimo racconto, meno riuscito di altri, Amélie sale a piedi sul Fuji, con Rinri che rimane indietro, presto esausto. Ma non basta, lei si avventura, da sola, anche su un'altra montagna, in una bufera di neve, e non a caso si ricorda, pur con l'ironia che ad Amélie non viene mai meno, dello Zarathustra nietzschiano. La nipotina di Voltaire, quale per tanti aspetti è Nothomb, nutre anche la passione per le vette.
Questo libro pare scritto, insolitamente, un po' di fretta: salti, vuoti, scuciture, battute superflue nei dialoghi, frasi sommarie buttate là, un po' da letteratura di consumo. Vedi la seconda avventura in montagna: "È un momento sublime, vorrei che non finisse mai. Quelle sei ore sono le più belle della mia vita". O: "Esiste una gioia più grande di quella degli aeroporti, quella di salire a bordo di un aereo […]. Eppure ero sinceramente disperata nel lasciare il mio paese preferito e di partire in condizioni simili". Poi, per fortuna, viene quel diretto pane al pane che funziona sempre: "Si vede che per me la paura del matrimonio la vince su tutto". Forse il titolo stesso del libro allude a questo non voler appartenere al mediocre patetico comico dèjà vu del gioco fra i sessi. Poco gloriosa la fuga? Sì, dice lei, ma l'unico disonore che ci sia è non essere liberi.
Sempre interessanti le notazioni sui giapponesi, che dopotutto non conosciamo: per esempio, la parola "amore", salvo incidenti o picchi d'amore passionale, è riservata alla letteratura. E la loro maniacale attenzione ai particolari della tecnica o, ancora più strabiliante, la loro cerimonia della conversazione? Un tempo, ai banchetti imperiali, tutti tacevano, fu nell'Ottocento che i giapponesi appresero dall'Occidente l'obbligo di parlare a tavola, fino ad allora prerogativa delle gheishe. Ma scomparendo queste, l'ingegnosità giapponese ha creato la figura del maestro di conversazione, che ha in mano la mappa delle identità dei commensali – nome, laurea, professione, azienda dove lavorano – e che, munito di microfono, ora gira intorno alla tavola dicendo: il qui presente signor X direbbe probabilmente al signor Y che… e il signor Y gli risponderebbe che… e il signor Z gli suggerirebbe…. Ma la cosa sorprendente è che i giapponesi ascoltano – disposizione da noi ormai rara. Rinri stesso è sorprendente nel suo non creare ad Amélie laceranti addii da romanzo occidentale. Un cavaliere antico. Come anche gli attuali abitanti di Hiroshima: "Il capitale della vittimizzazione, tesoro nazionale di tanti popoli, a Hiroshima non esisteva".
Amélie amerà sempre il suo eroico Giappone delle cerimonie, delle montagne innevate e dell'ossessione tecnologica, e ce ne trasmette il fascino. Ma, come spesso gli scrittori, lei può amare soltanto da lontano, nelle sue fantasie al tavolino.   Anna Maria Carpi

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La recensione di IBS

Fedele alla sua scelta di pubblicare un libro all'anno, Amélie Nothomb ci regala il suo sedicesimo romanzo. Come in Stupore e tremori (lì aveva scritto: "lasciare il Giappone fu per me uno sradicamento"), la scrittrice, figlia di un diplomatico belga, torna nel Paese della sua infanzia per raccontare una storia d'amore originale, mai scontata, sospesa tra Europa e Sol Levante, tra due registri linguistici, francese e nipponico, due orizzonti di senso distanti ma sempre vivi nelle corde dell'autrice.
Amélie è una ventunenne insegnante di francese a Tokyo, che studia a sua volta il giapponese e racconta in prima persona l'incontro con Rinri, il suo timido allievo di buona famiglia che la segue come uno scolaro ordinato nelle lezioni al caffè di Omote-Sando. Il confronto fra i due diviene lo spunto per rappresentare ironicamente certi luoghi comuni: lei beve sempre tè verde e mangia sushi, lui viaggia solo su una Mercedes bianca e trangugia piatti europei precotti come la fonduta svizzera o la pasta alla carbonara, bevendo Coca Cola. Tra loro nasce una relazione e lui la presenta in famiglia, nonni tradizionalisti compresi. I ragazzi vanno in gita romantica sul battello ad Hakone tra coppiette mano nella mano e canzoni sdolcinate che escono dai megafoni. Non si fanno mancare nulla: si susseguono le cenette, i pranzi a base di sashimi a casa degli amici, i film cult nei cinema di Tokyo, le gite nella natura e in montagna. Vanno anche sul monte Fuji in meno di una giornata, perché ogni giapponese deve averlo scalato almeno una volta nella vita, "per meritare una nazionalità così prestigiosa". Amélie è felice con Rinri, per lui prova amicizia, tenerezza, lui è il suo koibito, colui con il quale condivide il koi: prova "diletto" in sua compagnia. Hanno entrambi due deliziose sorelle che vivono in Belgio e in California e che li vengono a trovare a Tokyo: anche questo è un elemento che li avvicina. Così vanno a convivere e si fidanzano, Amélie si impiega in una delle sette maggiori imprese nipponiche, e Rinri, perdutamente innamorato, le chiede di sposarlo. Le farà la stessa domanda per 240 volte e quando lei crederà di rispondergli "no", per un diverso modo di costruire le frasi, lui capirà esattamente il contrario... Il finale, è tutto da scoprire.
La Nothomb, che in Biografia della fame scriveva moi je parle le franponais ("io parlo il franponese"), volendo sottolineare quanto le fossero indistintamente proprie le due lingue, ripropone in queste pagine autobiografiche i temi dell'amore e della diversità linguistica e culturale, declinandoli in una prosa ironica e tagliente, attraverso una trama sorprendente e che non smette di incuriosirci.

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Conosci l'autore

Amélie Nothomb

1966, Etterbeek

Scrittrice belga. Figlia di un ambasciatore membro di una delle famiglie più in vista del suo paese ha trascorso l'infanzia in Giappone, per poi trasferirsi in Cina al seguito del padre diplomatico.I suoi libri hanno ormai conquistato milioni di lettori e fans appassionati. L’esordio a soli ventitré anni con Igiene dell’assassino, cui ha fatto seguito, ogni anno, un romanzo accolto con identico successo. Laureatasi, decide di ritornare a Tokyo per approfondire la conoscenza della lingua giapponese studiando la «langue tokyoïte des affaires»: assunta come traduttrice in una enorme azienda giapponese, vive un'esperienza durissima che racconta in seguito nel libro Stupore e tremori, che riceverà il Grand Prix du Roman dell'Académie...

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