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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2016
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Davvero un bel libro: godibilissimo, personale ma piuttosto equilibrato nei giudizi e nella prospettazione dei fatti anche se, qua e là, si sente il retrogusto di qualche semplificazione. Per i miei gusti è un ottimo esempio di libro che si ha voglia di leggere durante un fine settimana di tranquillità.
Come nella migliore tradizione della saggistica anglosassone, questo volume coniuga l'estrema piacevolezza della lettura con il rigore della ricerca storica. Ne sorge un quadro affascinante di civiltà, colta in una prospettiva di analisi che è stimolante essa stessa: l'autore ha scelto di porsi nella veste immaginaria di un uomo del II secolo d.C., nell'età degli imperatori adottivi, che voglia capire l'origine del suo mondo, e il riaffiorare, prepotente, di un neoellenismo, ben rappresentato dall'imperatore Adriano. Un testo che si legge e si consulta con il piacere di percorrere strade sottili nella rivisitazione di un mondo restituito alla sua vita ed alla sua bellezza. Un'ottima lezione di stile storico, di narrazione che, in certe pagine, specie quando cita le fonti primarie, restituisce appieno l'aura di un'epoca. Si prova meraviglia, stupore e, a tratti, in questo immondo oggi, nostalgia, insopprimibile rimpianto per qualcosa che abbimao smarrito. Dov'è finito quello spirito, dove si è persa l'amima profonda di quegli uomini, nostri simili, sempre più nostri fratelli? ( Ma qui, mi rendo conto, scivolo su un crinale arduo, e già poeti come Eliot, ad esempio, hanno provato a dare delle risposte, possibili...).
Un testo affascinante che narra le nostre origini, ricco di immagini e mappe geografiche. Un testo per conoscere in modo accattivante la storia, con la cura di evitare lungaggini descrittive.
Recensioni
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Un titolo così ambizioso, indubbiamente, fa tremar le vene e i polsi anche a chi, come Lane Fox, noto soprattutto per il suo Alessandro Magno (Einaudi, 2004), non è nuovo a simili imprese: basti pensare al suo Pagani e cristiani (Laterza, 2006), una straordinaria raccolta di materiali in una sintesi estremamente originale che supera gli specialismi spesso caratteristici di simili studi. Qui, però, il progetto è ancora più ambizioso: settecento pagine non sono molte per presentare mille anni di storia e di "classicità", a partire dal caso del tutto particolare di Omero, un pre-classico riconosciuto dagli antichi come il classico per eccellenza, per giungere fino al classicismo di Adriano.
L'idea è dunque quella di vedere che cosa sia quella che, non solo per noi, ma già per gli antichi era considerata epoca classica, con una prospettiva particolare: lo storico immagina di partire dallo sguardo di Adriano sulla classicità, e di rendergli ragione dello sviluppo e dei mutamenti di quel mondo classico delle cui diverse manifestazioni vede i segni nel corso dei suoi viaggi ai confini dell'impero, e da cui l'imperatore cerca ispirazione. Per porre ordine in una materia di tale ampiezza, Lane Fox sceglie tre temi guida, che pur non essendo una rigida gabbia nello sviluppo dello studio, vengono periodicamente rievocati per portare a unità le osservazioni che nascono dalla narrazione delle vicende storiche: la libertà, la giustizia e il lusso. Lo storico può così alternare alla narrazione diacronica e allo studio dell'evoluzione delle forme di governo considerazioni più particolari sulla famiglia, sui rapporti personali, sulla condizione della donna.
Il pubblico a cui si rivolge è vario: questa storia "epica" è ben più sia di un compendio di storia antica (troppe notizie mancherebbero), sia di un semplice sguardo incuriosito sull'antichità: le sintesi, i filoni di lettura in una prospettiva cronologica così vasta tradiscono una ben più approfondita riflessione storica, e la continua rilettura di avvenimenti alla luce di recenti scoperte epigrafiche e archeologiche porta spesso a considerazioni innovative. Al tempo stesso, però, gli avvenimenti e i personaggi della storia greca e romana sono presentati senza lasciare nulla o quasi alle conoscenze pregresse del lettore. Il tono, lungi dall'essere quello di un manuale, è talora avvincente come una narrazione romanzesca, ma l'aderenza e la fedeltà ai dati sono rigorose, in piena coerenza con gli altri lavori dello storico. L'ampiezza degli argomenti toccati porta inevitabilmente a scelte ed esclusioni: l'autore si sofferma, per esempio, a discutere la reale autorità dei consoli nell'originario ordinamento politico di Roma dopo la caduta della monarchia, ma non si sofferma affatto sul problema dell'origine della suddivisione in patrizi e plebei e, ovviamente, di simili esempi se ne potrebbero fare molti. L'addetto ai lavori gradirebbe talora più riferimenti puntuali alle fonti, spesso citate in forma generica, ma già così il volume supera abbondantemente il mezzo migliaio di pagine, e il lavoro avrebbe necessariamente assunto un diverso aspetto.
Qua e là la sintesi, nel tentativo di superare immagini stereotipate, sembra portar via con sé le sfumature: per esempio, è evidente che il simposio greco doveva avere aspetti ben meno rispettabili di come lo raffigura Platone nell'omonimo dialogo: si beveva, si assisteva a balli verosimilmente più accostabili alle esibizioni di lap dance che a composti minuetti, ma generalizzare dicendo che i greci banchettavano sdraiati per fare sesso, se serve utilmente a sfatare inopportune raffigurazioni idealizzate di momenti conviviali in cui indubbiamente i piaceri fisici erano al primo posto, non rende giustizia di tutta quella poesia conviviale di tema gnomico, politico, morale, che affida al momento conviviale anche ben altre valenze: piace sperare che anche oggi i nostri governanti, al di là di feste a base di "veline", fotomodelle e cocaina, talora affrontino anche colazioni di lavoro di più alto livello.
La vastità dei temi affrontati impedisce, mi sembra, che il lavoro presenti coesione e coerenza pari a quella del volume Pagani e cristiani, ma nulla toglie al suo grande interesse. Di piacevole lettura per i non specialisti, è altresì ricco di spunti innovativi per gli addetti ai lavori, che vi troveranno raccolta e sfruttata una quantità sorprendente di testimonianze di diverso genere. Insomma, dal libro proviene più di uno stimolo a riflettere su quel mondo classico, tanto evocato e discusso come pietra di paragone anche ai nostri giorni, spesso, però, senza coglierne pienamente i tratti, e senza opportunamente individuare i termini in cui già gli antichi stessi concepivano la classicità e i rapporti che tale immagine aveva con l'effettiva realtà storica. Edoardo Bona
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