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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2025
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Tra flashback di film anni '80 — Mickey Rourke in "9 settimane e 1/2" e Whoopi Goldberg —, dialoghi surreali e spassosi, descrizioni di una New York patetica e scintillante, il libro ci spinge a chiederci se davvero si può sfuggire al dolore, mettendo a nudo il lato più oscuro e incomprensibile dell'umanità.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Depressione, disincanto, delusione e una specie di cupio dissovi portano la protagonista ad un uso massiccio di psicofarmaci per dormire, in un desiderio di straniamento (e annullamento forse temporaneo) dalla vita. Storia triste, con finale semiamaro, punteggiata da ironia e scritta con l'uso di elenchi ripetuti, specie di farmaci. Comica e devastante la figura della psichiatra. P. S. Di passata, val la pena ricordare che una persona che usasse tutti i farmaci di cui abusa la protagonista non avrebbe passato il semestre.
Un rischioso esperimento porta la protagonista ad assumere in dosi sempre maggiori potenti sedativi e ipnotici nell’intento di cadere in un lungo letargo senza preoccupazioni né interferenze esterne. Non sarà così e la donna, il cui nome non è reso mai reso esplicito, alterna fasi catatoniche ad altre di totale oblio, dominate da iperattività incosciente, fino alla rinascita e all’accettazione del dolore come esperienza ineliminabile della vita. Scritto in modo fluido e coinvolgente, il romanzo intreccia significativamente la vicenda individuale con la storia e la cultura dell’ultimo scorcio del secolo scorso scosso dalla tragedia delle Torri gemelle. Contrariamente alla presentazione della quarta di copertina, non c’è alcuna tenerezza né ironia nella narrazione, prevale semmai l’espressione del disagio, dell’alienazione e della disperazione di un’intera generazione, talvolta delineata con tratti grotteschi.
Sfacciato, sincero, a tratti, incomprensibile. Ciò che è chiara è l'apatia totale della protagonista, della quale non si conosce nemmeno il nome. Non riesce a commuoversi quando ripensa alla morte dei suoi, non prova empatia per l'amica. E spesso, ci salta in mente il pensiero, a noi lettori, che possa morire di overdose. Una lettura che sembra essere leggera, ma che stimola a pensare sui sentimenti verso gli altri e anche per noi stessi.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“Finalmente stavo facendo qualcosa che aveva davvero senso. Dormire mi sembrava produttivo, come se qualcosa venisse risolto. Sapevo in fondo al cuore – e questa era forse l’unica cosa che sapevo in quel periodo – che se fossi riuscita a dormire abbastanza sarei stata bene. Mi sarei sentita rinata, nuova. Avrei potuto diventare un’altra persona, ogni cellula rigenerata tante volte così che quelle vecchie sarebbero state solo memorie sfocate, distanti. La mia vita passata sarebbe stata solo un sogno, e avrei potuto ricominciare senza rimpianti, rafforzata dalla beatitudine e dalla serenità accumulata nel mio anno di riposo e oblio.”
È possibile sfuggire al dolore e anestetizzare i sentimenti? Questo è il quesito che affligge una giovane bella, ricca e privilegiata, che con l’aiuto di una folle e inconsapevole psichiatra decide di andare in letargo per un intero anno della sua vita, cibandosi solo di sonniferi e Xanax.
Nel raccontare la vicenda di questa moderna Bella Addormentata in chiave dark, Ottessa Moshfegh costruisce una sagace e severa critica della società delle apparenze degli anni Duemila, nello specifico dell’élite newyorkese dei quartieri alti e della sua vanitosa gioventù, eternamente insoddisfatta, incapace di gestire i ritmi nervosi della vita e a orientarsi in un mondo connotato da rapporti umani e sentimenti sempre più liquidi.
Attraverso una narrazione fluida ed essenziale e uno stile scattante, la Moshfegh ritrae con disincanto, distacco e pungente ironia personaggi insopportabili e paradossali, eppure tremendamente sinceri, proprio come il senso di precarietà e instabilità che li tormenta, nel quale il lettore non potrà fare a meno di riconoscersi.
Recensione di Lara Metta
Si ringrazia il Master Professione Editoria dell'Università Cattolica di Milano
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