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Anno edizione: 2016
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Grazie a Silvia e Nabil per il lavorone che hanno fatto.. hanno cercato di riprodurre il ritmo originale.. non è mica facile soprattutto di testi pieni dell'anima di Nizar. Da un lettore arabo, che ha già gustato le poesie di Nizar in arabo, il loro lavoro mi ha colpito. una lettura consigliata a chi vuole avere un'idea diversa del mondo arabo.
L'amore descritto nelle sue forme più soavi e delicate. Autore che lo celebra in maniera esaustiva. Non posso non consigliarlo.
Poesie memorabili che finalmente introducono il lettore italiano alla produzione di Qabbani (finora l'avevo letto solo in inglese). Spero seguiranno altre traduzioni e che nelle edizioni successive vi sarà, come giustamente annotato nella recensione precedente, il testo arabo a fronte. In ogni caso, questo è un libro da leggere e rileggere.
Recensioni
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“Ti ho lasciato scegliere...quindi scegli / tra morire sul mio petto / o sui quaderni delle mie poesie. / Scegli l’amore o il non-amore”.
Si apre con questi versi l’antologia del poeta siriano Nizar Qabbani, nato a Damasco nel 1923 e morto a Londra nel 1998. Riformatore della poesia araba sia nella lingua che nei temi, ma conosciuto in maniera forse riduttiva come “cantore dell’amore”, torna dopo una presenza intermittente nel nostro panorama editoriale e culturale. Le sue poesie ritrovano una “voce” italiana grazie all’arabista Silvia Moresi e al cantautore Nabil Salameh; il loro paziente lavoro di ricerca e traduzione restituisce al lettore un immaginario tanto ricco quanto quotidiano, cantato in una lingua intima e colloquiale: “Piccole cose, / le attraversi senza accorgertene, / ma ne valgono la mia vita, / tutta la mia vita. / Episodi che forse non riscuotono il tuo interesse, / ma con essi costruisco palazzi / in cui vivo per mesi, / intreccio tante storie, / mille cieli / e mille isole. / Cose...quelle tue piccole cose...”.
La pubblicazione corredata da una postfazione di Paola Caridi, cade nel novantatreesimo anniversario della nascita del poeta e raccoglie trenta componimenti scritti nell’arco di un trentennio, scelti da Qabbani stesso. Ahla qasa’idi è infatti un’auto-antologia, assemblata dal poeta attingendo alle poesie più amate dal pubblico e al tempo stesso più rappresentative della sua poetica, le stesse che gli costarono un’aperta ostilità da parte delle autorità religiose e di alcuni esponenti della politica e della cultura della sua epoca. Qabbani fu infatti cantore di un amore potente e carnale, vissuto con libertà, desiderio e malinconia da voci sia maschili che femminili, in aperto conflitto con la rigidità, il disagio e i sensi di colpa borghesi che, in famiglia come nelle cerchie in cui era cresciuto, mortificavano il corpo; in Prostituta, per esempio, l’ipocrisia di quanti concepivano il corpo femminile al servizio del piacere maschile: “Solo la donna viene giudicata quando si prostituisce, / ma quanti criminali assolti con le mani sporche del suo sangue!”.
L’assunzione di un punto di vista femminile ha le sue radici tra le mura domestiche; nel 1936 la sorella maggiore di Qabbani si era suicidata poiché non aveva potuto sposare l’uomo che amava. Tra le pagine dell’antologia c’è però spazio per altri temi: in Il pane, l’hashish e la luna, componimento del 1954 per il quale il poeta rischiò di essere perseguito legalmente, il verso si fa politico e collettivo, denuncia dell’immobilità e dei malanni della società araba: “il nostro oriente che rigurgita storia, sogni pigri e vuote fantasie”.
Recensione di Paola Rotolo
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