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Sono d'accordo con la recensione di Riccardo del 11 marzo 2009: il salto dalla fisica quantistica ai processi molecolari e neurobiologici è eccessivo, come saltare dal virus ai primati senza passare dai batteri e dalle cellule eucariote.
Ne consiglierei la lettura a chi sopravvaluta le capacità dell'intelligenza artificiale e ai sostenitori della singolarità. A parte le idee sulla natura della coscienza, che rimangono a livello di ipotesi interessanti ma ancora prive di riscontro, le obiezioni dell'autore alla possibilità (anche in un lontano futuro) di costruire delle vere macchine pensanti sono decisamente fondate.
Un libro che si presenta difficile in alcune parti poichè si addentra in teorie di matematica pura e presenta numerose formule e schemi che spesso non sono direttamente attinenti al contenuto. Ciò è dovuto al fatto che Penrose vuole essere rigoroso nella sua esposizione. Tuttavia essendo egli un eccellente divulgatore riesce a spiegare cose molto complesse in termini comprensibili. Molto bella la parte inerente la macchina di Turing e la definizione di non-computabilità di alcune formule matematiche. Interessante la sua trattazione delle misteriose figure dei frattali. Chi dice che Penrose non capisce il teorema di Godel e come se dicesse che Carlo Rubbia non conosce la fisica. La trattazione finale che riguarda il suo tentativo di spiegare l'emergere della coscienza nel cervello umano e soprattutto la "funzione" che essa ha, è affascinante. Le ipotesi (anche speculative) su come la coscienza agisca per mettere a fuoco l'esperienza del mondo rispetto a quello che fa la mente inconscia. La sua teoria dei concetti "platonici" preesistenti alla mente umana ed altre teorie rendono questo libro un capolavoro.
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