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Anno edizione: 2018
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
il primo di Faggiani che leggo, e che me ne ha fatto innamorare. è una storia molto tenera ma con tanti punti di riflessione.
Storia di vita ben scritta. da leggere !
Non ha trovato un posto particolare nel mio cuore, ma fa stare bene. E d'altronde, quando dentro delle pagine trovi un po' di te stesso e delle cose che riempiono le giornate migliori, sembra giusto sedersi e sfogliarle sorridendo e riflettendo.
Recensioni
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Ho la pessima abitudine di scegliere spesso le mie letture curiosando in cerca di ispirazione tra soli titoli e copertine, nessun altro indizio. A volte funziona, altre no. Francamente, non credo mi sarei lasciato incuriosire da un titolo come “La manutenzione dei sensi” né tantomeno dalla sua copertina. Quando poi un amico me lo ha consigliato, ho accettato senza grande convinzione già pronto a sbattergli in faccia, con fare spocchiosamente snob, la mia distanza da romanzetti filosofici dal retrogusto zen.
E invece… sorpresa!!!… è il libro più delicato nel quale mi sia capitato di imbattermi negli ultimi tempi. Non una parola fuori posto. Non una pagina inutile, dall’inizio alla fine. Una storia che ribalta le radici del dolore in serenità. Un intreccio di legami forti, di dubbi, di comprensione e di vita. Un’educativa passeggiata lungo il labile confine sul quale normalità e diversità finiscono con l’amalgamarsi. Una storia tenera temprata dalla durezza della montagna; mai banale, condita di personaggi mai casuali. Per scoprire che, alla fine, la manutenzione dei sensi non è altro che “Le ore di cammino nella notte … Nessuna domanda, nessuna parola, solo occhi spalancati, piccoli gesti e passi misurati per non fare rumore; inizialmente impacciati poi sempre più fluidi, naturali fino a essere parte di quel momento e di quell’ambiente. Come i rami sottili d’arbusto che tremolano al vento lieve, un cumulo di neve che diventa liquido e trasparente e si immerge nella terra, un pipistrello in caccia che sfreccia silenzioso tra gli alberi.”
Un padre e suo figlio – che figlio non è – e la lenta, progressiva confidenza con la sindrome di Asperger. Un padre e sua figlia, forzatamente distanti, costantemente vicini. Un padre e sua moglie, separati troppo presto da un cinico scherzo del destino, ma con una marea di sogni ancora condivisibili. La scelta coraggiosa e inconsueta di abbandonare la frenetica metropoli per trasferirsi in una baita isolata tra i boschi della Valle di Susa. La montagna, la “mia” montagna, scuola di vita e dispensatrice di emozioni. Una vita con vista sul cielo, sulle vette, sui prati. Là dove le emozioni viaggiano rapidamente portate dalle nuvole e dolcemente ricadono senza provocare rumore. Là dove solo il naturale rispetto ti impedisce di toccare le stelle.
Viene spontaneo immergersi nei personaggi, nella trama; in apnea, ripercorrendo sentieri, boschi e prati mille volte calpestati. Poi si arriva all’ultima pagina. Chiudi. Metti via, con un po’ di rammarico. Ma resta tutto lì. L’effetto che fa, più che quello di un libro che rimane dentro, è quello di rimanere intrappolati dentro al libro. E di non avere alcuna voglia di uscirne.
Faggiani, imparare a capirsi nel silenzio della montagna
Dopo aver trascorso una vita in giro per il mondo a fare il giornalista, Leonardo Guerrieri prende la decisione: trasferirsi da Milano, la grande città caotica, alla Valle di Susa, dove tra il ricordo della moglie morta e l’ambizione di un futuro di serenità e silenzio decide di restaurare un rudere, che diventerà così una confortevole baita di montagna. Inizia così La manutenzione dei sensi di Franco Faggiani, pubblicato dall’editore Fazi. Una sorta di esilio, verso un Piemonte montano, una natura lussureggiante ma anche ostile per chi non la sappia onorare e rispettare, e una grande metafora letteraria che racconta il salvataggio di un’esistenza, anzi di due.
Rimasto vedovo, Leonardo ha infatti con sé una figlia spumeggiante, Nina, impegnata nel lavoro, che presto la porterà negli Stati Uniti, e nel sociale. Ecco perché è proprio Nina a decidere di prendere in affido un bambino senza genitori. Fa così il suo ingresso nella storia Martino, 8 anni e davanti un futuro incerto, vuoi l’affido temporaneo in casa Guerrieri, vuoi che, dopo qualche anno, si scopre che è affetto dalla sindrome di Asperger.
Ma questa storia è tutto tranne che un cliché. Perse di vista le pratiche di affido, lasciata alle spalle Milano, dalla Val di Susa Leonardo e Martino iniziano una nuova esistenza. Nella baita hanno ciascuno una propria stanza, e vivono insieme come un padre e un figlio, senza che questa relazione venga mai esplicitata, senza invadere gli spazi reciproci, alla ricerca costante, invece, di un equilibrio, una serenità.
Dopo la prima, ragionevole, preoccupazione per la sua sindrome, Leonardo impara a gestire la “particolarità” del bambino poi diventato adolescente e ragazzo. Quando si trasferiscono in Piemonte Martino ha infatti 14 anni e da tempo è stato visitato da uno specialista che non ha sancito alcuna problematica, anzi ha ricordato al padre adottivo come tanti artisti e geni noti nel mondo avessero l’Asperger.
È una questione di equilibrio, di ricerca. Martino mal sopporta i gesti di affetto espliciti e i contatti, Leonardo ama la solitudine e il silenzio: è in questa bolla che i due si incontrano e imparano reciprocamente a capirsi. Ma Martino è anche un ragazzino di viva intelligenza: eccelle a scuola, tanto da ottenere il diploma un anno prima, e vorrebbe iscriversi a un’università di design. Accanto alla sua mente brillante affianca l’attività manuale, che nel rifugio della vita di montagna può trovare vigore. È lui infatti ad accudire le bestie e seguire l’orto, e ad appassionarsi alla lavorazione del legno. Ed è grazie all’amicizia speciale con il vecchio montanaro Augusto Bremond, solitario e silenzioso, che il ragazzo trova una sua dimensione, e costruisce la propria vita a fianco a Leonardo, lontano dalla chiassosa città, teso all’essenziale, a ciò che lo rende sicuro e felice.
La montagna ha del resto un ruolo da protagonista in questa storia scritta da Faggiani che, a ben guardare, è la narrazione di un delicato rapporto genitoriale, anche se non formalmente disegnata come tale. La montagna è silenziosa, richiede rispetto, i suoi segni vanno letti, interpretati, curati con attenzione. Un imparare a capire che diventa, nel rapporto in costruzione tra Martino e Leonardo, un imparare a capirsi. Un luogo che rispecchia e si rispecchia in due personaggi particolari, e forse simili, talvolta sintonizzati su frequenze vicine, talvolta disposti a scendere a patti per rimodularsi, e capirsi.
Contrappunto alla socialità rarefatta e utile alla crescita e al consolidamento del rapporto tra Martino e Leonardo è Nina, una valanga di vita, colei che innesca le trasformazioni rivolgendosi alla vita stessa, e non restandone cautamente al margine come prediligono invece Leonardo e Martino. La montagna, ai due, servirà anche a questo, a trovare una socialità speciale, fatta di pochi intimi amici con cui scambiare profondo e sincero affetto, e fiducia.
In questa sicurezza cresce e germoglia, stagione dopo stagione, nelle pagine di Faggiani, il percorso interiore dei due, che si fa doppio nell’incrocio delle esistenze diverse, sempre in ascolto l’una dell’altra, con defilato riserbo e bisogno di conoscere sé e l’altro. Entrambi tendenti alla solitudine, Martino e Leonardo rispettano i confini reciproci lasciando sbocciare, sotto sotto, un affetto capace di scaldare, e di commuovere il lettore.
Il ritorno alla natura, maestosa e insieme semplice, essenziale, risponde a un’esigenza di rallentamento, di profondità: i sensi si ravvivano, si impara – ancora e di nuovo – a stare nel mondo, con gli altri. Di questo ha bisogno Leonardo, per ritrovare un suo posto, ma a questa atmosfera semplice, di cose piccole ed essenziali, di magia della neve solcata dalle orme degli animali e calore di stufa a legna attinge anche Martino.
Solo così può costruirsi l’affetto tra un padre e un figlio, due storie difficili che si trovano un giorno insieme, e insieme riescono a costruirsi un senso, trovando una serenità che sembrava compromessa tra l’asfalto e i palazzi. Invece abita ancora là dove la natura si srotola nel ritmo cadenzato delle stagioni, nell’essenzialità dei gesti e degli affetti. I fronzoli non piacciono né a Leonardo né a Martino, amareggiato dal lutto il primo, schivo per indole il secondo. E l’essenziale, in questo romanzo di Faggiani, è molto visibile agli occhi, basta camminarci dentro, osservandone con i sensi accesi ogni particolare, per far ripartire il cuore, dare nuova luce alle relazioni.
Recensione di Alessandra Chiappori
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