(Saint Louis, Missouri, 1888 - Londra 1965) poeta, drammaturgo e critico angloamericano.La vita e le opere Nel 1906 si iscrisse all’università di Harvard. Gli anni universitari e l’ambiente intellettualmente assai vivo della Boston anteguerra furono di importanza fondamentale nella formazione di E., che in questo periodo venne scoprendo Donne e i metafisici, gli elisabettiani, i postsimbolisti francesi Laforgue e Corbière e, attraverso la mediazione di Pound, i provenzali, gli stilnovisti e soprattutto Dante. Dopo un breve soggiorno a Parigi (1910-11), dove frequentò la Sorbona, entrando in contatto con Fournier e Rivière, e un triennio ancora a Harvard, nel 1915 si stabilì a Londra. Qui fu costretto a lavorare per qualche anno come impiegato alla Lloyds Bank, e solo in seguito ai primi successi riuscì a dedicarsi definitivamente e totalmente all’attività letteraria. Nel 1917 uscì la sua prima raccolta di poesie: Prufrock e altre osservazioni (Prufrock, and other observations), tra le quali spiccano Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock e Ritratto di signora. Seguirono Poesie (Poems, 1919), poi ripubblicate, con esclusioni e aggiunte, nel 1920 col titolo di Ara vos prec. Del 1920 è anche la raccolta di scritti critici e teorici Il bosco sacro (The sacred wood), primo di una serie di volumi che fanno di E. uno dei maggiori critici del nostro tempo e nel quale figurano già alcuni dei suoi saggi più importanti sul rapporto tra il poeta come individuo e la storia della poesia come esperienza corale di tutta una civiltà. Del 1922 è La terra desolata (The waste land), il poemetto che, insieme con Gerontion (1920) e Gli uomini vuoti (The hollow men, 1925), segna il culmine della prima fase della poesia di E., quella legata alla lucida, ferma costatazione di una crisi generale e senza sbocchi.Dal 1923 direttore della rivista «The Criterion», poi della casa editrice Faber and Faber, E. ottenne nel 1927 la cittadinanza inglese e si convertì all’anglicanesimo, manifestando in una scelta decisiva quelle opzioni religiose che andava maturando da anni. Primo frutto della conversione è il poemetto Mercoledì delle ceneri (Ash-Wednesday, 1927-30), sul tema dell’attesa penitenziale. Si manifesta in questo periodo anche il suo interesse per il teatro: prima con una serie di saggi teorici e storici, poi con Assassinio nella cattedrale (Murder in the cathedral, 1935) e La riunione di famiglia (The family reunion, 1939). Seguirono i drammi Cocktail party (1950), L’impiegato di fiducia (The confidential clerk, 1954) e Il grande statista (The elder statesman, 1959). Con questi lavori E. intendeva reagire al naturalismo, sia ricorrendo a nuovi temi, sia adottando il verso al posto della prosa: i pregi maggiori di questi testi sono di natura lirica più che drammatica. Dal 1936 al 1942 compose quello che è forse, dopo La terra desolata, il suo testo poetico più alto: Quattro quartetti (Four quartets), centrato sui rapporti tra il tempo e il senza tempo e sul momento del loro contatto nell’Incarnazione del Verbo. Nel 1948 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura.La poetica E. è uno dei poeti che più lucidamente hanno interpretato il nostro tempo, certo quello che meglio ha dato espressione al «consapevole disorientamento di un’epoca». La sua poesia, almeno fino alla conversione, esprime un mondo privo ormai di significato, in cui al crollo dei valori tradizionali non segue la nascita di nuove certezze: un mondo di morti viventi, che La terra desolata traduce potentemente nella simbologia dell’aridità e della desolazione; nel migliore dei casi, un mondo di uomini ricchi di una consapevolezza a volte ironica, a volte sofferta, sempre impotente, colti nel momento dell’esodo o piuttosto nella timida attesa di un indistinto, secondo avvento. Con la conversione, E. trova una risposta a questa problematica e una speranza concreta per colmare tale attesa; ma si tratta pur sempre di una risposta e di una speranza inquiete, ansiose, purgatoriali, che si placano soltanto nel mistico invito all’umiltà, al distacco, al raccoglimento dei Quattro quartetti. Reagendo sia al razionalismo cerebrale del Settecento, sia al vaporoso sentimentalismo dell’età romantica, E. propugna una poesia che sia fusione di intelletto e sentimento, risalendo alla lezione dei poeti metafisici che, come egli stesso scrive, «sentivano il loro pensiero immediatamente come il profumo di una rosa», e al simbolismo universale di Dante, il poeta che, secondo E., esprime «la più grande intensità emotiva del tempo suo, basata su quello che costituisce il pensiero del suo tempo». Di qui la teoria del «correlativo oggettivo», secondo cui le emozioni individuali del poeta debbono oggettivarsi in immagini concrete universalmente partecipabili. Di qui anche il suo tipico linguaggio: scabro, arido, quotidiano, ma nello stesso tempo aperto a echi di mistero, a risonanze metafisiche.