Friedrich Hölderlin è stato un poeta tedesco. Autore di una poesia non facile e che non concede nulla alla leggibilità, ha cantato la presenza del divino, proprio in un mondo moderno che dal divino andava sempre più allontanandosi La vita Orfano di padre, fu presto separato dalla madre e compì studi severi in seminario, maturando un profondo risentimento contro la violenza dei pedanti e la religiosità ufficiale. A Tubinga, nel collegio teologico dello Stift, si legò di amicizia con Schelling e Hegel, suoi condiscepoli. Studiò Kant, Spinoza, Rousseau. Nel 1793 fu abilitato all’ufficio di pastore, che tuttavia non volle mai esercitare. A quell’anno risale l’entusiastica adesione agli ideali di libertà della rivoluzione francese. Trasferitosi a Jena, seguì le lezioni di Fichte e frequentò Schiller. A Weimar si incontrò con Goethe e Herder. Nel 1796 entrò come precettore dei figli nella casa del banchiere Gontard, a Francoforte, e si innamorò della coetanea Suzette, moglie del banchiere. Suzette fu la sua ispiratrice e il modello di «fanciulla greca» che, nelle sue opere, Hölderlin chiama Diotima. Dopo la forzata separazione da Suzette, Hölderlin visse a Homburg (1800). Quindi raggiunse Hauptwyl, in Svizzera, dove per tre mesi (1801) fu precettore presso un commerciante. Chiesto inutilmente a Schiller un incarico di greco a Jena, si trasferì a Bordeaux, precettore nella casa del console di Amburgo. Lasciò Bordeaux il 9 maggio 1802, attraversò a piedi la Francia, diretto in Germania, e apprese durante il viaggio che Diotima era morta. Nel 1804 l’amico I. von Sinclair gli procurò un posto di bibliotecario; ma le sue condizioni mentali erano già minate dalla schizofrenia. A partire dal 1806, dopo un periodo di ricovero nella clinica psichiatrica dell’università di Tubinga, Hölderlin fu dato in custodia a un falegname, che lo alloggiò in una sua torre sulle rive del Neckar. Là visse per 37 anni in una condizione di mite demenza, suonando il pianoforte e scrivendo strani versi, che firmava con il nome di Scardanelli. L’«Iperione» e «La morte di Empedocle» L’opera di Hölderlin comprende, oltre alle poesie, una tragedia, La morte di Empedocle (Der Tod des Empedokles), e il romanzo epistolare Iperione o L’eremita in Grecia (Hyperion oder der Eremit in Griechenland, prima stesura 1793, stesura definitiva 1797-99). Iperione è un giovane greco, che vuole battersi per l’indipendenza del suo paese; ma la ferocia della guerra lo disgusta. Morta l’amata Diotima, si rifugia in Germania, sede di un disumano attivismo e di una umanità alienata, promettendo a sé stesso un avvenire di poeta e di educatore. In tre redazioni successive (1797-99), e incompiuta, ci è pervenuta la tragedia in versi La morte di Empedocle. Nel suicidio del filosofo greco Hölderlin rappresenta il desiderio di immolarsi per la redenzione degli uomini ma anche l’ambizione di uguagliarsi ai celesti. La produzione lirica La fama di Hölderlin è però affidata soprattutto alle liriche. La sua produzione comincia con inni di imitazione schilleriana, che cantano i grandi ideali dell’umanità (Inno all’umanità, Hymne an die Menschheit, 1791; Inno all’amore, Hymne an die Liebe); ma già nel periodo di Francoforte si avvicina ai metri della poesia classica antica. La natura diventa mallevatrice della liberazione dell’uomo dall’irrigidimento storico-sociale: Al dio del sole (Dem Sonnengott), Fantasia a sera (Abendphantasie). Attraverso riferimenti a figure della mitologia greca Hölderlin cerca di conferire concretezza a esperienze appartenenti al presente: Natura e arte o Saturno e Giove (Natur und Kunst oder Saturn und Jupiter), Ganimede (Ganymed). Nelle odi Alle Parche (An die Parzen) e Canto del destino di Iperione (Hyperions Schicksalslied) si delinea la coscienza della propria tragica grandezza. Culmine del simbolico rapporto con il mondo antico è l’ode L’arcipelago (Der Archipelagus, 1800). Altre poesie, come Pane e vino (Brot und Wein), sono rivolte alla nazione tedesca e hanno come centro ispiratore il rapporto storico fra Oriente e Occidente, sapienza pagana e verità cristiana. Attraverso le strofe pindariche di Come in un giorno di festa... (Wie wenn am Feiertage..., 1800) il destino di Dioniso e quello del poeta si identificano. Di qui la tematica degli inni successivi, dove la Festa, la Redenzione, la Resurrezione vengono ad accompagnare le figure simboliche di Napoleone (il «conciliatore»), di Cristo (nunzio del divino), dell’Aquila giovannea, del Poeta. Sono le grandi liriche scritte fra 1801 e 1802: L’unico (Der Einzige), Il Reno (Der Rhein), La migrazione (Die Wanderung), Patmos (le cui successive redazioni testimoniano la discesa nella demenza). Verranno poi altri testi, talvolta di altissima qualità poetica, come Ricordo (Andenken, 1803), ma sempre più indecifrabili e sconnessi, frammenti emersi da una mente ormai ottenebrata. La poesia tragica di H. si situa all’incrocio di esperienze contraddittorie: il «divino» come ineffabile religioso e la conoscenza dialettica; la Begeisterung (ispirazione entusiastica) e la coscienza del divenire. Attraversa queste odi l’aspirazione a una palingenesi che saldi età e luoghi remoti come membra di un solo corpo.
Fonte immagine: Illustrazione tratta da "Tutte le liriche. Testo tedesco a fronte" di Friedrich Hölderlin, Mondadori 2001