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Uno si può chiedere perché mai leggere ora un libro che parla dei trasformazione del lavoro prima che Covid-19 avesse rivoluzionato tutto. Beh, per esempio per vedere quanto ci ha azzeccato, no? In realtà mi sarei stupito se in questo testo ci fosse stato un capitolo dedicato alla formazione a distanza; non era quello che cercavo. Diciamo però che la genesi del libro, nato a partire da una serie di interviste per Il Sole-24 Ore, lo rende piuttosto ostico da seguire: un conto è leggere volta per volta cosa raccontano alcuni CEO e soprattutto CIO, altra cosa è trovarli tutti insieme. Molto opportunamente De Biase raccoglie alla fine le conclusioni su cosa si potrà avere: quindici pagine davvero utili nonostante il terremoto Covid e che consiglio a tutti di leggere con molta attenzione. Però il resto mi lascia un po' perplesso.
Recensioni
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(…) Chiedersi quale sarà il lavoro del futuro mi è sembrato simile a chiedersi “quale sarà il rinoceronte del futuro?” e quando provate a dare risposta a questa seconda strampalata domanda capite se siete in grado o meno di immaginarvi un rinoceronte diverso nei prossimi 20-30 anni.Ho scelto il rinoceronte ma avrei potuto scegliere un altro animale come il panda o anche una tecnologia come il motore diesel; in modo simile immaginate il “diesel del futuro”? – no, non pensate alle auto elettriche e ai loro motori elettrici, perché quelli non sono diesel, sono elettrici.
Se animali e motori non vi piacciono trovate voi l’esempio che preferite, l’importante è che, come avrete già intuito, si tratti di qualcosa in via di “estinzione” o messa in crisi da cambiamenti veloci e radicali.
Perché di questo si tratta anche quando si parla di LAVORO: cambiamento radicale. Il libro di De Biase lo esplicita fin dalle prime pagine citando la ricerca dei due studiosi dell’università di Oxford – Carl Benedict Frey e Michael A. Osborne – che nel 2013 hanno dichiarato che quasi il 50% dei lavori negli Stati Uniti scomparirà nel giro dei prossimi 20 anni; un dato che a molti può sembrare esagerato ma che è stato quantificato con misure diverse anche da altri enti di ricerca come McKinsey per cui entro il 2055 circa un miliardo di posti di lavoro cambierà radicalmente o scomparirà. (…)
Per generare una proposta occorre una visione ma lo sforzo immaginativo questa volta necessita di energie e sforzi decisamente più impegnativi e continui dei precedenti quando l’arrivo delle prime macchine automatiche ha cominciato a sollevarci da lavori manuali, ci ha dato una mano a essere più produttivi, a ritagliarci tempo e spazi per famiglia, hobby o nuovi lavori “creativi” in cui fare uso più della nostra testa e meno della nostra forza muscolare; i trattori e le macchine agricole nell’agricoltura, le lavatrici, le lavastoviglie, gli aspirapolvere e tutti gli elettrodomestici nella vita domestica sono esempi di come la tecnologia ci sia venuta incontro. (…)
Leggere questo libro vi racconterà dell’importanza nel lavoro del futuro di considerare il corretto mix di tradizione e innovazione, di qualità umanistiche e qualità tecniche, della necessità di adottare un’attitudine che consideri apprendimento e aggiornamento continui; un libro che aiuta ad innescare pensieri per immaginarselo questo “lavoro del futuro” che si tratti di quello svolto in autonomia e/o all’interno di una azienda, di quello full time e/o part time, di quello artigianale e/o digitale, perché la cosa più sensata da cui partire è condividere una “narrazione” del futuro, una “prospettiva” di leonardesca memoria che Luca De Biase ricorda alla fine del libro citata anche in uno studio di Goldin e Kutarna: si tratta di pensare, immaginare e creare la propria storia lavorativa dentro un mondo in continuo cambiamento.
Recensione di Alessio Cuccu
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