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Un bastardo molto intelligente. Questa è la lapidaria definizione che all’inizio del romanzo un collega della polizia dà dell’ispettore Morse. In effetti Morse ha un caratteraccio: è irascibile, opportunista, tirchio, ma allo stesso tempo dotato di un grandissimo intuito che gli permette di vedere ciò che gli altri ignorano. In questo episodio della saga, Morse è ormai cinquantenne, con qualche chilo di troppo e un inizio di stempiatura, eppure continua ad esercitare un certo fascino sulle donne, compresa la bellissima Anne Scott, attorno a cui ruota la trama del giallo e che lo stesso Morse conosce ad una festa all’inizio del libro. Come sempre nei romanzi di Dexter, il lettore è portato a percorrere piste che alla fine si rivelano sbagliate, con un intreccio di personaggi la cui vita è legata in qualche modo ad Anne Scott, e a scoprire l’inaspettata verità solo alla fine. Solita deliziosa descrizione dell’Inghilterra degli anni ’70 (come dice il titolo, ci troviamo a Jericho, quartiere di Oxford). Chi ha letto gli altri romanzi di Dexter, però, troverà che la chiave per risolvere il giallo è molto simile a qualcosa di già letto in un altro episodio della serie.
Trama un po' troppo ingarbugliata, le solite false piste, e un finale amaro.
E' il terzo libro di Colin Dexter che leggo e continuerò a leggerli perché non mi hanno mai deluso .L'ispettore Morse lavora sempre in coppia con il suo aiutante, il sergente Lewis, che tratta sovente in modo burbero ma con Lewis che non s'arrabbia quasi mai, formano una bella copia.
Recensioni
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Chi conosce l’ispettore Morse sa che a caratterizzarlo, oltre ad un intuito infallibile, è anche una cronica indolenza. Inevitabilmente suscettibile al fascino femminile e nonostante le occasioni presentategli negli anni, Morse non aveva mai avuto il coraggio di portare avanti una relazione col gentil sesso, per poi scoprirsi più volte a rimuginare malinconicamente sulle occasioni perdute.
Aveva conosciuto Anne Scott a una festa, era una donna molto bella e affascinante, e per un fortuito caso del destino lei era rimasta altrettanto colpita da lui. La serata sarebbe probabilmente continuata altrove se Morse non fosse stato costretto ad andarsene. Tuttavia, se avesse voluto rintracciarla, sapeva dove trovarla: Canal Reach 9 era l’indirizzo che la donna gli aveva repentinamente trascritto in un foglietto prima di lasciarlo andare. Alla luce del mattino però la prospettiva di una relazione con una donna sposata non lo aveva attratto tanto quanto la sera precedente, così, anche se di tanto in tanto si era sorpreso a pensare ad Anne Scott, aveva deciso di non dare seguito all’incontro. Fino a che sei mesi dopo, complice una conferenza ne pressi del quartiere di Jericho dove abitava Anne, aveva deciso di andare a trovarla. Aveva attraversato Canal Street per poi svoltare in Canal Reach e l’aveva percorso fino al numero 9. Aveva suonato due volte, e nonostante la luce al piano di sopra fosse accesa, nessuno era venuto ad aprire, ma Morse non si era dato per vinto, e nel momento in cui aveva avvertito dei rumori provenienti da sopra aveva provato a spingere la porta e si era accorto che in realtà era aperta: dall’ingresso si scorgeva un’ampia sala e, in fondo a sinistra, una lunga scala su cui erano appoggiati una giacca di pelle marrone e un ombrello ancora umidi. Strano che la porta fosse aperta in quel modo… Pochi secondi dopo, con l’uscio richiuso alle spalle sul marciapiede bagnato di pioggia, l’ispettore si era accorto che la luce prima accesa ora era spenta, e colmo di desiderio, si era fermato a pensare a quella donna che probabilmente non avrebbe mai più visto.
Erano passate solo poche ora dalla sua visita a Jericho quando Morse era stato avvertito di un incidente avvenuto proprio da quelle parti. Col sangue che gli ronzava nelle orecchie e presentendo l’ineluttabile l’ispettore si era precipitato sul posto, aveva ripercorso tutta Canal Reach e, bussando piano, era entrato al numero 9. Qui gli agenti di polizia e il capo l’ispettore Bell incaricato del caso gli avevano dato la terribile notizia: il corpo di Anne Scott era stato trovato appeso ad un cappio in cucina. Si trattava senza ombra di dubbio di un suicidio. Eppure, sebbene non avesse ragioni sufficienti per pensare il contrario, l’intuito suggeriva a Morse di non limitarsi alla realtà apparente. Chi aveva avvertito la polizia? Come mai l’ombrello da uomo che poche ore prima era in cima alla scale era sparito? Tutte le finestre delle case di fronte erano accese, tranne quella del numero 10. Perché? Inoltre, appoggiata alla facciata di quella casa, c’era una vecchia bicicletta da cui proveniva un forte odore di pesce, lo stesso che impregnava la cabina telefonica da cui era partita la telefonata anonima che aveva avvisato la polizia della morte di Anne Scott. Morse era sempre meno convinto che la sua amica fosse morta per asfissia da soffocamento, ma chi avrebbe potuto uccidere una donna tanto bella e indifesa? Soprattutto, perché? Le piste da seguire erano davvero tante, peraltro tutte valide, e la soluzione all’enigma appariva molto più complicata del previsto.
Anche stavolta Colin Dexter ci regala un giallo accattivante e particolarmente intenso, che vede il protagonista ispettore coinvolto nella vicenda per ragioni personali e, proprio per questo, costretto a lavorare in incognito. Il lavoro di poliziotto si intreccia così alla vita privata, le indagini per l’omicidio si alternano alle riflessioni esistenziali di Morse, nell’atmosfera languida e malinconica del nord di Oxford magistralmente resa dalla scrittura di Dexter.
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